Si scava ancora, senza sostanza, da ormai 24 ore nella provincia di Malaga: la regine Letizia ha telefonato questo pomeriggio al sindaco per mostrare la propria vicinanza ai genitori di Yulen, specie dopo la protesta del papà che accusava le autorità di non fare abbastanza per salvare quel piccolo di 2 anni caduto nel pozzo ormai da tante, forse troppe ore. Si scava il tunnel parallelo per provare a salvarlo, anche se di segnali delle sue condizioni non se ne hanno da molto ore consecutive: il responsabile del terreno ha dichiarato alla Guardia Civil di aver «tappato il pozzo un mese fa con una pietra che secondo lui sarebbe stata rimossa: altrimenti non si spiega come il piccolo possa essere precipitato», riporta il Messaggero. Intanto emerge un dato ulteriormente inquietante, riportato da El Pais: stando alla Giunta dell’Andalucìa, il pozzo sarebbe stato costruito senza gli adeguati permessi. Per realizzare quel tipo di pozzi artesiani, servono dei test e una specifica autorizzazione di cui – al momento – non ci sarebbe traccia negli uffici competenti. Si scava ancora, ma le speranze purtroppo diminuiscono sempre più.
PAPÀ DI YULEN, “NON FANNO NULLA PER SALVARLO”
Il papà di Yulen è disperato e ogni ora che passa rischia di vedersi davanti agli occhi quello che nessun genitore mai vorrebbe mai realizzarsi nella sua vita: «Molti tweet di appoggio, molti voti, ma nessun mezzo. Lei sa cosa significa un’attesa di 30 ore aspettando che tirino fuori tuo figlio?», attacca il papà Josè Roco ai microfoni di Telecinco questa mattina. «Lei può credere che stamattina alle 11,00 si è saputo che sarebbe venuto un camion da Cadice per rimuovere la terra e che e hanno aspettato che arrivasse per spianare la strada?», rincara la dose quello stesso padre che solo due anni fa – come riporta il Messaggero – già aveva perso il primogenito di 3 anni per un improvviso e assurdo infarto mentre giocava sulla spiaggia. «Non dite che sta arrivando il sindaco, raccontate quello che si sta facendo qui, una mer.. di nulla, che il bambino da 30 ore è intrappolato in un pozzo. Che stiamo morendo!», conclude urlando il papà di Yulen. Il tempo passa e le speranze, purtroppo, si restringono..
“NON LO SENTIAMO PIÙ”
Continua ad essere intrappolato in un pozzo profondo 110 metri il piccolo Yulen, un bambino spagnolo di soli 2 anni, caduto nel tunnel due giorni fa. Le forze dell’ordine, circa un centinaio di persone fra vari corpi di polizia spagnola, stanno facendo di tutto per provare ad estrarre la piccola vittima, e a fare in modo che quel cunicolo stretto e buio non diventi la sua tomba, ma la corsa contro il tempo si fa ogni minuto che passa sempre più difficoltosa. Gli uomini impegnati non si stanno comunque perdendo d’anima, come fa chiaramente capire un poliziotto iberico interpellato dai microfoni del Corriere della Sera: «Siamo più di cento a lavorare e non ci fermeremo. Non importa se non lo sentiamo più da domenica». Un robot è stato mandato a ispezionare il tunnel, ma si è fermato a 78 metri di profondità a causa di una frana, mentre la circonferenza ridotta dello stesso pozzo non permette ai soccorritori di calarsi per recuperare il piccolo: «Non saranno risparmiati mezzi nell’operazione di salvataggio – le parole del viceprefetto di Malaga, Maria Gamez – con l’aiuto dei tecnici valutiamo tutte le alternative per salvare il bambino e rimuovere il tappo di terreno del pozzo, provocato a un’ottantina di metri probabilmente da una frana». Ma le speranze di trovare il piccolo Yulen ancora in vita, diminuiscono sempre più. (aggiornamento di Davide Giancristofaro)
BIMBO DI DUE ANNI CADUTO NEL POZZO: SPAGNA COL FIATO SOSPESO
La Spagna resta col fiato sospeso per il bimbo caduto nel pozzo, il piccolo Yulen, caduto domenica scorsa nella fossa di prospezione per l’acqua mentre giocava nei campi a Totalán, vicino Malaga. Un pozzo di 110 metri dal quale ora si sta cercando disperatamente di salvarlo, anche per risparmiare alla famiglia un altro terribile dolore. I genitori del piccolo Yulen, Victoria, impiegata in un centro commerciale, e José, ambulante attualmente disoccupato, hanno infatti già dovuto fare i conti con la morte improvvisa di quello che era il fratellino maggiore di Yulen, Oliver, colpito due anni fa da un infarto a soli tre anni di età per un’anomalia cardiaca congenita mentre giocava sulla spiaggia di El Palo, il quartiere popolare di Malaga dove la famiglia risiede. Perdere anche Yulen sarebbe un colpo devastante per una coppia che, secondo amici e testimoni, non si è mai ripresa dalla morte del primo figlio. (agg. di Fabio Belli)
