Secondo l’Onu, la svolta in India giunta ieri è un deciso cambiamento culturale: «La violenza, lo stigma e le discriminazioni basate sull’orientamento sessuale sono una delle forme più gravi di violazione dei diritti umani». Certo, come spiega un avvocato che hanno affiancato le associazioni Lgbt in India per la battaglia contro il reato di omosessualità, «Vinta la battaglia legale, molti passi ancora saranno da fare sul piano culturale e dell’accettazione sociale. La sentenza dovrà essere diffusa in ogni angolo del paese, soprattutto nelle aree più arretrate culturalmente». Diverse le reazioni delle varie comunità religiose presenti nel Paese: d’accordo con i giudici supremi anche la RSS, la formazione estremista indù, mentre All India Muslim Personal Law Board è rimasto in neutrale seppur qualche anno fa aveva contestato la richiesta di depenalizzazione dell’omosessualità; critiche invece da altre associazioni induiste e cristiane. 



LA VITTORIA DEL PRINCIPE MANVEDRA

L’omosessualità non è più un reato in India, e questa è anche la vittoria del principe Manvendra Singh Gohil, il primo nobile indiano ad aver ammesso pubblicamente la propria omosessualità. Un coming out che è costato al principe la legittima eredità che gli spettava del regno di Rajpipla e la decisione da parte dei genitori di ripudiarlo. Questo perché, per un retaggio che apparteneva ancora alle leggi dell’epoca vittoriana, l’omosessualità veniva ancora considerata contro natura. E Manvendra aveva tuonato: “Accettare l’omosessualità in India è questione di vita o di morte,” alla luce delle pesanti discriminazioni che i gay erano costretti a subire nel Paese. Celare la propria identità sessuale, secondo il principe, era stata una delle cause principali del propagarsi dell’Aids in India: “L’80 per cento degli uomini indiani ha avuto almeno un rapporto omosessuale nella vita, fenomeno ancora più frequente tra i milioni di lavoratori migranti che si trovano soli e lontani da casa. Con gli altri maschi il sesso è rapido, gratuito e non c’è rischio di gravidanza. Ma quando tornano dalle mogli, se hanno l’Aids, propagano l’epidemia.” (agg. di Fabio Belli)



17 ANNI DI BATTAGLIE LEGALI

Si è conclusa in India una lunghissima battaglia legale per abrogare la legge che considerava l’omosessualità un reato. Da qualche ora a questa parte, infatti, essere gay in quella zona del mondo non provoca più alcuna condanna. Una lotta, che come ricorda Quotidiano.net, è iniziata nel 2001, esattamente 17 anni fa, ma dopo continui rimpalli di responsabilità fra governo e magistratura, evidentemente non interessati ad agire, si arrivò al 2009, quando la Corte suprema abrogò la norma in questione. Peccato però che la frangia più religiosa e conservatrice dell’India, diede vita a delle accese proteste, e di conseguenza la norma anti-gay (risalente all’epoca vittoriana), rimase in vigore. Passarono gli anni e si arrivò al 2013, con un nuovo verdetto sempre dello stesso tribunale: nulla cambiò. Importante in quell’occasione fu anche l’intervento del cardinale Oswald Gracias, arcivescovo di Mumbai, che bocciò la decisione della Corte: «La Chiesa cattolica – disse all’epoca – non è mai stata contraria alla decriminalizzazione dell’omosessualità, perché non abbiamo mai considerato i gay dei criminali. Ci opponiamo alla legalizzazione deimatrimoni gay, ma insegnamo che gli omosessuali hanno la stessa dignità di ogni essere umano e condanniamo ogni forma di ingiusta discriminazione, persecuzione o abuso». Il resto, è storia di queste ore… (aggiornamento di Davide Giancristofaro)



ABOLITA LEGGE VITTORIANA

La sentenza della Corte Suprema indiana, che ha cancellato di fatto una norma del codice penale che condannava di fatto l’omosessualità, segna una tappa storica nella legislazione del Paese del sud-est asiatico e una vittoria per tutti coloro che negli ultimi anni si erano battuti a favore dei diritti dei gay e di una cancellazione di una discriminazione oramai divenuta anti-storica. Ed è proprio la storia a entrare in ballo con questa vicenda dato che la legge che è stata abrogata, e che comminava addirittura dieci anni di carcere a coloro che avevano delle relazioni omosessuali, era stata introdotta addirittura nella fase finale del periodo coloniale in India, in età vittoriana, e praticamente da allora ad oggi era stata intoccabile. Tuttavia, anche in un Paese ancora così conservatore e legato a certe tradizioni, oramai la società ha cominciato da alcuni anni a cambiare e il fatto che oramai ci celebri anche qui un Gay Pride ogni anno testimonia di come l’intervento della Corte Suprema sia stato accolto, seppur con ritardo, con soddisfazione non solo dalle associazioni LGBT locali ma anche quelle internazionali. (agg. R. G. Flore)

