Il primo capitolo dell’apertura di Theresa May alle opposizioni non inizia benissimo: nelle “consultazioni” aperte dalla Premier dopo il fallimento del voto sulla Brexit, si sono presentati i vertici di LibDem, Snp e Plaid Cymru ma non il più atteso, quel Jeremy Corbyn del Labour che ancora attende garanzie per poter iniziare il dialogo. Il punto resa sempre lo stesso: bisogna allontanare ogni ipotesi di divorzio da Ue con “no deal”, ma finora Downing Street non ha risposto nel merito e dunque il leader dell’opposizione non si è presentato. «Sono delusa ma la porta resta aperta», ha commentato la n.1 del Governo Tory mentre la pronta replica di Corbyn non si è fatta attendere, «se la premier non accetta un compromesso per un nuovo accordo sulla Brexit soft», spiegano dal Labour, «siamo pronti a presentare una nuova mozione di sfiducia per arrivare a elezioni anticipate», evocate ancora come la strada migliore per «uscire dal vicolo cieco». Attenzione però, c’è la sostanziale apertura nel valutare l’opzione di «una nuova consultazione pubblica»: altresì detto, Referendum bis.
TORY, “RINVIO BREXIT E NUOVI NEGOZIATI CON UE”
Il cancelliere dello Scacchiere, Philip Hammond, questa mattina ha spiegato nel dettaglio quale saranno i prossimi step proposti dal Governo Tory alle opposizioni e alla stessa Bruxelles: «la prossima settimana verrà fuori una proposta di legge che spingerà verso una richiesta di prolungamento nei termini dell’art 50», ovvero quello dell’uscita dall’Unione Europea. La Brexit, con una Theresa May “in fiducia”, resta sempre il problema n.1 del Regno Unito e di conseguenza anche per l’Europa che rischia di vedersi “impallata” ancora una volta dalle notizie che giungono da Londra in questa infinita telenovela che rischia ora di protrarsi a ridosso delle Elezioni Europee. Pare che alla fine la richiesta di dialogo improntata da Corbyn possa essere accettata, anche nelle condizioni, dalla Premier Tory visto che lo stesso Hammond certifica «la minaccia di una Brexit senza accordo sarà rimossa dal tavolo nei prossimi giorni». Il rinvio parziale di Brexit al momento sembra essere “gradita” dalla Commissione Ue che però non vorrebbe rinegoziare un nuovo accordo, come invece propone la May: la guerra di “scacchi” continua..
PREMIER RILANCIA TRATTATIVA CON LA UE
Il Governo di Theresa May è salvo, la premier ora punta a negoziare l’accordo per la Brexit con l’Unione Europea. Ma Bruxelles non ha intenzione di fare passi indietro, secondo il Corriere della Sera. Ipotesi che trova conferma nelle parole di Margaritis Schinas, portavoce della Commissione Ue: «L’accordo sulla Brexit non può essere rinegoziato. Ora sta al Regno Unito dire cosa vuole fare. Aspettiamo di sapere da loro quali sono i prossimi passi». Ma non solo: sul tavolo non c’è nessuna richiesta della proroga di distacco di Londra da Bruxelles e, in caso di richiesta di proroga, sarebbero necessarie «adeguate ragioni» da parte del Regno Unito, nonché l’ok dei 27 Stati membri. Michel Barnier, negoziatore per la Brexit, all’Europarlamento ha ribadito che l’accordo bocciato a Westminster non può essere negoziato. Attesi aggiornamenti nei prossimi giorni: la deadline è sempre più vicina, è corsa contro il tempo… (Aggiornamento di Massimo Balsamo)
USCITA ENTRO IL 2020?
