Benché sia considerato “il più importante quotidiano al mondo”, il New York Times è ben ancorato all’area liberal-progressista americana. E’ il caso di un articolo assai fazioso pubblicato in questi giorni su un caso che ha fatto parecchio rumore negli Stati Uniti, finito anche in televisione (non a caso allo show della conduttrice gay Ellen DeGeneres) pomposamente intitolato “La Chiesa cattolica spezza il cuore della gente”. Oddio che sarà mai successo? E’ la storia di Shelley Fitzgerald, una donna di 45 anni, lesbica, sposata con un’altra donna, che faceva la consulente di orientamento in una scuola cattolica di Indianapolis, la Roncalli High School. Quando si è saputo del suo matrimonio gay è stata prontamente licenziata. In sua difesa è corsa la madre Pat, anche lei dipendente della scuola da circa 40 anni, come guida spirituale degli studenti. Insomma due ruoli non da poco per una scuola cattolica. Nell’articolo si legge che la madre è una fervente cattolica impegnata in mille attività per la chiesa, della figlia non si conosce se lo sia anche lei. Non è certo infatti che bisogna essere per forza cattolici per lavorare in una scuola cattolica, o almeno così dovrebbe essere, basta impegnarsi a rispettare le guide linea che una istituzione del genere richiede. E non è detto neanche che Shelley indottrinasse i suoi studenti sui matrimoni gay. Questo il giornalista non lo dice. Ma solleva invece un caso sulla “crudeltà” delle istituzioni religiose che trattano così i loro dipendenti, cacciandoli solo per le loro scelte sessuali.
I PUNTI LASCIATI IN SOSPESO
In particolare, a Shelley è stato detto che potrà riavere il suo posto di lavoro se scioglierà il matrimonio, cosa che ha rifiutato, ovviamente. Nel frattempo è stata licenziata anche la madre, decisione che sembra questa sinceramente esagerata. La donna ha scritto una lettera alla scuola in cui dice che il suo cuore è a pezzi dopo tutti gli anni spesi in momenti di grande esperienza di fede con i ragazzi. Non accenna al caso della figlia, se non dicendo che spera “che entrambi gli schieramenti possano riconciliarsi”. Certo la Chiesa di oggi, soprattutto quella americana, coinvolta in centinaia di disgustosi casi di abusi sessuali da parte di preti e vescovi nei confronti di minori o di relazioni omosessuali nei seminari, non ha un gran diritto di giudicare le scelte sessuali degli altri, anzi, e in un caso come questo dovrebbe solo guardare se le persone sono dei buoni professionisti o meno. Ma è anche vero che la Chiesa ha una posizione ben precisa in fatto di matrimoni omosessuali e una istituzione come una scuola cattolica, ha anche diritto di scegliere il personale che reputa più opportuno alla sua missione. Insomma, prima di arrivare alle accuse svolte dal giornalista (“La Chiesa cattolica è troppo incentrata sulla sua ipocrisia”; “Tanti cattolici sostengono il matrimonio fra persone dello stesso sesso e molte parrocchie accolgono gli appartenenti ai gruppi Lgbt”), il giornalista stesso dovrebbe tenere conto di cosa è la Chiesa e del rispetto che va dato a una istituzione che si basa su alcuni precisi fondamenti. Che direbbe se una scuola islamica rifiutasse i gay? Avrebbe coraggio di attaccarla? Se ci sono parrocchie che accolgono i Lgbt o cattolici che sostengono il matrimonio gay, non vuol dire che stiano seguendo la Chiesa come dovrebbero anzi, e non si può dire che siano buoni cattolici solo perché vanno d’accordo con le lobby liberal progressiste come è il New York Times. Insomma, la realtà si giudica da tutte le parti che la compongono, non solo quelle che ci piacciono, e un buon giornalista dovrebbe saperlo.