In una giornata nuovamente caratterizzata da altro spargimento di sangue al confine col Brasile, dove fonti di stampa locali riferiscono che sarebbero almeno 25 i morti dopo che le forze di sicurezza di Caracas hanno cominciato a sparare sulla folla che cercava di fare entrare nel Paese gli aiuti umanitari, l’altra notizia è che il leader dell’opposizione Juan Guaidò ha partecipato, assieme al vicepresidente dell’amministrazione Trump, Mike Pence, a un vertice assieme al cosiddetto Gruppo di Lima in programma a Bogotà (Colombia) e nel quale si farà il punto sulla situazione anche per capire come rispondere alla stessa stretta di Maduro sugli aiuti alla popolazione. E in attesa dell’intervento di Guaidò, intanto si fa strada l’ipotesi di una soluzione militare come vorrebbe Mike Pence, mentre è contrario l’Alto Commissario perla diplomazia Ue, Federica Mogherini, annoverata tra le cosiddette “colombe” che vorrebbero evitare di forzare la mano con Maduro, almeno per il momento. (agg. di R. G. Flore)
SI SPARA SUGLI AIUTI UMANITARI
Il Venezuela è sull’orlo di una guerra civile: una frase detta e stradetta nelle ultime settimane ma mai così “prossima” alla conferma definitiva dopo quanto si è visto nelle scorse 48 ore al confine tra Venezuela e Brasile: gli aiuti umanitari lanciati da Usa e alleati verso l’opposizione e la popolazione venezuelana non solo sono stati respinti dal regime di Maduro ma gli scontri e gli spari delle milizie hanno portato a 25 morti in pochissime ore. La repressione violenta avvenuta a Santa Elena de Uairen rientra nello “scenario” terribile ipotizzato da Guaidó nei suoi nuovi appelli per la pace duratura e l’indizione delle nuove Elezioni libere. Se la stabilità non si trova purtroppo saranno ancora tantissime le vittime che periranno sotto i colpi della dittatura chavista di Caracas: il rappresentante della comunità indigena del municipio di Gran Sabana, Romel Guzamana, ha spiegato alle autorità internazionale come gran parte delle vittime «sia stata uccisa da colpi d’arma da fuoco delle forze di sicurezza fedeli al presidente Nicolas Maduro e degli irregolari chavisti», riporta Repubblica.
NUOVI APPELLI DI GUAIDÓ
Non solo, pare che addirittura i detenuti del carcere di El Dorado siano stati utilizzati con uniformi della Guardia Nazionale per poter sparare e reprimere gli abitanti: la gravissima denuncia arriva a corredo della ferma opposizione del Governo di Maduro nell’accettare gli aiuti umanitari dall’esterno, «gli Stati Uniti vogliono comprarci, non ci avranno mai» rilanciano i fedelissimi del dittatore in un Paese che è in ginocchio da mesi (e non certo, solo, per quest’ultima crisi alla frontiera brasiliana). Il presidente dell’Assemblea Nazionale Juan Guaidò ha sollecitato le potenze straniere a considerare «tutte le opzioni possibili per estromettere dal potere il presidente Nicolas Maduro», nella imminenza della riunione del “Gruppo di Lima” a Bogotà, alla quale parteciperà oggi il vicepresidente Usa, Mike Pence. Per ora Cina e Russia restano dalla parte di Maduro (essendo anche i principali creditori del Venezuela) ma nelle prossime giornate potrebbero giungere accordi con l’Onu per evitare la guerra civile e lanciare un percorso di “normalizzazione” dell’intero Paese sudamericano.