Una delle stragi più sanguinose degli ultimi 17 anni di guerra civile tra l’Afghanistan e i Talebani è avvenuta ieri mattina nella regione centrale a sud ovest di Kabul: un attacco kamikaze prima e un assalto dei alcuni terroristi talebani contro una scuola militare – centro di addestramento dell’Nds (National Directorate of security) – ha provocato 130 morti e svariati altri feriti. Nel capoluogo di Maidan Sahr un veicolo caricato di tritolo esplosivo si è fatto largo nella folla a tutta velocità abbattendosi contro il cancello di ingresso, entrando poi in contatto con l’edificio ed esplodendo: tantissime vittime già erano state generate in questo singolo attacco kamikaze, quando poi un altro commando ha fatto irruzione nella scuola di addestramento compiendo il resto della carneficina. Il comando militare e il governo di Ashraf Ghani hanno cercato di minimizzare il volume delle perdite tanto che in un primo momento si parlava di “sole” 12 vittime, ma la realtà raccontata dai testimoni oculari e dai medici degli ospedali alle agenzie di stampa è ben altro: 130 vittime e una strage tra le più importanti della recente storia dell’Afghanistan.
IL “MESSAGGIO” AGLI USA
L’attentato rivendicato dai Talebani – solo l’ultimo di una lunghissima serie di attacchi a militari, forze dell’ordine e apparati governativi afghani – avviene un solo giorno dopo un’altra stage contro il convoglio che proteggeva il Governatore della provincia di Logar: si cerca di negoziare una pace con i Talebani ma pare che l’unico modo sia di offrire l’ingresso di alcuni vertici talebani all’interno del prossimo governo. Come riporta il Messaggero, «La guerra che avrebbe dovuto annientare la loro opposizione, ha fatto contare l’anno scorso 28.000 vittime tra i poliziotti e i militari del governo, secondo le ammissioni dello stesso presidente». Ma l’attacco alla scuola militare vicino Kabul ha anche un altro obiettivo, quello di mandare un “messaggio” alle forze americane che stanno riducendo gli eserciti sul campo per volere di Donald Trump: una sorta di “rivendicazione” dello spazio e del potere che gli Usa stanno perdendo allontanandosi dalla presenza in Medio Oriente, l’attentato produce l’effetto di voler “marcare” il territorio e ottenere sempre più potere negoziale nei confronti di un Governo assai più debole senza la presenza forte degli americani.