E’ caos Brexit in Gran Bretagna. Nella serata di ieri il parlamento ha votato per la proroga dell’uscita dall’Unione Europea ma la questione è tutt’altro che risolta. Come ampiamente ipotizzabile, la premier May non riuscirà a far passare l’accordo con l’UE già preso in precedenza e già bocciato martedì, di conseguenza Londra dovrà chiedere un “delay” fino alla fine del 2019, ed essere approvato all’unanimità dai 27 stati membri. Ne consegue che i cittadini britannici saranno chiamati alle urne il prossimo 26 maggio, quando si terranno le elezioni europee per il rinnovo del parlamento e dei vertici. In poche parole, la Gran Bretagna voterà qualcosa di cui non le interessa proprio nulla, ma essendo ufficialmente ancora parte dell’Ue dovrà adattarsi alle regole di Bruxelles. Sulla vicenda si è intanto espresso Antonio Tajani, il presidente del parlamento europeo, che ai microfoni di Radio radicale ha spiegato: «Per il Parlamento europeo la priorità sono i tre milioni e seicentomila cittadini europei che vivono nel Regno Unito, tra questi ci sono seicentomila italiani». Tajani ha affrontato anche l’annosa questione del backstop: «Vogliamo che i loro diritti non vengano toccati, così come non vogliamo che una frontiera flessibile tra Irlanda del Nord e la Repubblica di Irlanda, senza ulteriori controlli, permetta di far entrare nei nostri mercati prodotti agroalimentari, prodotti animali che non rispettano le leggi, che creano una concorrenza sleale nei confronti della nostra produzione agroalimentare, rischiando di danneggiare la salute dei cittadini». (aggiornamento di Davide Giancristofaro)
BREXIT, OK ALLA PROROGA
Dall’Europa l’invito-annuncio è chiaro: la proroga la possiamo concedere ma non al buio. Così rilanciano dall’Unione Europea poche ore dopo il voto positivo di ieri sera in Parlamento che invita la May a concordare una proroga “breve” per ridiscutere i tempi necessari ad una Brexit idonea per tutti: sarà il Consiglio Ue a considerare tale richiesta «dando la priorità alla necessità di assicurare il funzionamento delle istituzioni Ue e tenendo conto delle ragioni addotte per la durata di una possibile proroga», fanno sapere dalla Commissione Ue stamattina. Subito dopo il voto a Londra è scattata la rete di contatti ad alto livello politico tra Bruxelles e le capitali europee: mercoledì il parlamento Uk si riunisce di nuovo e giovedì arrivano a Bruxelles i capi di stato e di governo, compresa ovviamente la premier May. L’obiettivo centrale per Londra è quello di non prendere parte alle Elezioni Europee di fine maggio ma il tempo è sempre “stretto” e il recente passato insegna come il Parlamento e il Governo non siano per nulla in stretto “legame”.
I DUE POSSIBILI SCENARI
Nella serata di ieri il parlamento britannico ha votato in favore di un’estensione della Brexit. Con 412 voti a favore e 202 contrari, il premier Theresa May incassa una piccola vittoria dopo due giorni di capitolazioni storiche. A questo punto si aprono due diversi scenari, e molto dipenderà dal prossimo voto della House of common in programma mercoledì 20 marzo: se il primo ministro dovesse strappare un clamoroso sì all’accordo con l’Unione Europea, già bocciato però nella serata di martedì, a quel punto l’estensione della Brexit dovrebbe essere di breve durata, indicativamente entro la fine di giugno, tenendo conto che il 26 maggio vi saranno le elezioni europee. Nel caso in cui, ipotesi più probabile, il deal venisse nuovamente bocciato dai parlamenti, a quel punto verrebbe richiesta un’estensione maggiore, molto probabilmente fino alla fine del 2019. L’Unione Europea è pronta a concedere il delay ma solamente per un valido motivo e solo nel caso in cui vi sia l’unanimità dei 27 paesi della stessa Ue. Si apre quindi un terzo possibile scenario qualora uno degli stati membri rifiutasse di concedere la proroga: nuove elezioni o probabile secondo referendum. (aggiornamento di Davide Giancristofaro)
BREXIT, SÌ DEL PARLAMENTO AL RINVIO
Ok di Westminster alla richiesta di rinvio: terzo voto sulla Brexit nella Camera dei Comuni del Parlamento britannico, con il via libera di Londra al governo di Theresa May per chiedere all’Unione Europea un rinvio breve dal 29 marzo al 30 giugno 2019. La Commissione dell’Unione Europea ha ribadito che non è automatico ma «è necessaria l’unanimità», con i leader dei 27 Paesi Ue che dovranno prendere una decisione. Il 29 marzo, comunque, si avvicina e il capo negoziatore di Bruxelles Michael Barnier ha ribadito che la «situazione è grave, bisogna prepararsi allo scenario di un no deal». E Donald Trump mette nel mirino la May: secondo il leader Usa, la premier londinese «non ha ascoltato» i suoi consigli. Intervenuto ai microfoni dei cronisti a margine dell’incontro con il primo ministro irlandese Leo Varadkar, il tycoon ha affermato di voler restare fuori dai negoziati, evidenziando che questi «devono andare avanti, anche se dovevano essere portati avanti in maniera diversa». (Aggiornamento di Massimo Balsamo)
