Secondo un ex consulente di Theresa May, Tom Swarbrick, con la sconfitta sempre più imminente del voto in Parlamento sulla Brexit, la Premier inglese potrebbe dover tornare in Europa a Bruxelles per rinegoziare di nuovo l’accordo di divorzio. «Anche se è quasi impossibile dire con precisione cosa accadrà non posso fare a meno di pensare che il primo ministro tornerà a Bruxelles per cercare di ottenere delle concessioni dall’Unione europea e tornare poi in Parlamento con un nuovo accordo. Credo che sia l’unica opzione», ha detto a Euronews l’ex consulente Swarbrick. Dal Regno Unito invece, gli anti-Brexit sono convinti che la bocciatura in Parlamento questa sera potrebbe aprire la strada verso un secondo referendum: ne è convinto Simon Thompson, attivista intervistato sempre da Euronews, «Mi sembra che ci sia un crescente sostegno ad un secondo referendum, sia tra i parlamentari che nell’opnione pubblica, ma anche tra gli uomini d’affari. Dopo tutto questo accordo non rispecchia ciò che era stato promesso ai cittadini due anni e mezzo fa».
MANIFESTANTI FUORI DA WESTMINSTER
Oggi è previsto il voto per la Brexit in Parlamento, clima di alta tensione nel Regno Unito. Come riporta la stampa locale, fuori da Westminster i sono radunati i manifestanti contrari all’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea: per il momento non sono stati registrati scontri o episodi particolari, ma l’attesa è veramente tanta. Londra ma anche le Borse attendono il voto della Camera dei Comuni sull’accordo negoziato da Theresa May, previsto per le ore 20.00 italiane: come riporta Repubblica, si è esaurita alle 13.45 la spinta delle Borse europee in una giornata che guarda soprattutto al voto del Parlamento britannico. Milano ha rallentato il suo andamento, cedendo lo 0,41 per cento, così come Francoforte (-0,28 per cento) e Parigi (0,06 per cento). Londra, invece, poco sopra la parità. (Aggiornamento di Massimo Balsamo)
IN CORSO IL CONSIGLIO DEI MINISTRI
E’ il giorno del giudizio in Gran Bretagna: questa sera, alle ore 19:00 locali, quando in Italia saranno le 20:00, si terrà il voto a Westminster sull’accordo con l’Unione Europea per la Brexit. Stando alle numerose anticipazioni di queste ore il governo May subirà una schiacciante sconfitta, anche perché al momento i voti necessari per far passare il deal sarebbero poco più della metà rispetto ai 300 e passa. Intanto i ministri serrano le fila, e come riportato poco fa dall’agenzia Ansa, è iniziato il tradizionale consiglio di martedì, forse l’ultimo per l’attuale esecutivo britannico. Gli esponenti del governo May continuano a diramare appelli per la salvaguardia dell’interesse nazionale, ma ormai anche gli stessi sembrerebbero convinti che la clamorosa deblace stia per arrivare. Nel pomeriggio riprenderà il dibattito a Westminster che verrà poi chiuso alle 18:30, mezz’ora prima dell’ora X, con l’intervento conclusivo del primo ministro. Attorno alle ore 19:30 locali dovrebbero arrivare le votazioni sull’accordo, poi sarà presumibilmente il caos. (aggiornamento di Davide Giancristofaro)
BREXIT, GUARDIAN: “SARA’ UNA SCONFITTA SCHIACCIANTE”
Inizierà intorno alle ore 20 di oggi il voto in Parlamento sulla Brexit: i deputati britannici saranno infatti chiamati ad esprimersi sull’accordo negoziato dalla premier Theresa May con l’Unione Europea. In questo senso le ultime notizie dall’Inghilterra non lasciano presagire nulla di buono per la premier in carica. Stando a quanto riportato dal Guardian, infatti, la votazione di oggi dovrebbe risolversi con una sconfitta schiacciante per il primo ministro. Le previsioni dicono che l’accordo potrebbe essere respinto da una maggioranza di 200 deputati. Come ricordato da Il Post, “tre volte nel corso dell’ultimo secolo un governo britannico in carica ha perso una votazione per più di cento voti e tutte e tre le volte è accaduto durate il governo di minoranza del Partito Laburista del 1924”. I Laburisti di Corbyn intanto hanno già annunciato che in caso di sconfitta della May presenteranno una mozione di sfiducia. (agg. di Dario D’Angelo)
BRITANNICI PRENDONO D’ASSALTO I SUPERMERCATI
Giorno cruciale oggi per la Brexit e per il futuro della Gran Bretagna e della premier Theresa May. A Westminster è infatti atteso il tanto annunciato voto sull’accordo di uscita con l’Unione Europea, e stando alle ultime indiscrezioni circolanti pare sia quasi impossibile che il “deal” passi, anche perché al momento il primo ministro britannico avrebbe solo 197 voti a favore sui 318 necessari. La sensazione circolante è che comunque andrà sarà una catastrofe, soprattutto se alla fine, come sembra, l’accordo non dovesse passare, con possibilità che si apra una strada tutta in salita per Londra, in cui la premier May dovrà per forza di cosa ritirare le dimissioni. Dopo di che, si aprirà una lunga e difficoltosa pagina di incertezza, con la mannaia Brexit a fare da sfondo. Nel frattempo i cittadini inglesi iniziano a prepararsi al peggio, e soprattutto le signore più anziane e le mamme, starebbero iniziando a fare scorte di cibo, anche perché, del domani non v’è certezza e non si sa ancora bene se i supermercati della Gran Bretagna (nazione che importa il 40% dei suoi prodotti alimentari) saranno ancora forniti o meno. (aggiornamento di Davide Giancristofaro)