UE, “IMPEGNI PER UGUAGLIANZA E DIRITTI”

Dopo la svolta giuridica e sociale arrivata in India sul campo dei diritti LGBT, interviene anche l’Unione Europea che da tempo invita tanto l’India quanto gli altri Paesi – in cui ancora non vige una vera e propria depenalizzazione del “reato di omosessualità” – ad invertire quanto prima la rotta. «Prendiamo atto della decisione della Corte Suprema dell’India che oggi ha depenalizzato l’omosessualità»; non solo, secondo il portavoce dell’Unione Europea, Bruxelles «è fortemente impegnata per l’uguaglianza e la dignità di tutti gli esseri umani indipendentemente dal loro orientamento sessuale e identità di genere». Da ultimo, l’Europa ribadisce quanto sancito dai trattati Ue, ovvero che decisioni del genere sono già inserite nella «Convenzione europea sui diritti umani e nel diritto internazionale». 

NEL 2013 LA SENTENZA ERA STATA ANNULLATA

Essere gay in India non è più considerato un reato “contro l’ordine della natura”. Lo ha stabilito con una sentenza storica la Corte Suprema, cancellando l’articolo del codice penale che definiva in questi termini l’omosessualità. Questo pronunciamento arriva dopo anni di battaglie per la tutela dei diritti Lgbt: basti pensare che nel 2009 un’analoga decisione della Alta Corte di Delhi era stata cancellata dalla stessa Corte Suprema nel 2013. Come riportato da Il Fatto Quotidiano, in quell’occasione l’Alta Corte di Delhi aveva sentenziato la violazione, da parte dell’articolo 377, dei diritti fondamentali di un cittadino omosessuale. La Corte Suprema, però, nel 2013 aveva annullato la sentenza, nonostante avesse efficacia solamente all’interno della regione di Delhi, accogliendo una petizione lanciata da una coalizione di gruppi cristiani, indù e musulmani. Ora la svolta, anche grazie al governo conservatore sui temi sociali di Narendra Modi, che ha deciso di non prendere una posizione sul tema, lasciando libera scelta ai giudici. (agg. di Dario D’Angelo)

INDIA, ESSERE GAY NON E’ PIU’ REATO

In India, da oggi, essere gay non è più un reato: la Corte Suprema ha infatti cancellato il reato di omosessualità nel secondo Paese più popoloso al mondo, una decisione di fatto attesa da moltissimi decenni dalla comunità LGBT indiana, e non solo. La legge che rendeva reato l’essere gay e il praticare rapporti omosessuali risaliva al 1869 addirittura ed era stata mutuata dai colonizzatori britannici: nei fatti prevedeva, come riporta l’Agi, «pagamento di una multa e la reclusione fino all’ergastolo per “chiunque abbia volontariamente rapporti carnali contro l’ordine della natura”». La discussione e la decisione finale della Corte arriva dopo diverse richieste da varie associazioni e infine anche con la “moral suasion” del premier Modi, non tanto attivamente ma nel non volersi pronunciare in merito; il presidente della Corte suprema, Dipak Misra, annunciando il verdetto ha spiegato pubblicamente: «La legge era diventata un’arma per la persecuzione della comunità Lgbt». 

IL PERCORSO GIUDIZIARIO

Contestazioni, repressioni e discriminazioni: con questa decisione il Paese da 1,25 miliardi di persone dice finalmente addio ad una regola arcaica che ancora oggi fruttava diversi casi “spiacevoli” contro le persone che semplicemente dimostravano e affermavano un diverso orientamento sessuale (molto più nel passato che non nel presente, va detto, ma i problemi restavano ugualmente). Come spiega oggi La Stampa, 5 giudici della Corte suprema a luglio «avevano ascoltato varie persone omosessuali, tra cui varie celebrità, che denunciavano come l’articolo fosse contrario alla Costituzione». A quel punto il Governo nazionalista, molto vicino alle tesi religiose induiste, ha deciso di non prendere posizione che è valso però con una paletta verde alla Corte Suprema. Secondo l’Associazione internazionale delle persone lesbiche, gay, bisessuali, transessuali e intersessuali (Ilga), l’India diventa così da oggi il 124esimo Paese al mondo dove «i rapporti gay non sono o non sono più considerati reati penali».