Ieri sera a Montevideo si è conclusa la riunione tra i rappresentanti di vari Paesi sulla questione Venezuela: oltre ai due organizzatori dell’evento, cioè Messico e Uruguay in qualità di rappresentanti diplomatici del Venezuela, erano presenti l’Ue con il suo funzionario per gli Affari esteri e le politiche sulla sicurezza, l’italiana Federica Mogherini, e delegazioni provenienti da vari Paesi Ue, Italia inclusa, più Regno Unito, Bolivia, Costa Rica ed Ecuador.
Quella che era iniziata senza molte aspettative, viste le posizioni intransigenti dei vari “blocchi” presenti, invece del topolino che pareva dover uscire dalle stanze, ha partorito delle decisioni che possono trasformarsi in un vero e proprio serio cammino diplomatico per risolvere l’intricata questione.
In primo luogo l’Uruguay si è sfilato dalle posizioni di Messico e Bolivia favorevoli a Maduro, schierandosi con la posizione Ue che pare (e sottolineo il termine) anche incontrare il pieno assenso della nostrana Italia. Il succo della questione è il seguente: con l’accordo di ieri i Paesi partecipanti (tranne ovviamente Messico e Bolivia lo ripetiamo) propongono a Maduro (non chiamandolo più dittatore) di dare inizio da subito all’operazione di emergenza umanitaria e di indire entro il termine fissato di 90 giorni elezioni libere, considerando quelle del maggio scorso illegittime perché viziate da regole non democratiche. La risoluzione non dice apertamente di non riconoscere Maduro come Presidente, però lo sottintende non legittimandolo. Riconoscendo però l’Assemblea generale come organo pienamente decisionale e, indirettamente, l’elezione di Guaidó come Presidente ad interim, quindi in pratica è successo un mezzo miracolo perché inatteso: ora Maduro è più isolato non solo internazionalmente, ma pure nel Continente latinoamericano.
Adesso la partita importante la giocano Putin, e la sua Russia, secondo il punto di vista di molti osservatori, visto che l’Ue ha in mano una carta molto ma molto potente nelle sue mani. Si tratta delle sanzioni economiche che la stessa applica da anni nei confronti della Russia. E che potrebbero servire da contropartita per far sì che Putin o convinca Maduro dell’inopportunità di continuare (sopratutto di rimuovere da subito i container messi di traverso sulle autostrade ai confini, con cui di fatto ha bloccato gli eventuali rifornimenti d’emergenza) oppure di dare il suo assenso alle sanzioni economiche durissime che l’Ue vuole applicare passati i 90 giorni senza elezioni.
Come si vede un Risiko diplomatico abbastanza complesso, ma che ha grandi possibilità di riuscire nel suo intento anche se con conseguenze, sempre nell’ambito diplomatico per fortuna, importanti per il Continente latinoamericano: nonostante in Uruguay il suo partito, il Frente Amplio, mantenga sostanzialmente una posizione chavista, condivisa pure dall’ex Presidente Mujica, il Presidente Tabarez ha deciso di mollare questo “fronte”, anche per evitare lo scontro diretto che i blocchi ai rifornimenti di Maduro facevano presagire. Il fatto però ha creato una spaccatura non solo in Uruguay, ma pure, per ragioni opposte, in Messico che, con la Bolivia è rimasto l’unico Stato favorevole all’attuale Venezuela. Cosa che rafforza il blocco del Grupo de Lima, l’associazione di Paesi latinoamericani costituitasi pochi anni fa e che è allineata sulle posizioni Ue. Mentre in Messico si sta aprendo una crisi politica per essersi mantenuto fedele al regime di Caracas.
Altra cosa importante da segnalare: Guaidó ha chiesto aiuto al Papa sulla questione, ma ancora, al contrario di Maduro, non ha chiesto il suo intervento diplomatico. Che in ogni caso sarà una missione auspicabile solo in caso di mancanza di soluzioni alternative, viste le difficoltà che proprio la Chiesa ha subito nelle trattative precedenti, che si sono rivelate delle colossali perdite di tempo. Oltretutto il Cardinale Parolin, Segretario di Stato Vaticano, è stato Nunzio Apostolico a Caracas e quindi il Venezuela lo conosce molto bene: se finora la situazione è solo peggiorata, non si vede come, con gli stessi attori, ora le cose possano cambiare. Ma Montevideo ha aperto una speranza: ora occorrerebbe un miracolo superiore a quello che ha convinto l’Italia a cambiare posizione sulla triste vicenda. Nostro Signore ascoltaci…