Se la May pensava di aver ottenuto una vittoria, dopo il sì della Camera dei Comuni ad un nuovo deal per la Brexit con l’Unione Europea, in realtà la sua posizione sembrerebbe essere addirittura peggiorata rispetto alle numerose tensioni delle ultime settimane. Il governo britannico è infatti convinto di poter negoziare un nuovo deal con i vertici dell’UE, peccato però che da Bruxelles pensino proprio l’opposto, come si è capito nelle scorse ore a seguito di numerosi interventi pubblici. Dopo il no secco di Juncker ha parlato Michel Barnier, il capo negoziatore dell’Unione Europea, che in maniera eloquente ha ammesso: «Francamente nessuno da entrambe le parti è in grado di dire con precisione, in modo chiaro, quale sarebbe la natura di questi accordi alternativi, se sarebbero realizzabili ed effettivamente raggiungere gli obiettivi del backstop». Molto simile il pensiero di Donald Tusk, il presidente del Consiglio dell’Unione europea, che ha utilizzato Twitter per rendere pubblico l’opinione sua e dei vertici europei: «Il mio messaggio a Theresa May: la posizione dell’UE è chiara e coerente. L’accordo di revoca non è aperto per la rinegoziazione. Ieri abbiamo scoperto cosa non vuole il Regno Unito. Ma non sappiamo ancora cosa voglia il Regno Unito». (aggiornamento di Davide Giancristofaro)
BREXIT: CHIUSURA NETTA DI JUNCKER
La questione della Brexit continua a tenere banco in Gran Bretagna e di riflesso nell’Unione Europea. Nelle ultime ore il primo ministro inglese, Theresa May, è riuscita a “rialzare” la testa raggiungendo un’intesa alla Camera dei Comuni in merito alla delicata questione del backstop. Forte del voto interno il massimo rappresentante britannico si dice ora pronto a ritrattare con Bruxelles il precedente accordo già siglato: peccato però che ai piani alti dell’UE non siano affatto intenzionati a risiedersi ad un tavolo per ridiscutere l’intesa di uscita. Numerosi i politici che nelle ultime ore hanno smentito tale possibilità, per ultimo Jean-Claude Juncker, il presidente della Commissione europea nonché massimo rappresentate dell’Unione, che ha mandato un sms alla May: «L’accordo sulla Brexit raggiunto con la premier britannnica Theresa May è il migliore e l’unico possibile, non sarà rinegoziato. L’Ue l’ha detto a novembre, l’ha detto a dicembre, e l’abbiamo detto dopo il primo importante voto a gennaio – ha sottolineato Juncker – il voto alla Camera dei comuni ieri non ha cambiato le cose». Secondo il presidente della Ce, c’è il forte rischio che la Gran Bretagna lasci l’Ue senza un accordo, e di conseguenza «occorre fare tutto il possibile per preparaci a tutti gli scenari possibili, anche il peggiore». (aggiornamento di Davide Giancristofaro)
BREXIT, BRUXELLES STRONCA LA MAY
L’UE da Bruxelles ha già fatto sapere che l’accordo sulla Brexit bocciato dal parlamento britannico non è più negoziabile e così, per Theresa May, dopo una prima vittoria politica a seguito di una serie di scivoloni che ne avevano messo in crisi la credibilità adesso la strada si fa nuovamente in salita. Infatti, l’Unione Europea, tramite alcuni suoi portavoce, non intende rivedere al ribasso quell’accordo raggiunto proprio con la prima ministra inglese per non rimetter ancora in discussione soprattutto la delicatissima intesa raggiunta sul “backstop” per quanto riguarda il confine nordirlandese e poi anche per una questione di credibilità delle istituzioni di Bruxelles davanti all’opinione pubblica. Dunque, al momento, lo scenario che si prospetta anche se la May riuscisse a trovare una intesa alla Camera con i laburisti è quello di una hard Brexit e soprattutto di un No Deal che rappresenterebbe uno scenario da incubo per il Paese che uscirebbe “al buio”. (agg. di R. G. Flore)
MAY CERCA INTESA CON I LABURISTI DI CORBYN
Sono ore decisive per la premier britannica Theresa May che, dopo alcune cocenti “sconfitte” interne, a seguito del nuovo mandato del Parlamento per rinegoziare l’uscita dall’Unione Europa senza dover rinviare la Brexit ora cerca un accordo coi laburisti di Jeremy Corbyn anche per risolvere il complesso nodo del “backstop” irlandese. Intanto da Bruxelles non arrivano segnali incoraggianti dato che si fa sapere che il patto precedentemente siglato non si tocca e quindi sarà difficile capire quali margini di trattativa possa avere la leader conservatrice. In attesa del nuovo scontro con la premier dopo quello andato in scena nel question time, il numero uno laburista ha incalzato la May specialmente sulla ricerca di soluzione alternative al suddetto “backstop” e anche a indicare con maggior precisione a cosa sia disposta a rinunciare pur di raggiungere un compromesso che eviti la soluzione-incubo che terrorizza tutti, vale a dire quella del no-deal e dunque di una uscita al buio che proietterebbe con tantissime incertezze il Regno Unito nel futuro. (agg. di R. G. Flore)