BREXIT, PASSA MOZIONE MAY
La Premier May ottiene il via libera alla sua mozione presentata in Parlamento sul “rinvio breve” della Brexit: con 412 sì e 202 no la leader Tory ora è incaricata nel chiedere all’Europa un rinvio del divorzio dal 29 marzo al 30 giugno, un giorno prima dell’ingresso ufficiale degli eurodeputati a Bruxelles in modo da evitare al Regno Unito di partecipare alle Elezioni Europee. L’obiettivo della premier May, con l’appoggio (per ora) di Westminster, è che la prossima settimana potrà ripresentare per la terza volta il suo accordo con l’Ue sperando che i “falchi brexiters” davanti al timore di un no-deal o peggio di una Brexit “sfumata”, possano questa volta votare a favore. Se anche nel terzo voto (da tenersi entro mercoledì) sull’accordo Londra-Bruxelles il piano della May venisse bocciato, allora il governo inglese chiederà in ogni caso il rinvio della Brexit, ma i termini saranno in quel caso nelle mani dell’Ue. Con la terza bocciatura Londra dovrà chiedere all’Europa un rinvio più lungo (a 21 mesi) a fronte di un piano assai più cospicuo che ancora nutre diversi dubbi: secondo referendum, elezioni anticipate, nuova maggioranza in Parlamento, tutto però con il “cruccio” ingente di aver rimandato di nuovo il divorzio e soprattutto avendo dovuto eleggere nuovi eurodeputati a Bruxelles che potrebbero in qualche modo ritardare (e di molto) l’uscita voluta e votata nel Referendum del giugno 2016.
VOTO MAY SUL RINVIO
La terza sera consecutiva di “fuoco” in Parlamento vedrà un nuovo voto, sempre con la Premier May in “bilico”: sull’emendamento “H” da poco Westminster ha respinto con 85 voti favorevoli e oltre 300 contrari il primo emendamento presentato dalla mozione di Theresa May in merito al rinvio della Brexit con una richiesta di dilazione lunga abbastanza per poter permettere lo svolgimento di un nuovo Referendum sulla separazione definitiva tra Ue e Regno Unito. È naufragata la prima ipotesi, quella del Referendum bis, oggettivamente la meno probabile di soluzione dell’impasse dovuto al doppio voto nei giorni scorsi: prima l’affossamento dell’accordo May-Juncker e poi ieri la bocciatura del no-deal. Ora bisogna scegliere quale accordo potrà essere discusso, con l’Unione Europea che si è detta disponibile ad allungare i tempi dell’uscita (ben oltre il 29 marzo) se però dal Parlamento Uk fosse giunta una richiesta unitaria che ponga fine a mesi di discussioni, rinvii e idee tutt’altro che “chiare”.
BREXIT IL “NODO” EUROPEE
In uno dei peggiori momenti della democrazia parlamentare inglese va decisa la scelta forse più importante della storia recente britannica: questo sera si vota di nuovo sul rinvio della Brexit e la Premier May chiede sostanzialmente una breve o lunga “proroga” per poi riorganizzare le forze e tentare l’ennesimo “azzardo” sull’asse Londra-Bruxelles. In caso di voto favorevole al rinvio dei deputati, si aprono due scenari, segnala il Sole 24 ore: «un rinvio breve o un rinvio più esteso, capace anche di scavalcare la scadenza delle elezioni europee e mettere a rischio l’uscita effettiva dell’Isola dalla Ue». La May spinge per la prima opzione ma il Parlamento è tutt’altro che dalla sua parte e nelle prossime ore potrebbe ancora succedere di tutto. Se infatti il suo accordo sarà bocciato per la terza volta, allora sarà necessario chiedere una estensione molto più lunga: in quel caso però Londra dovrà prendere parte alle elezioni europee di fine maggio. Lo ha ben spiegato oggi la portavoce della Commissione Ue Margaritis Schinas: «Per il tempo che il Regno Unito fa parte dell’Ue servono le elezioni». In una dettagliata analisi dei vari scenari sulla Brexit, l’avocato generale della Corte di giustizia europea Eleanor Sharpston sentenzia «Se l’attuale Accordo di divorzio viene approvato a Westminster è molto probabile che il Regno Unito debba chiedere una proroga di 2-3 mesi, al fine di mettere in campo le misure necessarie per attuarlo. Poiché ci sarebbe mutuo interesse nel garantire tale estensione, è improbabile che ottenerlo, in quel contesto, possa presentare grandi difficoltà».