Il recente accordo firmato tra Angela Merkel e Emmanuel Macron ad Aquisgrana ha rimandato molti commentatori a Carlo Magno, che di quella città fece la propria capitale. E non vi è dubbio che anche i due firmatari dell’accordo l’abbiano scelta proprio per questo rimando, come un ritorno ad una unità europea già esistita in passato e della cui guida i loro due Paesi intendono essere eredi. Un rimando del tutto propagandistico, perché le attuali Francia e Germania non possono impossessarsi di un passato che non è loro.
Carlo Magno fondò il suo impero unendo vari popoli germanici (tali erano i franchi che poi diedero il nome alla Francia) e altre nazioni, con la politica e la guerra. Ciò che non è stato particolarmente sottolineato nei vari commenti è che questo impero si chiamava Sacro Romano Impero. Quindi, romano, non germanico, e, soprattutto, sacro, un termine oggi decisamente desueto e che poco si adatta all’attuale Unione Europea. Quell’aggregazione di popoli e nazioni era sì tenuta insieme dal potere dell’imperatore, ma aveva il suo fondamento nella comune religione, quel cristianesimo dal quale l’attuale Ue si è separata, con il rigetto di ogni riferimento alle radici giudaico-cristiane.
A questo proposito, scriveva nel 2005 l’allora cardinale Ratzinger: “Le motivazioni per questo duplice ‘no’ (al riferimento a Dio nella Costituzione e alla menzione delle radici cristiane dell’Europa, ndr) sono più profonde di quel che lasciano pensare le motivazioni avanzate. Presuppongono l’idea che soltanto la cultura illuminista radicale, la quale ha raggiunto il suo pieno sviluppo nel nostro tempo, potrebbe essere costitutiva per l’identità europea. Accanto ad essa possono dunque coesistere differenti culture religiose con i loro rispettivi diritti, a condizione che e nella misura in cui rispettino i criteri della cultura illuminista e si subordinino ad essa”.
La laicista Francia e la sempre più scristianizzata Germania farebbero bene a lasciare in pace Carlo Magno e pensare piuttosto a quali fondamenti vogliono dare a questa Unione, al di là del puro esercizio del potere. La sensazione è che si vogliano riaggiornare e imporre principi illuministi radicali, come diceva Ratzinger, in un Nuovo Mondo in cui la religione sia, finalmente, ridotta al privato. Se questo è l’obiettivo, non si sono fatti bene i conti.
I costruttori di questo Nuovo Mondo sono probabilmente convinti che la loro guerra al cristianesimo stia volgendo al termine e in modo vittorioso: ne è dimostrazione il continuo e diffuso affermarsi di una nuova antropologia. Nel citato discorso, il cardinale Ratzinger affermava che questo “nuovo” uomo ritiene di essere “…in grado, per così dire, di ‘costruire’ da sé l’uomo, che così non viene più al mondo come dono del Creatore, ma come prodotto del nostro agire, prodotto che, pertanto, può anche essere selezionato secondo le esigenze da noi stessi fissate”. Dopo quasi quindici anni, abbiamo di fronte parecchie prove di quanto il cardinale affermava, dall’aborto selettivo all’espandersi dell’eutanasia, anche infantile, alla recente legge dello stato di New York che definisce omicidio solo quello di una persona già nata, legittimando così l’aborto fino al momento della nascita.
I “nuovi costruttori” sembrano, però, tralasciare un fattore importante e che può essere esiziale per il loro progetto: il progressivo espandersi dell’islam in Europa. A differenza del cristianesimo, l’islam non riconosce alcuna distinzione tra sfera religiosa e sfera politica, essendo la seconda sottomessa e strumento della prima. Una tentazione costante anche per il cristianesimo, ma, appunto, una tentazione e non un fattore costituente. Sarà quindi impossibile imporre la “religione laica” dell’illuminismo radicale ai musulmani, nella loro globalità e non solo ai fanatici estremisti. A meno che non riescano a corromperne una gran parte, come avvenuto per il mondo cristiano.
Si profila quindi uno scontro che porrà i cristiani europei di fronte a due attori che tendono a ritenersi unici protagonisti sulla scena, uno scontro che evidenzierà un punto essenziale del magistero di Benedetto XVI: il rapporto tra ragione e fede. Qui il cristianesimo si distingue nettamente dai due antagonisti, di cui il primo riduce la ragione a razionalità, il secondo la considera irrilevante di fronte alla fede. La contrapposizione tra culture, sempre citando Ratzinger, si farà sempre più dura.