SAVONA DA’ LA COLPA A BRUXELLES
«L’accordo non si rinegozia, resta quello già varato con la May»: questa la netta replica dell’Unione Europea tramite i vertici della Commissione UE, secondo cui anche la clausola del backstop resta tale nonostante la volontà del Parlamento inglese di voler trattare proprio su quel punto per far sbloccare l’impasse istituzionale. La Premier, dal canto suo, ha avvertito Westminster che «non basta opporsi ad un no deal. Serve trovare un “deal”» e per questo invita Jeremy Corbyn ad un confronto diretto ben sapendo quale sia la replica di Bruxelles al “mandato” dato dal Parlamento ieri sera. Il 13 febbraio si dovrà ripresentare a Westminster per il voto definitivo e se il negoziato con Bruxelles dovesse fallire il rischio concreto di un no deal sembra del tutto più vicino: dall’Italia, una voce fuori dal coro arriva dal Ministro per gli Affari Europei, Paolo Savona, che punta il dito sul caos Brexit contro l’Unione Europea. «I comportamenti della Ue sono stati tali che hanno messo in piedi un ‘deal’ che generava il ‘no deal’; che serviva più che per il Regno Unito per il resto dell’Europa, compresa l’Italia: vedete cosa vi succede se volete uscire? E’ stato costruito un meccanismo infernale. Prendetelo come un mio giudizio personale».
CAOS BREXIT: PARLAMENTO CON LA MAY PER RINEGOZIARE CON L’UE
Siamo alle solite, come se fossimo tornati indietro di almeno due anni: Theresa May (e i Tory, per una volta compatti) contro l’Europa, intenzionati a riaprire un negoziato sulla Brexit perché il Parlamento lo scorso 15 gennaio ha bocciato sonoramente il primo accordo faticosamente raggiunto dopo due anni di trattative serrate con Bruxelles. Il fatto è – come ricorda Paola Peduzzi del Foglio – che la May aveva escluso “categoricamente” e che la stessa Europa aveva negato in ogni modo. Ora, dopo il voto di ieri sera alla Camera dei Comuni, Westminster è “di nuovo” con la May schierati contro Bruxelles e quell’accordo di divorzio che non piace specie sul fronte irlandese per il “famoso” backstop: «siano ridiscussi con Bruxelles i termini della clausola di backstop, quello che è stato deciso finora cioè il Regno Unito legato a tempo indefinito all’Ue in un’unione doganale non ha l’appoggio del Parlamento». Questo riassunto bene dal Giornale è il sostanziale senso delle ultime 24 ore convulse a Londra: è di fatto il risultato dell’emendamento passato del deputato conservatore Graham Brady, capace di riunire (come la May non era riuscita a fare) sia i “falchi” che i “soft Brexit” per provare l’estrema ratio prima del no-deal distruttivo.
E ORA CHE SUCCEDE?
Resta dunque il punto chiave: con l’Europa che esclude ancora oggi la riapertura delle trattative e la May che invece come unico piano B ha proprio quello di rinegoziare i termini del backstop e del confine d’Irlanda, chi la spunterà? A naso, sono proprio gli inglesi a rimetterci in termini di scambi commerciali e turismo, ma di certo una “grana” del genere a pochi mesi dalle Europee non aiuta nemmeno la Commissione Ue e gli europeisti più spinti da Berlino fino a Parigi. Il nuovo “piano” May prevede di fatto due fasi sostanziali: la prima è la riapertura delle negoziazioni con Bruxelles, per provare a trovare un asse di “libero mercato” e modificare così la clausola di backstop affinché si renda superfluo il ritorno al confine fisico. La seconda fase, riporta sempre il Giornale, sarebbe quella, una volta che l’Europa rifiutasse la riapertura delle trattative, di uscire con no-deal ma dalla fine del 2021 per potersi preparare “al meglio”. In alternativa, la Premier Tory andrebbe al voto sul “primo accordo” – quello già bocciato – per vedere se questa maggioranza risicata possa approvare questa volta i termini che Bruxelles ha già varato. Come appunto dicevamo “a bomba”, siamo tornati a due anni fa: anzi, forse peggio.