Non ha tardato ad arrivare, nella giornata in cui è stata sottoposto a un fuoco di fila in merito alla sua gestione del post-Brexit e delle scelte intraprese dal suo Governo, la risposta della premier Theresa May alle staffilate arrivate sia da un campione laburista quali Tony Blair, sia da un collega di partito, quel Boris Johnson che si era dimesso tempo fa da Ministro degli Esteri e che nel fronte conservatore rappresentava non solo una delle principali voci dei “Brexiteer” ma adesso è uno degli sfidanti della stessa May nella leadership del partito. Attraverso un suo portavoce, la inquilina di Downing Street ha replicato dicendo che in questa fase “il Regno Unito ha bisogno di leader seri per la fase cruciale dei colloqui con Bruxelles ed è esattamente ciò che ha con questo suo primo ministro”. Non solo, la May aggiunge pure nel comunicato affidato al suo spokesman che quelle di Johnson rimangono sempre le stesse critiche senza mai proporre “una idea nuova” sulla questione. (agg. R. G. Flore)
BREXIT, DURO COLPO PER AGENZIA EUROPEA MEDICINALI
Mentre a livello politico fa ancora discutere la linea “ondivaga” della premier May, la Brexit continua a “mietere” disagi in merito a molteplici capitoli della vita sociale ed economica della Gran Bretagna: secondo quanto riporta l’Adnkronos il Regno Unito ha subito un duro colpo dall’Ema (Agenzia europea dei medicinali) che ha deciso di tagliare fuori Londra dai propri contratti sui farmaci. Una vera doccia gelata per le tante aziende farmaceutiche britanniche che già si sono viste “togliere” il quartier generale dell’Ema proprio per la vittoria dei Leaves nel referendum Brexit: Il presidente dell’Associazione dell’industria farmaceutica britannica, Mike Thompson, ha dichiarato al ‘The Guardian’ che «questa decisione equivale a guardare una storia di successo che viene demolita. Siamo stati tutti incredibilmente orgogliosi del ruolo della Mhra negli ultimi anni. Si era affermata come uno dei più autorevoli enti regolatori di tutta Europa». Agenzia di regolamentazione dei prodotti medici e sanitari (per l’appunto, Mhra) fino all’avvento della Brexit aveva un ruolo di primo piano nel monitorare i farmaci venduti in Europa: ora però il “cammino” si fa durissimo per il settore che paga le conseguenze del referendum pro-Leave. (agg. di Niccolò Magnani)
BLAIR: “PROGETTO MAY FALLIRÀ”
La Brexit è un “progetto destinato a fallire”: parola di Tony Blair, l’ex premier britannico da sempre molto critico sull’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea. Intervistato da Euronews, l’ex primo ministro del Partito Laburista ha analizzato le ultime mosse dell’attuale inquilina di Downing Street, quella Theresa May convinta della necessità di operare una “soft” Brexit ma di non indire un nuovo referendum:”Quello che lei pensa è che sta cercando di fare del suo meglio per il Paese. Anche se non si tratta di una buona idea, ormai è una cosa che va fatta, quindi ha pensato ad una versione più leggera della Brexit. Lo ha fatto pensando di dire alle persone che hanno votato a favore dell’uscita dall’Europa che è stato fatto di tutto per proteggere l’economia del Paese. In teoria è una cosa sensata, ma in pratica il problema è che questa proposta non soddisferà né le persone che vogliono veramente la Brexit né quelle che pensano che sia una cattiva idea”. Secondo Tony Blair, quindi, “sembra un compromesso intelligente, ma in realtà è un compromesso destinato a fallire. Per questo non penso che passerà alla Camera dei Comuni. Credo piuttosto che alla fine voterà il Parlamento”. (agg. di Dario D’Angelo)
BORIS JOHNSON, “MAY SI E’ ARRESA ALL’UE”
Per molti in Uk sarà lui il prossimo candidato dei Tory alle Elezioni Politiche dal futuro ancora tutto incerto (dipende dalla tenuta o meno della May, in perdurante crisi istituzionale da mesi ormai, ndr): Boris Johnson ancora oggi torna ad attaccare la sua ex Premier (ricordiamo che il Ministro degli Esteri si è dimesso proprio in seguito al “sogno che sta morendo della Brexit”, come disse nel giorno delle dimissioni nel luglio scorso) dopo le dichiarazioni della leader dei Conservatori inglesi. «La Gran Bretagna è destinata a rimanere con un pugno di mosche in mano di fronte a Bruxelles», scrive l’ex Ministro bizzarro dalle colonne del Daily Telegraph. Non solo, «Londra si presenta alla battaglia finale del negoziato sventolando bandiera bianca in Ue», attacca ancora Boris Johnson che poi analizza nel dettaglio il vero punto debole dell’intera gestione May del post-Brexit: «lo scandalo non è aver fallito sui temi chiave come i futuri confini tra Irlanda e Irlanda del Nord, ma nel non aver neppure provato a far valere le ragioni britanniche». Per questo motivo, sentenzia l’ex Ministro degli Esteri, «L’Ue ha già vinto tutte le partite più importanti». (agg. di Niccolò Magnani)