BREXIT: L’ULTIMO AIUTO DELL’UE
Mentre la Premier May rilancia ancora sulla possibilità di una vera e propria «catastrofe politica e sociale», qualora non passasse l’accordo di Brexit in Parlamento, l’Unione Europea prova un’ultimo, estremo, “aiuto” al Primo Ministro UK in difficoltà. I presidenti della Commissione e del Consiglio Ue, Jean-Claude Juncker e Donald Tusk, hanno inviato una lettera ufficiale alla Premier in cui offrono maggiori rassicurazioni sul ‘backstop’ per le frontiere irlandesi: «un meccanismo temporaneo – assicurano i due leader Ue – che entrerà in vigore solo se strettamente necessario». Intanto però la stessa May non si avvicina nel migliore dei modi al voto più importante della sua carriera politica: un altro “pezzo grosso” del suo Governo ha abbandonato la maggioranza perché definisce l’accordo sulla Brexit, «nocivo per gli interessi del Paese»: si tratta di Gareth Johnson che proprio in merito al Backstop spiega in una lettera inviata alla May, «non dà al nostro Paese una via di uscita chiara e unilaterale dall’Unione Europea e assicura al contrario che saremo limitati nella nostra capacità di negoziare accordi commerciali con altri paesi in futuro».
DOMANI VOTO DECISIVO SULLA BREXIT
Domani 15 gennaio è il D-Day, anzi il B-Day: in Parlamento inglese si vota l’accordo di divorzio Brexit presentato dalla Premier May, quello “famoso” previsto per metà dicembre ma annullato all’ultimo dalla Primo Ministro Uk per la certezza di un esito negativo. La May è convinta che però domani la solfa sarà diversa e che i voti tra Tory e opposizioni ci siano: al momento però, nessun altro sembra convinto di ciò, nemmeno l’Unione Europea che quell’accordo lo ha ratificato e che ha già fatto sapere che non vorrà concedere ulteriore margine di trattativa a Londra se non venisse trovato l’accordo alla Camera dei Comuni inglese. Per questo motivo Theresa May in giornata terrà un discorso da “All or Nothing” alla nazione per provare a recuperare quei voti e quel consenso perduto negli ultimi mesi di gestione non “idilliaca” della “spina” Brexit. «E se ci trovassimo in una situazione in cui il Parlamento tentasse di far uscire il Regno Unito dall’Ue in opposizione ad un voto di mantenimento? La fiducia dei cittadini nel processo democratico e dei loro politici subirebbe un danno catastrofico», anticipato le agenzie di stampa delle parole che utilizzerà più tardi nel suo discorso a Stoke-on-Trent la Premier May. Proprio in questa città, il referendum del 2016 vide massima adesione alla Brexit come in nessuna altra parte d’Inghilterra: il simbolo è chiaro, se questo basterà non è assolutamente detto.
I TRE POSSIBILI SCENARI
Per far sì che la Brexit scatterà come previsto il prossimo 29 marzo, l’Unione Europea doveva ratificare l’accordo, e l’ha fatto; poi sarebbe toccato a Londra ma i ritardi e i rinvii hanno portato fino alla giornata di domani, 15 gennaio. Per ora quasi tutti gli esperti inglesi riferiscono di un Parlamento spaccato, di un leader dell’opposizione Corbyn che ha pronta un’altra mozione di sfiducia alla May e di una possibile storica sconfitta per i Tory (divisi al loro interno) che porterebbero il Paese sull’orlo del baratro. Tutti questi “lugubri” scenari si scontrano con la convinzione-ultimatum della May che ha lanciato e lancerà nelle prossime ore: «o votate il mio accordo oppure si rischia di restare in Ue, visto che alcuni parlamentare britannici sono più propensi a bloccarla piuttosto che abbandonare la Ue senza un accordo» dirà la May. Tradotto, o votate la “mia Brexit” oppure il “no-deal” neanche arriverà, verrà bloccato prima dal Parlamento: ora i Comuni sono in un angolo (come la stessa May) e dovranno prendere una decisione nelle prossime 24 ore. Tre i possibili scenari se il voto non passerà domani a Londra: May in carica presenterà nuovo piano, ma Labour e la stessa Ue sembrano intentati a non concedere questo spazio alla Premier e piuttosto si virerebbe su di un secondo referendum. Terza e ultima opzione, richiesta formale all’Ue di una dilazione: uno slittamento dell’uscita fissata al 29 marzo, magari per virare verso un nuovo modello di uscita dall’Ue. C’è una quarta opzione, ovvero il “no-deal” ma sarebbe esclusa da tutti visto che sia per l’Inghilterra che per l’Unione Europea sarebbe una mezza catastrofe.