Theresa May non è sopravvissuta al voto sulla Brexit ma è uscita indenne dalla mozione di sfiducia nei suoi confronti. Con 325 voti a favore, il primo ministro britannico è riuscito a rimanere ancorato alla propria poltrona, evitando così che il governo piombasse nel caos. «È il momento di unirsi e realizzare quanto deciso nel referendum», le parole della stessa May subito dopo il voto, nel suo messaggio al paese. Quindi ha rivolto nuovamente l’invito all’opposizione, per provare a trovare un’intesa sull’accordo di uscita con l’Unione Europea: «Vorrei invitare i leader dei gruppi parlamentari – le sue dichiarazioni post mozione di sfiducia – ad incontrarmi individualmente, e vorrei iniziare questi incontri stasera». Il tempo stringe visto che mancato solamente 72 giorni alla fatidica data del 29 marzo, quando cioè la Gran Bretagna dovrà lasciare definitivamente l’Unione Europea. Non è comunque da escludere che l’UE possa aprire ad una proroga, come da indiscrezioni circolanti nelle ultime ore, ma non andrà oltre il 2020: l’incertezza regna sovrana. (aggiornamento di Davide Giancristofaro)
BREXIT: NO DEAL IPOTESI MOLTO CONCRETA
Il Governo di Theresa May ha respinto il voto di sfiducia chiesto dal leader laburista Corbyn, ma la Brexit resta un’incognita sulle teste dei britannici. Ottenere un rinvio rispetto alla scadenza del 29 marzo significherebbe probabilmente prendere solamente ulteriore tempo. Il capo negoziatore europeo Barnier, nel commentare gli sviluppi della situazione ha ricordato che il “no deal è sempre più vicino”. Questo perché Theresa May aveva impiegato quasi due anni per trovare lo schema di accordi sulla Brexit con l’Unione Europea, abbattuto letteralmente dai dissidenti conservatori nel voto di martedì. Il fatto che il Governo abbia tenuto grazie ai voti dei Nordirlandesi potrebbe essere una vittoria di pirro per la May, che per sua stessa ammissione al momento non ha un “Piano B” per provare a disegnare una “Brexit” indolore, mentre l’uscita senza accordi con il “No Deal” provocherebbe pesanti conseguenze sul piano economico e sociale per tutta la Gran Bretagna. (agg. di Fabio Belli)
GOVERNO SALVO PER 19 VOTI
La premier May ottiene una “piccola” vittoria solo 24 ore dopo la disfatta colossale del fallimento su Brexit: il Parlamento ha da pochi istanti respinto la mozione di sfiducia presentata dal leader dell’opposizione Jeremy Corbyn contro la Primo Ministro del Regno Unito. 325 voti a favore contro 306 contrari, per soli 19 voti tiene la maggioranza Tory permettendo così di rilanciare un ipotetico nuovo negoziato tra Londra e Bruxelles per il divorzio dall’Ue con un Governo in linea di massima “forte”. Di certo lo è più di ieri ma questo non toglie l’instabilità ormai cronica che il Parlamento inglese porta avanti da diversi mesi, dove nessuno – né la May, né le opposizioni, né tantomeno gli hard brexiters – ha in mano un diretto “piano B” dopo il fallimento dell’accordo negoziato dalla Premier inglese. Partito di maggioranza comunque dilaniato (resta in piedi per soli 19 voti proprio per evitare le elezioni anticipate, forse letali per il Paese britannico in questo momento), May sempre più debole ed Europa per ora intransigente (o quasi, vedi Merkel) nel negoziare nuovo accordo. Chi per primo farà un passo indietro per poter permettere a tutti di fare un passo in avanti?
CAOS SUL FUTURO DI LONDRA
Gli scenari sul futuro di Londra sono ancora tutt’altro che “chiari”: che sia no deal, nuovo referendum o addirittura nuova rinegoziazione di un accordo con l’Unione Europea, in nessuno di questi casi il Parlamento Uk sembra pronto a mettere da parte lo scontro accesissimo tra Labour e Tory (anche al loro interno, ndr) per l’interesse immediato nazionale. Dall’Italia, il Ministro degli Interni Matteo Salvini la scelta di Westminster e della Premier May deve essere una sola: tornare a rinegoziare con l’Europa per una Brexit “soft” e meno impattante per tutti. «Andranno a un’ulteriore negoziazione con Bruxelles e spero che nessuno a Bruxelles abbia la testa dura. Il popolo è sovrano. Evidentemente gli inglesi non ritengono sufficienti le garanzie contenute nell’accordo tra il governo britannico e l’Ue», commenta il titolare del Viminale. La mozione di sfiducia di questa sera, in entrambe le risultanze che potrà avere, quantomeno chiarirà l’attore principale dei prossimi passi verso la Brexit: se con May al timone o se con un nuovo Governo dopo le tanto temute elezioni anticipate.
PRESENTATA PROPOSTA SU REFERENDUM BIS
Secondo il 38% i membri del Parlamento sfiduceranno il Governo May questa sera, mentre il 53% è convinto che alla fine il rischio combinato di “no deal” ed elezioni anticipate potrebbero essere letali per il Regno Unito: mentre dunque la Premier si appresta ad affrontare il voto di sfiducia, alcuni parlamentari sia del Labour che dei Tory “no-Brexit” hanno presentato le prime proposte per un Referendum bis, impensabile fino solo a qualche mese fa. Nello specifico è stata presentata una doppia proposta di legge per definire il quadro normativo necessario per procedere: a firmarla è stato Dominic Grieve, ex ministro e capofila dei dissidenti filo-Ue all’interno dei Tory. Se la premier May rimarrà al suo posto dopo il voto di stasera, l’iter verso un secondo referendum potrebbe iniziare a procedere già dal prossimo 21 gennaio con l’inizio delle discussioni in Aula a Westminster.
