All’annuncio di Theresa May, che durante il Question Time ai Comuni, ha dichiarato di aver inviato all’Ue una lettera in cui chiede un rinvio della Brexit breve, limitato al 30 giugno, è seguita la dura replica del leader dell’opposizione, Jeremy Corbyn. Il capo dei Laburisti, come riportato da L’Huffington Post, ha accusato il Governo Tory di “incompetenza” e la premier Theresa May, “di non avere un piano”. Corbyn ha detto che anche lui andrà a Bruxelles prima del vertice Ue per discutere del suo piano B con il capo negoziatore Michel Barnier e i vertici europei. Il leader del Labour Party ha sfidato May a rinunciare allo spauracchio del no deal con l’Europa e ad accettare un accordo di compromesso, e dunque alternativo, a quello da lei stilato e bocciato dal Parlamento. Corbyn ha poi tuonato:”Descrivere il dibattito parlamentare come un cedimento (all’Ue) non è una manifestazione di gran rispetto verso il processo democratico che siamo tenuti a onorare qui”. Le sue frasi sono da leggere in risposta a quelle pronunciate pochi minuti prima dalla May, che aveva dichiarato: “Questa Camera s’è concessa troppo a lungo all’Europa: è tempo di attuare la volontà popolare, come il popolo merita”. (agg. di Dario D’Angelo)



EUROPEE SI O EUROPEE NO?

Nel discorso tenuto alla Camera inglese, la Premier May ha annunciato la lettera alle autorità europee per chiedere ufficiale rinvio della Brexit con scadenza al 30 giugno invece che l’imminente 29 marzo: «Bisogna portare a termine la Brexit come ci ha chiesto il popolo britannico e quindi, visto che il mio accordo è stato bocciato la settimana scorsa, chiederò al presidente del Consiglio europeo Donald Tusk una proroga fino al 30 giugno per far approvare il piano dalla Camera dei Comuni e completare tutto il passaggio della legislazione necessaria in tempo», ma non oltre garantisce la Premier Tory. Il “gelo” però, oltre allo scontro accesissimo a Westminster con il laburista Corbyn arriva dalla stessa Unione Europea: secondo un documento della Commissione europea visto dall’agenzia di stampa Reuters, «l’Europa non concederebbe una estensione fino al 30 giugno perché legalmente e politicamente complicata». A questo punto, la scelta sarebbe tra arrivare «massimo il 23 maggio – (ovvero prima delle elezioni europee) – oppure almeno fino alla fine del 2019». Secondo la May la scadenza entro il 30 giugno non costringe gli inglesi a partecipare al voto europeo visto che gli eurodeputati si insediano l’1 luglio ma secondo Bruxelles invece tale opzione è molto rischiosa ed esporrebbe a possibili ricorsi post-voto che minerebbero tanto le Europee quanto la stessa Brexit. Pertanto, secondo la Ue, gli inglesi dovrebbero votare alle Europee se vogliono evitare il no deal del prossimo 29 marzo. (agg. di Niccolò Magnani)



I GUAI DELLA BREXIT

A 10 giorni esatti dalla scadenza del termine, la Brexit resta un grande e ingarbugliato caos. La Gran Bretagna non ha ancora di fatto trovato un accordo d’uscita con l’Unione Europea, e nel contempo non è chiaro se gli stati membri dell’UE concederanno la proroga richiesta, ne tanto meno di quanto questa sarà. La cosa certa è che ai politici di Londra non piace l’intesa raggiunta dalla premier May con Bruxelles e lo si capisce da quanto accaduto in queste ore, il rifiuto ad una terza votazione sulla stessa intesa. Il primo ministro sperava che lo spettro di un lungo rinvio della Brexit riuscisse a convincere i brexiters più incalliti, ma così non è stato, ed è molto probabile che il parlamento non conceda nemmeno il voto, come deciso dallo speaker dei Comuni John Bercow, che ha escluso appunto una terza mozione a meno di sostanziali modifiche all’accordo che però non sembrano plausibili.



BREXIT, NO AL TERZO VOTO: PREMIER MAY GELATA

Del resto i vertici dell’Unione Europea lo hanno ribadito più volte “Nessun altro accordo è possibile, prendere o lasciare”, di conseguenza lo stallo è totale. La Gran Bretagna appare catapultata in un circolo vizioso in cui non sembra esservi via d’uscita, se non quella di accettare l’intesa con l’UE. Anche un’eventuale proroga della Brexit potrebbe non cambiare lo scenario, visto che da qui alla fine dell’anno (la possibile nuova data di scadenza), la posizione di Bruxelles non cambierà. La presa di posizione di Bercow, che ha fatto infuriare molti, si basa su una convenzione parlamentare risalente addirittura al 1604: «È una regola necessaria – ha detto lo stesso – per garantire un utilizzo adeguato del tempo della Camera e il rispetto delle decisioni che prende». Ed in effetti sarebbe praticamente tempo sprecato rivotare una mozione che la settimana scorsa è già stata bocciata. Mancano 10 giorni alla Brexit, nessuno ha la soluzione per uscire dall’empasse.