Nuovi scontri questa mattina a Caracas tra la polizia del Governo Maduro e i manifestanti che da mesi chiedono le dimissioni e la riedizione delle Elezioni, stavolta però “libere”: dopo l’indagine comminata contro Guaidó ieri è chiaro che gli animi sono ancora più esacerbati, visto che il dittatore imputa al Presidente dell’Assemblea Nazionale e gli Usa la causa di un blackout devastante che porta il Paese sempre più verso il baratro sociale, politico ed economico. «Specialmente negli ultimi giorni siamo stati testimoni dell’incapacità del regime di affrontare crisi elettriche che sono il prodotto della loro mancanza di gestione e pigrizia. Un’industria elettrica abbandonata, deteriorata e trasformata, come tutte le imprese statali, in un braccio politico del partito del regime, ha causato un collasso delle cui conseguenze noi venezuelani continuiamo a soffrire», scrive l’arcivescovo di Ciudad Bolivar, Ulises Gutiérrez. Quello è lo stato da dove si rifornisce l’80% del Venezuela e la Chiesa locale vede chiaramente chi sia il vero responsabile del maledetto blackout che affama la popolazione: «il regime è responsabile, hanno colpito ospedali e cliniche, servizi pubblici, comunicazioni, attività bancarie, paralizzando il Paese come mai nella sua storia. È morto un numero significativo di cittadini che non hanno ricevuto l’attenzione medica necessaria per la mancanza di energia elettrica». Infine, sempre Gutierrez scrive nella nota ufficiale come il Paese esige un cambiamento urgente che possa riportare il Venezuela «sulla strada del progresso, della pace, della giustizia e della democrazia».
GUAIDÒ INDAGATO PER IL BLACKOUT
Nuovi aggiornamenti dal Venezuela, tra la tensione Maduro-Trump e il blackout che ha colpito Caracas e dintorni. Come vi abbiamo riportato, il leader dell’opposizione Juan Guaidò è finito al centro di un’indagine del procuratore generale Tarek Saab a proposito dell’assenza di energia elettrica. Una prova rivelatrice, secondo Saab, sarebbe un tweet diffuso dal presidente dell’Assemblea Nazionale poco dopo l’interruzione dell’erogazione elettrica: «Il Venezuela capisce chiaramente che la luce arriva con la fine dell’usurpazione». Ma non solo: Saab ha parlato anche di un’escalation «sempre più disperata con l’obiettivo di rovesciare un governo costituito legittimamente». Un’altra inchiesta, dunque, che coinvolge Guaidò dopo quella aperta lo scorso novembre per presunte irregolarità finanziarie. Il procuratore generale ha evidenziato inoltre che Guaidò non ha rispettato le misure restrittive imposte dal Tribunale Supremo di Giustizia. (Aggiornamento di Massimo Balsamo)
GUAIDO’ INDAGATO
Clima di alta tensione in Venezuela, il blackout ha messo in ginocchio il Paese e arrivano i primi sviluppi sul fronte giudiziario. Come riporta la stampa locale, il procuratore generale Tarek William Saab ha aperto un’indagine sul capo dell’opposizione Juan Guaidò. L’ipotesi è che quest’ultimo abbia preso parte a un attacco contro la rete elettrica del Paese con l’obiettivo di destabilizzare il governo di Nicolas Maduro. Ricordiamo che l’energia elettrica è assente dallo scorso giovedì, un problema che ha coinvolto gran parte del territorio nazionale. E proprio Guaidò è finito nel mirino dell’esecutivo negli ultimi giorni, ritenuto insieme agli Usa un cospiratore, mentre l’opposizione sostiene che i problemi sono legati alle condizioni obsolete delle infrastrutture, all’assenza di investimenti e alla manutenzione inesistente. (Aggiornamento di Massimo Balsamo)
USA RITIRANO CORPO DIPLOMATICO
Gli Stati Uniti d’America hanno deciso di ritirare da oggi tutto il restante personale diplomatico che era rimasto in Venezuela dopo le contestassime elezioni presidenziali e dopo lo scoppio della guerra civile tra Guaidó e il dittatore Nicolas Maduro: il Dipartimento di Stato Usa stamane ha reso noto la decisione della Casa Bianca nel mentre della gravissima situazione di blackout energetico in atto da ormai una settimana a Caracas e nella gran parte del Paese dilaniato dalle lotte contro il potere chavista. Il ministro della Comunicazione, Jorge Rodriguez, in una dichiarazione di qualche ora fa ha spiegato che «sebbene i lavori per ristabilire l’erogazione dell’elettricità stanno procedendo ad ampio raggio, sono ormai cinque gli attacchi criminali sferrati contro il nostro sistema elettrico nazionale da giovedì scorso»: il problema è che non ha specificato la natura di tali attacchi, riferendo invece solo l’eventuale colpa criminale all’origine, ovviamente gli Stati Uniti. «Ci sentiamo profondamente commossi ed orgogliosi al vedere il coraggio con il quale i nostri compatrioti stanno affrontando questa atroce aggressione contro il sistema elettrico nazionale. Questa è un’altra vittoria che rivendichiamo, in attesa della vittoria finale contro questo attentato», attacca il Ministro di Maduro.
APPELLI DI GUAIDÓ E MADURO
La versione dell’opposizione è ovviamente diametralmente opposta e giusto nelle scorse ore il Presidente della Assemblea Nazionale Juan Guaidó ha fatto un nuovo appello alla comunità internazionale per la costante situazione di emergenza sociale ed energetica che patisce il Venezuela: «In quattro giorni il paese è andato indietro di cento anni. Anche se l’usurpatore continua a dire che qui non succede niente, qui in Venezuela non esiste nessuna normalità: ci sono i primi saccheggi, i bambini muoiono negli ospedali e la gente è disperata», ha rilanciato in Parlamento il leader dell’opposizione che da tempo prova a concordare con Usa e altri Paesi del Sud America una pacifica conclusione dell’esperienza Maduro con l’indizione delle Elezioni Politiche. La replica del dittatore arriva prima dai social, dove scrive «si continua a fare una forte battaglia per la liberazione del Sistema Elettrico Nazionale, stiamo superando i problemi progressivamente, proteggendo il sistema dagli attacchi lanciati per impedirne il ricollegamento»; poi in un lungo intervento sulla tv di stato è ancora Maduro a rilanciare «Il ripristino della corrente elettrica in Venezuela avverrà a poco a poco e i blackout sono stati opera di menti criminali. Il Governo imperialista degli Stati Uniti ha ordinato questo attacco», ma anche in questo caso non è stata presentata una singola prova a sostegno della sua tesi. La conclusione è un nuovo appello alla parte del Paese che ancora lo segue, «il Venezuela non è ancora stabilizzato e altri attacchi potrebbero essere imminenti. Siamo dalla parte giusta dalla storia».