Un’ex dipendente di Facebook che moderava contenuti, ha deciso di fare causa al gigante di Mark Zuckerberg, perché, a suo avviso, coloro che svolgono questo incarico per il noto social network, non ricevono un supporto psicologico adeguato. Facebook funziona così: una gran parte dei contenuti viene filtrata in maniera automatica da filtri e algoritmi vari, mentre un’altra parte, viene eliminata manualmente dai dipendenti di cui sopra. Non vengono pubblicati tutte quelle immagini, quei video e quelle frasi che incitano all’odio e alla violenza, ma anche materiale pedopornografico e nudi in generale. Una mole di lavoro immane, visto che nei soli primi tre mesi del 2018, ben 21 milioni di contenuti riguardanti nudo o pornografici, sono stati “intercettati” e cancellati. 



PRONTA LA CLASS ACTION

Selena Scola, ex dipendente di Fb, sostiene che Facebook «non fornisce sufficiente e adeguata assistenza psicologica – si legge sul quotidiano La Repubblica – a chi trascorre ore “valutando” contenuti violenti, mutilazioni, omicidi, suicidi, stupri, abusi di ogni genere». Il legale, Korey Nelson, vorrebbe trasformare la causa individuale in una classe action contro la creatura di Zuckerberg, ed ha spiegato che Fb «sta ignorando il suo dovere di fornire un posto di lavoro sicuro, costruendo un sistema di porte girevoli di contractor che vengono irreparabilmente traumatizzati da ciò sono costretti a fare sul lavoro». In realtà Facebook ha più volte sottolineato che coloro che svolgono questa mansione per il social, hanno supporto mentale sia individuale che di gruppo, con l’aggiunta di un’assistenza sanitaria completa.

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