CORBYN: “SERVE UN ALTRO GOVERNO”
Altra giornata cruciale in Gran Bretagna, visto che, dopo la debacle della Brexit di ieri, questa sera si terrà il voto di sfiducia nei confronti della Premier Theresa May, il secondo dopo quello di un mese fa. Il mondo politico inglese è sul piede di guerra alla luce della disastrosa sconfitta di ieri del governo, a cominciare dal leader dei laburisti Jeremy Corbyn, che ha invocato le dimissioni per lo stesso primo ministro, con parole a dir poco taglienti: «Questo governo ha fallito, non può governare e non può rappresentare la maggior parte delle persone che stanno affrontando la questione più importante del momento che è la Brexit: hanno fallito ancora ed hanno perso. Non era il caso che, come tutti gli altri premier che hanno subito una sconfitta in precedenza – ha aggiunto – si fossero dimessi così ora il paese sarebbe stato in grado di scegliere il governo che voleva?». Secondo Corbyn la premier May sembra voler negare la realtà dei fatti. (aggiornamento di Davide Giancristofaro)
BREXIT, VINCE IL NO: MAY NELLA BUFERA
È in corso l’ennesimo dibattito in Parlamento a Londra dopo la bocciatura dell’accordo sulla Brexit andato in scena ieri sera: il clamoroso (negli effetti, non nelle attese) passo falso della Premier May costa caro alla Gran Bretagna, sia per i Brexiters che per i Leave, ma anche l’Unione Europea potrebbe avere ripercussioni nefaste nel caso probabile di un “no deal” totale dopo la mancata ratifica dei parlamentari inglesi sull’accordo di divorzio da Bruxelles (qui tutti gli scenari). Questa sera è previsto il voto sulla mozione di sfiducia alla stessa Premier Theresa May, presentata ieri sera subito dopo il ko della Brexit dal leader del Labour Jeremy Corbyn: proprio i due rappresentanti più importante del Parlamento londinese si stanno di nuovo “beccando” nelle varie dichiarazioni di voto in corso alla Camera dei Comuni. La May spera di vedersi confermata «la fiducia stasera dai Comuni per attuare la Brexit nel rispetto della volontà popolare espressa del referendum del 2016», ma immediata è la risposta di Corbyn: «Qualsiasi altro primo ministro britannico si sarebbe già dimesso di fronte all’entità della disfatta subita ieri dal governo Tory», oltre ad accusare la May di essere incapace di accettare la realtà della sconfitta vista in questi mesi.
OGGI VOTO DI SFIDUCIA ALLA PREMIER MAY
La replica della Premier Uk è altrettanto dura, citando addirittura alcune passate dichiarazioni “antisemite” del leader dei laburisti: «lei non ha una chiara posizione sulla Brexit né una proposta alternativa, e un suo Governo sarebbe un male per il Paese. Per questo non mi dimetto, non lo permetteremo» attacca la May in vista del voto di sfiducia che andrà in scena in un’altra infuocata serata vissuta al Parlamento di Westminster. Probabile che alla fine i “ribelli Tory” visti ieri sera – ben 118 che hanno pesato nei 432 No all’accordo proposto dalla May – riconfermino il Governo Tory per evitare di tornare alle urne in un momento di assoluto caos nel Paese per una mancanza di accordo finale sul Referendum Brexit. Nicola Sturgeon, Primo Ministro della Scozia e leader dell’Snp, il partito indipendentista scozzese, ha scritto una lettera aperta alla Premier Theresa May per invocare un rinvio della data della Brexit e un rinnovato dialogo trasversale nel Regno Unito. A gelare però la May ci ha pensato, ancora una volta, l’Unione Europea che con nettezza – durante la plenaria straordinaria dopo il voto sulla Brexit di ieri sera – ha affermato, tramite la portavoce della Commissione europea Margaritis Schinas «L’accordo sulla Brexit non può essere rinegoziato. Ora sta al Regno Unito dire cosa vuole fare. Aspettiamo di sapere da loro quali sono i prossimi passi».