Continuo lo shutdown negli Stati Uniti e continua il braccio di ferro fra il presidente Donald Trump, e lo speaker della Camera, la democratica Nancy Pelosi. A fine mese, esattamente il prossimo 29 gennaio, il commander in chief avrebbe dovuto tenere il discorso sullo stato dell’Unione alla Camera, una sorta di resumè dell’anno 2018 in materia soprattutto economica. Peccato però che la Pelosi non gliel’abbia concesso ritenendo che il blocco delle azioni governative mini la sicurezza dello stesso discorso. Dura la reazione dell’uomo più potente al mondo, che come al solito si è affidato a Twitter per rendere pubblico il proprio pensiero: «Non sono sorpreso, è vergognoso quello che sta accadendo con i democratici. Il discorso sullo stato dell’Unione – ha aggiunto – è stato cancellato perché la Pelosi non vuole sentire e non ama la verità, non vuole che l’opinione pubblica americana capisca cosa sta accadendo». Di pari passo continua il braccio di ferro fra i Dem e i repubblicani, con i primi che si sono detti disposti a sbloccare i 5.7 miliardi di dollari chiesti da Trump, ma non per costruire il muro, ma semplicemente per rafforzare la sicurezza lungo il confine con il Messico. (aggiornamento di Davide Giancristofaro)



SHUTDOWN: SI CERCA L’ACCORDO

Si cerca l’accordo fra i repubblicani e i democratici per porre fine allo shutdown che da più di un mese (per l’esattezza 36 giorni) sta paralizzando le attività governative degli Stati Uniti. In base alle ultime indiscrezioni circolanti sui media americani, Mitch McConnell, senatore rappresentante la maggioranza, e Chuck Schumer, leader dell’opposizione democratica, avrebbero raggiunto un’intesa di modo che nella giornata di domani, giovedì 24 gennaio, si possano votare due proposte, una per ogni schieramento politico. La proposta dei repubblica prevede la protezione di tre anni ai cosiddetti dreamers, i quasi 800mila migranti arrivati irregolarmente negli Stati Uniti da bambini. In cambio, vogliono che si sblocchino i 5.7 miliardi di dollari necessari per finanziare il muro lungo il confine con il Messico. Per quanto riguarda la proposta democratica, invece, viene chiesta la riapertura temporanea dei ministeri almeno fino all’8 febbraio, di modo da poter pagare in tempo gli stipendi agli 800mila dipendenti federali che da più di un mese sono costretti a starsene a casa. Non viene invece affrontata la questione riguardante il muro.



SHUTDOWN: PROVE DI INTESA REPUBBLICA-DEM

Due proposte diametralmente opposte e sembra difficile che una delle due possa passare, in particolare quella repubblicana, visto che è la stessa che aveva già presentato Donald Trump nella giornata di sabato scorso, e che era già stata rimandata al mittente dall’opposizione Dem. In ogni caso il Gop avrà bisogno di 60 voti al Senato per ottenere il passaggio della proposta, e tenendo conto del fatto che i senatori repubblicani sono 53, ecco perché l’opzione del tycoon sembrerebbe già bocciata in partenza. Resta comunque apprezzabile la volontà, per la prima volta, delle due parti in gioco di trovare un modo per risolvere il problema dello shutdown, riguardante ben otto ministeri e svariate agenzie federali. «Una soluzione per mettere fine allo shutdown del governo federale verrà trovata vista la posta alta in gioco – ne è convinto David Rubenstein, il Ceo di Carlyle, intervistato da Cnbc in occasione del World Economic Forum in corso a Ginevra – i membri del Congresso e le persone all’interno dell’amministrazione [Trump] sanno che lo shutdown sta ledendo l’economia»

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