È nato il Governo Tsipras 2. E la campagna elettorale continua. Abbandonato dal suo alleato di destra, il premier ellenico ha ottenuto la fiducia del Parlamento con 151 voti favorevoli: 145 “syrizei” e sei “responsabili”, cinque che facevano parte del partito di destra di Kammenos e un “figliol prodigo”, già “syrizeo”, poi emigrato in un altro partito di centro. Il governo di sinistra-destra nei giorni scorsi aveva perso il partner di minoranza, con le dimissioni del ministro della Difesa Panos Kammenos, da sempre contrario all’accordo raggiunto con la Macedonia sull’annoso problema del nome della repubblica ex jugoslava. Sulla carta permetterà a Tsipras di tenere in piedi il suo Governo fino alla scadenza naturale di ottobre.
Ma arriverà fino a ottobre? Nessun commentatore ci scommette, anche perché l’opinione pubblica ormai ha voltato le spalle a Tsipras, e non riesce a capire come alcuni deputati, in certi casi in cambio di posti di governo e sottogoverno, abbiamo disatteso il vincolo di mandato. E per la Grecia è la prima volta che succede, tanto che l’opposizione ha definito il nuovo esecutivo un “governo-pachtwork”.
Finita una battaglia polemica al calor bianco, il Parlamento si appresta a discutere e votare l’accordo di Prespes, firmato da Atene e Skopje il luglio scorso, che ha messo fine alla disputa tra i due paesi sull’uso del nome Macedonia, a breve “Nord Macedonia”, subito dopo che il parlamento di Atene ratificherà l’accordo. Anche in questo caso, Tsipras si prefigge l’obiettivo dei 151 voti favorevoli. I suoi 145 sono assicurati, ne restano sei che però non sono al momento sicuri.
Domenica prossima intanto è prevista una manifestazione contro l’accordo di Prespes e secondo dei sondaggi più del 60% dei greci si dichiara contrario alla cessione del nome Macedonia al vicino. E tra la Macedonia di Alessandro il Grande, la responsabilità politica dei “responsabili” che garantiscono la sopravvivenza di Tsipras, nessuno più si occupa dei veri problemi della Grecia: le banche sono alla canna del gas e sono piene di crediti deteriorati, i greci devono allo Stato una somma pari a circa metà del Pil, gli investimenti non arrivano. Insomma tutto stagna, all’orizzonte il Paese non può accedere ai mercati finanziari perché il tasso di interessi sui suoi decennali si aggira sul 4,3%.
E il prossimo Governo – sicuramente di centro-destra – dovrà scegliere tra Scilla e Cariddi. Dovrà mantenere, infatti, fino al 2022, un avanzo primario al 3,5% e avrà due scelte: o accedere al mercato, un suicidio dato l’alto tasso di interesse, oppure chiedere “protezione” all’Esm, il che vorrebbe dire un quarto memorandum più digeribile che potrebbe scuotere nuovamente il sistema politico ellenico.