Sta prendendo piede in Gran Bretagna l’idea di un nuovo referendum sulla Brexit. Dopo la bocciatura di Westminster in merito all’accordo raggiunto con l’Unione Europea, lo spettro di un “no deal” incombe su Londra, e nessuno sembrerebbe essere così folle da uscire dall’UE senza prima avere in mano uno straccio di accordo con Bruxelles. A circa 70 giorni dalla data fatidica, l’unica certezza è che nulla è certo, e sono in molti quelli ad iniziare seriamente a preoccuparsi, a cominciare dalle numerose nazioni che esportano prodotti in Gran Bretagna, fra cui ovviamente l’Italia. «Una Brexit senza accordo con la Ue – le parole del neo presidente di Federalimentare-Confindustria Ivano Vacondio – per noi, e soprattutto per il beverage, sarebbe molto pericolosa e preoccupa molto». Il Regno Unito è uno dei principali mercati del food & beverage italiano, e vista la grande incertezza ci si inizia a fare qualche domanda: «Ma voglio essere ottimista – ha aggiunto Vacondio – sono convinto che alla fine gli inglesi con l’Europa troveranno un accordo che cercherà di tutelare tutti, voglio essere ottimista perché altrimenti sarebbe negativo per tutti, mi dispiacerebbe anche per i cittadini inglesi che sarebbero privati dell’ottimo cibo italiano». (aggiornamento di Davide Giancristofaro)



BREXIT: I LABOUR CHIEDONO UN SECONDO REFERENDUM

Per la prima volta il Labour esce allo scoperto e con un emendamento presentato ai Comuni dal suo leader, Jeremy Corbyn, apre alla possibilità di un secondo referendum sulla Brexit. Come riportato da La Repubblica, però, l’emendamento dei laburisti va preso con le molle: è risaputo, infatti che Corbyn vede una nuova consultazione sull’uscita dall’Ue come ultima soluzione da post-porre rispetto a nuove elezioni per dare l’assalto a Downing Street. Bisogna poi aggiungere che l’emendamento in cui i Labour si dicono pronti a sostenere il secondo referendum entrerebbe in gioco solo se la proposta del partito sulla Brexit, quella che richiede l’unione doganale permanente e una sorta di mercato unico europeo per il Regno Unito, non venisse approvata. Un altro dato che deve smorzare gli entusiasmi degli europeisti è che una eventuale consultazione non sarebbe “assoluta” come quella tra Leave e Remain bensì si baserebbe su eventuali accordi già approvati dal Parlamento e da ratificare da parte del popolo (accordi che, per ora, neanche esistono). Infine, spiega ancora La Repubblica, se pure per caso queste condizioni si dovessero verificare, nulla impedirebbe al partito Labour di cambiare strategia in base alle condizioni del momento. Dunque l’ipotesi di un secondo referendum avanza, data l’incapacità della politica di raggiungere una soluzione che accontenti tutti, ma ancora non è così vicina come potrebbe apparire. (agg. di Dario D’Angelo)



CORBYN APPROVA IPOTESI SECONDO REFERENDUM

Il tempo scorre inesorabile avvicinandoci lentamente al 30 marzo, quando la Brexit dovrà divenire realtà. Peccato che a poco più di due mesi dalla fatidica data di cui sopra, la Gran Bretagna non abbia ancora un piano di uscita certo. Dopo la bocciatura sonora del parlamento del Piano A, ieri la premier Theresa May ha presentato un Piano B che di fatto è molto simile a quello precedente, ma con qualche concessione in più in merito alla questione Irlanda e Backstop. Peccato però che anche questa opzione sia stata rimandata al mittente senza troppi giri di parole e di conseguenza la grande incertezza regna sovrana. Anche per via di questa enorme confusione, si sta palesando la possibilità di un secondo nuovo referendum sulla Brexit, con la speranza, forse, che alla fine i cittadini inglesi decidano di restare in Unione Europea, evitando il caos degli ultimi mesi. Al nuovo voto starebbe ora pensando anche il leader dei laburisti Jeremy Corbyn, che sull’argomento si è sempre mostrato vago, ma che nelle scorse ore è uscito allo scoperto dicendosi appunto favorevole all’idea. In tale modo si potrebbe evitare l’uscita dall’Ue senza accordo: sono attese importanti novità. (aggiornamento di Davide Giancristofaro)



BREXIT, MAY: NO AL RINVIO DELLA BREXIT

La Premier rispedisce al mittente la “proposta”-mozione fatta da parte delle opposizioni sul possibile rinvio della data di uscita dall’Ue: «sono disponibile ad un dialogo costruttivo e senza precondizioni con le opposizioni su un piano B sulla Brexit», ma non si dice invece d’accordo sul rinvio dell’uscita dall’Europa. Così la May in Parlamento davanti all’ira del Labour, specie dopo che la Premier ha lamentato l’assenza del leader dell’opposizione laburista Jeremy Corbyn «il no deal si esclude solo sulla base dell’approvazione di un accordo». Per quanto riguarda la possibilità di ritorno alle urne per un “nuovo” referendum sulla Brexit, la May si dice categorica «minerebbe la fiducia del popolo britannico nella politica». Intanto brutte notizie per la leader Tory arrivano anche dall’Irlanda che si dice contraria alla eventualità di modificare gli accordi di pace del 1998 per “aggirare” il backstop: Coveney (ministro degli Esteri di Dublino) ha respinto sia l’idea di un accordo bilaterale con Londra per rendere superfluo il “Backstop”, quanto la proposta lanciata dal ministro degli Esteri polacco, Jacek Czaputowicz, di «limitare a soli cinque anni la durata dello stesso backstop».