LE RAGIONI DEI PRO-REMAIN
No a compromessi che non siano nel bene del Paese: questo il succo dell’intervento della premier britannica Theresa May pubblicato sul Sunday Telegraph in riferimento alle trattative con l’Ue per la Brexit e al piano concordato dal gabinetto di Londra il 6 luglio scorso a Chequers per un addio soft del Regno Unito dall’Unione Europea. May ha chiarito:”Non sarò spinta ad accettare compromessi sulle proposte di Chequers che non siano nel nostro interesse nazionale”, ma la frase che ha deluso tutti gli europeisti convinti del Paese e del continente è quella secondo cui non ci sarà un secondo referendum, considerato dalla May un “grave tradimento della democrazia”. Un’ipotesi, questa, sostenuta da più parti in Gran Bretagna: chi sostiene la necessità di un secondo referendum sostiene che sia giusto, dopo le contrattazioni con l’UE, chiedere ai cittadini britannici se a quelle condizioni sono ancora disposti ad uscire dall’Unione o preferiscono ripensarci. Un ragionamento che non sembra convincere la premier May. (agg. di Dario D’Angelo)
BARNIER, “FINE NEGOZIATO ENTRO META’ NOVEMBRE”
Il capo negoziatore Ue per la Brexit, Michel Barnier, ha confermato l’ipotesi di una possibile breve estensione della trattativa con il Regno Unito che ufficialmente dovrebbe chiudersi entro il vertice Ue del 18 ottobre. «Dobbiamo chiudere i negoziati da qui a metà novembre», ha dichiarato in un’intervista alla Faz, spiegando che bisogna tener conto dei tempi necessari per la ratifica dell’accordo da parte dei parlamenti britannici ed europei. «Ciò di cui abbiamo bisogno non è il tempo ma decisioni politiche», ha proseguito Barnier che venerdì scorso aveva ventilato l’ipotesi di uno slittamento a novembre dell’accordo. Intanto May ha ribadito di non voler accettare compromessi sul piano, a meno che non siano nell’interesse nazionale. E quindi esclude categoricamente un secondo referendum. «Sono stati fatti veri progressi» nei negoziati, assicura la premier britannica. (agg. di Silvana Palazzo)
“NON TRADISCO LA NOSTRA DEMOCRAZIA”
Theresa May dice no ad un secondo referendum sulla Brexit e difende il suo piano di accordo con l’Ue dopo gli attacchi del partito conservatore che l’accusa di eccessive concessioni a Bruxelles. «Sarebbe un tradimento della nostra democrazia», afferma il premier britannico, garantendo che non intende fare «compromessi che minacciano l’interesse nazionale del Regno Unito». Dopo le ferie estive, trascorse al lago di Garda, e una visita in tre Paesi africani, la leader dei Tories riprende l’attività politica in un momento decisivo per la Brexit e il suo futuro politico. May deve chiudere la trattativa con l’Ue o ammettere il fallimento, che comporterebbe un “no deal”. Il tempo stringe, per questo l’obiettivo è arrivare ad un accordo entro il summit europeo di ottobre o al massimo rinviarlo a novembre. Non c’è invece margine per un secondo referendum: lo ha precisato la premier in un articolo sul Sunday Telegraph.
“NO A NUOVO REFERENDUM”
Le pressioni su Theresa May comunque aumentano. Oggi Simon Robertson, ex presidente della Rolls-Royce e influente finanziatore dei Tories, si è schierato anche lui per un secondo referendum sulla Brexit. La leader conservatrice è poi attesa al varco dal congresso annuale del partito, con il rivale interno Boris Johnson intenzionato a prepararle delle trappole per defenestrarla e prenderne il posto. Secondo quanto riportato dal Sunday Times, l’ex consulente elettorale della May, sir Lynton Crosby, è tornato a lavorare con Johnson per organizzare un voto di sfiducia contro il primo ministro. All’orizzonte c’è un autunno caldo per Theresa May. Non va meglio nel Labour, dove sta crescendo la fronda contro Jeremy Corbyn, accusato di antisemitismo anche dai membri del partito. Circolano voci di dimissioni di deputati e di raccolta firme per un voto di sfiducia: sarebbe il terzo nei suoi confronti da quando tre anni fa è diventato leader del partito. Un doppio “golpe”, titola il Times: nel mirino il primo ministro e il capo dell’opposizione.