TRE TECNICHE DIFFERENTI PER I SOCCORRITORI
Purtroppo non ci sono novità significative nella corsa contro il tempo per salvare la vita del piccolo bimbo caduto nel pozzo: più di 100 soccorritori tra Guardia Civil, Vigile del Fuoco, Protezione Civile, Intervento di Montagna e anche sub visto che non si può sapere al momento se vi sia dell’acqua a fondo del pozzo lungo oltre 110 metri. «Saranno impiegate tre tecniche differenti», ha spiegato il portavoce della guardia civile, Bernardo Moltó. In primo luogo, si proverà ad estrarre con una potete pompa aspirante tutto il materiale franato a 80 metri di profondità: in seguito, si scaverà un pozzo parallelo per provare a raggiungere il piccolo Yulen. In terzo e ultimo luogo, spiega la Guardia Civil spagnola, «la cavità di 25 centimetri di diametro sarà intubata per rafforzarne le pareti e impedire nuovi cedimenti di terreno, che potrebbero seppellire Yulen». Il tempo scorre, come l’ansia, per una vicenda sempre più sinistramente “simile” alla tragedia di Alfredino Rampi ben 38 anni fa.
BIMBO CADUTO IN UN POZZO DI OLTRE 110 METRI
L’intera Spagna vive ore di angoscia per la sorte di Yulen, piccolo bimbo di due anni e mezzo caduto in un pozzo di oltre 110 metri nella Sierra di Totalan, vicino a Malaga: una vicenda che per molti tratti ricorda quella tragica del piccolo Alfredino Rampi a Vermicino, nel lontano 1981. Per l’intera notte passata oltre 100 persone fra vigili del fuoco, protezione civile, guardia civile, hanno cercato di contattare il bimbo, mandando anche un robot con le telecamere fino a 80 metri di profondità (oltre non era possibile per via di una piccola frana sotterranea). È stato per ora trovato solo un sacchetto di caramelle che il piccolo Yulen aveva con sé nel momento della caduta: la dinamica raccontata dalla Protezione Civile vedeva la famiglia impegnata nella preparazione della cena con alcuni parenti ai pressi di Malaga mentre il piccolo giocava con un altro bambino nel vicino campo. Ad un certo punto la tragedia, con Yulen precipitato nel pozzo di prospezione dell’acqua, profondo 110 metri e senza colpevolmente recinzioni: «Con l’aiuto dei tecnici valutiamo tutte le alternative per salvare il bambino e rimuovere il tappo di terreno del pozzo, provocato a un’ottantina di metri probabilmente da una frana», spiega il viceprefetto di Malaga, come riporta Repubblica. Il vero problema è che se all’inizio si sentivano le grida del piccolo, ora da diverse ore non si hanno segnali particolari da parte del bimbo precipitato nel vasto pozzo sotterraneo.
IN SPAGNA CASO SIMILE AD ALFREDINO RAMPI
(alle porte di Roma): divenne in poco tempo uno dei fatti di cronaca che più segnò l’opinione pubblica del tempo – conosciuto come “l’incidente di Vermicino” – con tutta Italia che si appassionò e tifò per Alfredino e per la sua salvezza. Purtroppo alla fine la diretta tv delle ultime 18 ore non arrivò al lieto fine: erano 60 metri, molto meno dei 110 del caso in Spagna, ma la totale mancanza di organizzazione e coordinamento nei soccorsi, insieme alla strumentazione carente di quell’epoca, portarono alla tragedia. Proprio il caso di Alfredino, tra l’altro, portò lo stato italiano all’idea assai fruttuosa e intelligente della nascita della Protezione Civile che evitò nuove tragedie e tutt’oggi gestisce ogni possibile emergenza (terremoti, incendi, calamità, incidenti) assieme alle forze dell’ordine. In Spagna stanno vivendo il “loro” Alfredino Rampi con la netta speranza che le sorti di Yulen possano essere decisamente diverse da quelle del suo lontano “precedente”.
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— maria ibañez (@maria_ibanez) 14 gennaio 2019