MOZIONE LABOUR-RIBELLI TORY PER RINVIO BREXIT

Pare sia pronta la mozione anti-May – l’ennesima in questo primo mese di un già convulso 2019 in Regno Unito – contro il “piano B” che a ore la Premier Uk proporrà alla Camera dei Comuni per provare a rilanciare l’accordo di divorzio dall’Unione Europea: un fronte formato da deputati delle opposizioni e ribelli Tory vuole imporre al Governo May l’obbligo di chiedere a Bruxelles una nuova estensione dell’articolo 50. In poche parole, la mozione punta a richiedere il rinvio dell’uscita dall’Ue, già fissata per il 29 marzo dal momento in cui la May non trovasse un nuovo “piano” da far approvare e ratificare al Parlamento inglese. Come riporta il Messaggero, l’iniziativa anti-May è stata promossa dalla laburista Yvette Cooper e dal conservatore “eurofilo Nick Boles: a questa, si affianca un emendamento simile lanciato da Dominic Greve, capofila dei dissidenti Tory pro-Remain, e accolto anche dal leader Labour Jeremy Corbyn che non vuol una Brexit-no deal e preferisce un rinvio per trattare un piano migliore con l’Europa. Il capo negoziatore Michel Barnier si è detto pronto a discutere con Londra «dopo una dichiarazione politica da allegare all’accordo per la Brexit per ‘renderla piu’ ambiziosa», spiega in una intervista alla tv irlandese, ma ribadisce che «la linea Ue non cambia sull’accordo gia’ raggiunto: non puo’ essere negoziato di nuovo».

BREXIT, MAY PRESENTA IL “PIANO B”

Oggi pomeriggio alla Camera dei Comuni la Premier Theresa May torna a presentare un “nuovo” accordo per la Brexit dopo il clamoroso fallimento della scorsa settimana che quasi costava la poltrona di Primo Ministro alla leader Tory (salvata poi dalla mozione di sfiducia respinta, ndr): la May è pronta dunque a presentare quel “Piano B” che dovrebbe avere nelle proprie intenzioni il tentato “cambio di idee” nei parlamentari che solo una settimana fa bocciavano l’accordo stilato da May e l’Unione Europea per un divorzio con data di scadenza il prossimo 30 marzo 2019. In realtà, secondo i primi rumors inglesi che arrivano da Downing Street, le novità richieste dal Parlamento non dovrebbero essere poi così tante e il Piano B rischia di deflagrare tanto quanto il primo. «Niente concessioni alle opposizioni o verso una Brexit più soft, ma la riproposizione del suo piano originario con l’impegno a cercare di aggirare la questione del backstop», ovvero il meccanismo vincolante di garanzia “teorica” imposto dall’Unione Europea per lasciare un confine aperto tra Irlanda del Nord e Irlanda, onde evitare i guai del recente passato. In poche parole, un Piano B assai vicino al Piano A ma senza (forse, dipende dalla risposta di Bruxelles) il backstop: alle opposizioni non piace già per niente.

NUOVO TRATTATO CON L’IRLANDA?

Il “tavolo” con Labour e altri partiti è durato il soffio di un giorno, le divisioni e i “dispetti” politici sono tornati a farla da padrone e tanto la Brexit quanto un accordo comunitario sembrano sempre più lontani: la mossa della May sul backstop mira a convincere i Tory più ribelli (gli Hard Brexitems) ma anche gli alleati unionisti nordirlandesi del Dup, ma al momento non è dato sapere se l’esito potrà essere positivo riconquistando in breve una fiducia persa ormai diverso tempo fa. Per provare a sbloccare la partita è decisiva l’Irlanda: secondo i media britannici, una delle proposte in fase di elaborazione da parte della Premier May sarebbe «la riscrittura dell’accordo del 1998, per assicurare l’Irlanda sull’impegno del Regno Unito a mantenere aperto il confine irlandese, dopo l’uscita dall’Unione europea». Si tratta del celebre “Trattato del Venerdì Santo” con il quale si pose fine alle liti e tragedie pluriennali in Regno Unito: per la May, la possibilità potrebbe essere quella di un emendamento all’accordo di pace per provare ad eliminare il backstop senza però imporre un confine fisico tra i due paesi irlandesi. Ora la “palla” tocca ai Comuni, l’impressione è che ne vedremo ancora delle belle…