La Chiesa cattolica e la Cina si accingono a scrivere una pagina nuova. Ieri, alle ore 12, in un comunicato di dieci righe la sala stampa della Santa Sede ha annunciato la firma, avvenuta a Pechino, di “un Accordo Provvisorio sulla nomina dei Vescovi”. “E’ auspicio condiviso — conclude il comunicato — che tale intesa favorisca un fecondo e lungimirante percorso di dialogo istituzionale e contribuisca positivamente alla vita della Chiesa cattolica in Cina, al bene del Popolo cinese e alla pace nel mondo”. L’accordo, firmato ma non pubblicato per renderne più flessibile e prudente l’applicazione iniziale, mette per la prima volta tutti i vescovi cinesi in comunione con il Vescovo di Roma, ha dichiarato il segretario di Stato Pietro Parolin. Ma c’è un’altra “prima volta”, sottolinea Francesco Sisci, osservatore privilegiato della trattativa. “E’ l’ammissione di un principio di divisione tra politica e religione. E’ la prima volta che ciò avviene in Cina”.



L’accordo è stato firmato. Qual è la cosa più rilevante che le preme sottolineare?

Ci sono forse due elementi. Uno è l’ammissione di un principio di divisione tra politica e religione. E’ la prima volta che ciò avviene in Cina. Ma non c’è solo questo. Nel bene o nel male la Chiesa cattolica rappresenta anche la continuità di una storia millenaria dell’occidente, mentre il partito comunista cinese è la continuità di tremila anni di storia della Cina. Con questo accordo per la prima volta le storie di queste due civiltà si incontrano in maniera culturale, da pari, senza la forza delle armi o la piccola mediazione dello scambio commerciale.



“L’obiettivo di questo accordo non è politico ma pastorale” ha detto Greg Burke, direttore della sala stampa della Santa Sede. La pensa così anche il governo cinese?

Lo spirito di questo accordo è stato proprio di separare politica e religione. Un accordo politico con la Cina — in Cina — sarebbe stato infatti impossibile. Il partito comunista cinese ha ammesso di non avere autorità religiosa, e la Santa Sede ha detto di non avere autorità politica. L’accordo comincia a coprire le zone grigie in maniera rispettosa delle competenze di ciascuno.

Sappiamo che l’accordo è stato firmato a Pechino “tra mons. Antoine Camilleri, sotto-segretario per i Rapporti della Santa Sede con gli Stati, e S.E. il Sig. Wang Chao, viceministro degli affari esteri della Repubblica popolare cinese”. Può dirci qualcosa di più sulla firma?



Entrambe le parti temevano che un accordo firmato in pompa magna sarebbe stato oggetto di mille controversie. Sia la Cina che il Vaticano oggi sono attaccati da gran parte della stampa internazionale. La Cina per il suo sistema politico, la Chiesa per il suo passato di copertura delle molestie sessuali. Gli attacchi alle due parti potrebbero anche essere giusti, ma non hanno nulla a che fare con l’accordo epocale in questione. Ed è giusto non prestarvi il fianco.

L’accordo è per definizione “provvisorio”. Che cosa significa?

Le questioni cinesi sono complesse e quindi saranno soggette a revisioni migliorative in futuro. E’ per non rischiare di rimanere incastrati in una gabbia.

“Per la prima volta dopo tanti decenni, oggi tutti i Vescovi in Cina sono in comunione con il Vescovo di Roma” ha detto il segretario di Stato Pietro Parolin. Cosa vuol dire questo per la Cina?

E’ un momento che la Chiesa cinese aspettava da molto tempo. La grandissima parte dei fedeli, dei sacerdoti, dei vescovi sognava da molti anni di tornare pienamente a sentirsi cinesi e cattolici, insieme. Non sarà la fine dei problemi. Vecchie ruggini e rancori sono stati lasciati correre per troppo tempo. Ma finalmente nella Chiesa le divisioni sono finite.

In che modo il governo cinese proporrà i nomi alla Santa Sede? Questa non rischia di avere un ruolo di semplice ratifica, legittimando di fatto il controllo del governo sull’intera Chiesa cattolica in Cina?

Io spero e penso, per una lunga esperienza di lavoro con i cinesi, che se si lavora bene, con fiducia nelle autorità locali e centrali, non ci sarà alcuna contrapposizione manichea “noi-loro”, non si tratterà nemmeno di imporre veti formali o di litigare. E’ possibile pensare che Pechino si fiderà sempre di più del giudizio di Roma per la scelta dei vescovi.

Quali sono o saranno, a suo modo di vedere, gli errori da evitare e la prudenza da usare, da una parte e dall’altra?

Inizia una vita insieme dopo una separazione di millenni. Può succedere di tutto. Quello che però mi pare di capire è che i cinesi si fidano della buona fede dei rappresentanti del Vaticano. Questa fiducia reciproca va alimentata e fatta crescere, perché sarà la base per superare i mille problemi che nasceranno.

(Federico Ferraù)