La situazione in Libia, in vista delle prossime elezioni, è in divenire ogni momento, tutto potrebbe cambiare e in che modo nessuno può dirlo. Quello che si sa è che il generale Khalifa Haftar, uomo forte della Cirenaica, ha già messo le mani avanti in vista del voto, minacciando l’intervento militare se le elezioni non si svolgeranno in modo “trasparente”. Per il generale Marco Bertolini, già capo di stato maggiore del Comando Isaf in Afghanistan, alla guida di altre operazioni speciali dal Libano alla Somalia e alla Bosnia, “Haftar punta a vincere le elezioni, che sia con il voto o con la forza”. Allo stesso tempo il nostro ministro degli esteri Moavero ha detto per la prima volta che le elezioni, volute dalla Francia in un quadro di totale instabilità, devono svolgersi: “E’ una dichiarazione di evidente real politik” commenta Bertolini “senza Haftar e la Francia oggi non si può affrontare la questione libica”.
Haftar si dice favorevole alle elezioni libiche, ma anche pronto, se non saranno trasparenti, a “un’azione militare che le farà abortire”. C’è una accelerazione nel quadro libico inquietante, qual è la sua opinione?
Quella del generale Haftar, fra le tante che si muovono nello scenario libico, è sicuramente la forza militare più organizzata tanto da permettergli di fare la voce grossa. La Francia poi, che è vicina ad Haftar, sta spingendo da tempo per queste elezioni.
Il generale libico mette le mani avanti?
Non sappiamo neppure chi controllerà queste elezioni, e Haftar già minaccia il fatto che potrebbero non essere trasparenti. Punta a vincere le elezioni, se non le vince con il voto si tiene le mani libere per intervenire diversamente.
Per la prima volta il nostro ministro degli Esteri ha dichiarato che le elezioni si devono tenere: è un passo indietro dell’Italia?
Si direbbe che l’Italia stia facendo dei passi verso Haftar. C’è in gioco una conferenza internazionale da tenersi in Italia sulla questione libica, che da settembre sembra venga spostata a novembre, mentre sulle elezioni non avevamo mai dato un giudizio. Credo che quella di Moavero sia una mossa ispirata alla realpolitik, perché su queste elezioni non si può più far finta di niente. Anche perché il coltello dalla parte del manico lo hanno Haftar e la Francia.
Qual è la forza di Haftar?
Diciamo che queste dichiarazioni minacciose per adesso sono solo propagandistiche: fa vedere i cannoni, ma è una logica ancora elettorale. Anche perché se è vero che ha la forza militare migliore, è tutto da vedere se è in grado di controllare un paese come la Libia, fosse anche solo la Cirenaica e la Tripolitania.
E l’Eni? Resta sola in Libia?
Se ci fosse un’escalation per l’Italia sarebbe un grosso problema. Abbiamo interessi rilevanti in Libia, come l’Eni appunto, ma anche la vicinanza geografica non si può dimenticare. La speranza è che da quello che succederà non venga del male per l’Italia.
Non pensa sia il caso che il nostro paese tiri finalmente fuori una politica estera precisa e decisa?
Sono d’accordo, infatti da parte nostra c’è un problema di tipo concettuale.
Quale?
Nel precedente governo il più attivo era Minniti, ministro degli Interni. Adesso è Salvini, anche lui ministro degli Interni. Continuiamo a considerare la politica estera un riflesso di quella interna.
Ci spieghi meglio.
Non abbiamo ancora maturato la consapevolezza che confrontarsi in ambito internazionale non è questione di ordine pubblico interno, non sono le misure di polizia che ci vogliono, ci vuole un’azione diplomatica forte, convincente. Finora abbiamo dato un ospedale da campo a Misurata e abbiamo dato addestramento militare. La Francia non fa questo, la Francia interviene pesantemente da un punto di vista finanziario e anche operativo. Questo è il nostro gap dimostrato dai personaggi protagonisti, i vari ministri degli Interni.
Che tipo di azione ci vorrebbe?
La politica estera vuol dire essere realisti, vuol dire fare compromessi, vuol dire guardare cosa succede e la realtà libica va avanti a cannonate, questa è la realtà da affrontare.