“Abbiamo ucciso un crociato”, sono le parole contenute in un comunicato dell’Isis in cui si parla della morte di Lorenzo Orsetti, un italiano che da tempo combatteva con i curdi in Siria. Orsetti, di cui è stata diffusa anche una foto del corpo senza vita, è morto nella battaglia che dura da settimane a Baghuz, l’ultima roccaforte dell’Isis, dove si concentrano gli ultimi miliziani dello stato islamico, una battaglia difficile da chiudere perché nella zona interessata si trovano anche moltissimi civili. Fausto Biloslavo, inviato di guerra per Il Giornale, aveva conosciuto personalmente Orsetti in Siria: “Era un forte idealista affascinato dalla realtà dei curdi che hanno saputo creare uno stato unico nel Medio Oriente, una democrazia dove le donne hanno pari diritti. Non era lì solo per combattere, il suo desiderio era vivere in questa sorta di realtà inedita pieno di fascino”.
Secondo quanto si legge, Lorenzo Orsetti era in Siria da quasi due anni, è così?
Sì, era da tempo con i curdi e aveva intenzione di restare molto a lungo, se non addirittura per sempre. L’ho incontrato l’ultima volta lo scorso mese, reduce dai combattimenti a Baghuz perché questi combattenti fanno turni di un mese. Faceva parte di questa brigata antifascista internazionale composta da persone di tutto il mondo che si sono innamorate della causa curda.
Che impressione ti aveva fatto?
Era un veterano, non era un novellino. Aveva anche combattuto contro i turchi e nell’ultima parte dell’offensiva contro l’Isis. Diceva sempre che non era un eroe, preferiva indicare così i curdi. Mi mostrò il proiettile che teneva in tasca, dicendomi che l’avrebbe usato contro se stesso piuttosto che cadere vivo nelle mani dell’Isis. Altri combattenti internazionali sono stati uccisi dall’Isis, i loro corpi fatti a pezzi, tutto messo su Internet, la solita tattica propagandistica dell’orrore. Vedeva il mondo diversamente da me, lui era di sinistra, pensava con ragione di combattere dalla parte giusta contro una minaccia che è contro il mondo intero e su questo aveva ragione.
Una brigata internazionale: ci sono molti altri italiani?
Gli italiani sono pochi, sono arrivati in Siria negli ultimi due anni quando è cominciato l’assedio di Raqqa, una trentina di persone tra cui anche delle donne. Il grosso di questa brigata è fatto da inglesi, francesi e americani. Si è formata all’inizio della grande battaglia di Raqqa, la capitale storica dello stato islamico. Tra gli italiani c’erano anarchici, No Tav e mi raccontavano stupiti di trovarsi gomito a gomito con ex legionari francesi ed ex marines. Tutta gente che pensa che quella dei curdi sia una causa giusta. Erano stupiti di questa strana fratellanza internazionale. Ma come dicevo le bandiere nere sono una minaccia per il mondo intero, era questa idea a muoverli.
Come si possono definire: degli eroi o dei romantici?
Chiamiamoli foreign fighters dalla parte giusta. Sicuramente Lorenzo era molto idealista, uno che ha detto: metto a disposizione anche la vita oltre alle idee. Non lo faceva certo per i soldi, al massimo queste persone hanno qualche soldo per le sigarette.
Hai detto che era molto affascinato dai curdi e che forse sarebbe rimasto a vivere lì. Cosa puoi dirci di più?
Da due anni i curdi combattono con l’appoggio americano il loro vero nemico che è la Turchia. Orsetti aveva combattuto a Erin contro i turchi e mi diceva che era come il Vietnam, città rase al suolo dai caccia turchi, bombardamenti selvaggi. I turchi a loro volta li considerano dei terroristi perché hanno naturalmente legami con il Pkk. La sua scelta non era solo quella di prendere le armi, aveva anche una passione per il mondo che i curdi hanno creato nel nordest della Siria. A Lorenzo piaceva la loro democrazia, l’uguaglianza con le donne che combattono e comandano, l’idea un po’ rivoluzionaria di un mondo che i curdi sono riusciti a creare in una zona della Siria anche piuttosto vasta.
(Paolo Vites)