OEGSTGEEST (Olanda) — È stata una mattinata caotica quella di ieri. La circolazione dei mezzi pubblici è iniziata con notevoli ritardi rispetto agli orari ufficiali, soprattutto per i treni, a causa di uno sciopero proclamato dai principali sindacati per ottenere trattamenti pensionistici migliori per il personale delle varie aziende di trasporto. I disagi sono stati pesanti e molta gente si è ritrovata a fare i conti con pesanti ritardi nel viaggio verso il posto di lavoro. Anche per questo la notizia della sparatoria in un tram di Utrecht, nel cuore del paese, è rimbalza inizialmente molto “smorzata” tra la gente che ancora si trovava in viaggio, o aveva da poco raggiunto il luogo di lavoro. Il tam-tam è stato più sostenuto sui social network e sono stati soprattutto gli “expat” a ricevere messaggi preoccupati da amici e familiari all’estero.



Il primo bilancio filtrato parlava di tre morti e nove feriti, di cui tre gravi. Successivamente sarebbe arrivata la correzione ufficiale da parte della polizia: i feriti sono in realtà cinque. Si è parlato subito di terrorismo: le unità antiterrorismo sono arrivate immediatamente sul posto, si tratta di un’ampia piazza attraversata dai binari della tramvia, non lontano dalla stazione ferroviaria di Utrecht, capolinea della linea del tram in cui si è consumata la tragedia. La chiamata al numero di emergenza, intorno alle 10.45, parlava di spari “all’interno del tram”, come riporta Nos, la radiotelevisione olandese. Un testimone oculare, Jimmy de Koster, ha invece raccontato alla tv locale Rtv Utrecht di aver visto “una donna a terra” e di aver udito “tre spari”. Quattro persone si sarebbero poi avvicinate per aiutare la donna che gridava “Non ho fatto niente”, ma un’ulteriore salva di spari li avrebbe messi in fuga, spingendo anche il testimone a cercare riparo. Un racconto che porrebbe quindi la situazione almeno parzialmente all’esterno del tram.



L’allerta antiterrorismo è stata subito alzata a livello 5, il massimo, per la regione di Utrecht. Nel primo pomeriggio la Polizia ha diffuso attraverso i social network e la televisione le foto del sospettato principale: Gokmen Tanis, 37 anni, di nazionalità turca, con precedenti penali. Tanis è comparso in tribunale solo due settimane fa, accusato di aver violentato una donna nel 2017. Il processo sarebbe ancora in corso. Con l’inizio della caccia all’uomo è arrivata anche la raccomandazione da parte del sindaco di Utrecht e delle autorità di non uscire da case e uffici. Le scuole e l’università sono state bloccate, Utrecht si è trasformata in una città fantasma.



Mentre si diffonde la notizia che, secondo alcuni conoscenti, quello di Tanis sarebbe in realtà un “delitto d’onore”, il clima si surriscalda: siamo a soli due giorni dalle elezioni per gli “Stati Provinciali” olandesi.

Con il passare del tempo sorprende la mancanza di informazioni sulle vittime, come anche di qualsiasi dettaglio sulla dinamica della sparatoria. Il paese vive un momento di panico quando, nel pomeriggio, la piazza principale di Den Haag viene evacuata a causa di una valigia abbandonata, che si rivelerà vuota. Allarme rientrato in verità molto rapidamente.

Con il ritrovamento di una Clio rossa rubata prima della sparatoria viene anche diffusa la notizia di un arresto, senza che siano forniti ulteriori dettagli, se non che non si tratta ancora di Tanis, il sospettato principale. Ma il cerchio intorno al 37enne turco si stringe e poco prima della conferenza stampa programmata dal premier olandese Rutte insieme al ministro della Giustizia Grapperhaus arriva l’annuncio dell’arresto di Tanis.

Il premier, precisando di parlare in veste istituzionale e non come rappresentante del proprio partito (Vvd, Partito popolare per la libertà e la democrazia), ha comunque sottolineato come non si possa ancora escludere il movente terroristico, precisando che l’Olanda “non cederà al terrorismo. Un atto di terrorismo è un attacco alla nostra civiltà e alla nostra società aperta e tollerante. La nostra democrazia è più forte di ogni fanatismo o intolleranza”. Non potevano naturalmente mancare, in piena campagna elettorale, le insinuazioni del leader populista Geert Wilders, che ha chiesto un dibattito parlamentare a Rutte e Grapperhaus perché “l’Olanda ha il diritto di sapere la verità”.

Con l’arresto del sospettato principale il livello di allerta nella regione di Utrecht è stato riportato a 4, come nel resto del paese. E in serata è trapelata la notizia che una delle vittime sarebbe il padre di due alunni del Christelijk Gymnasium (un liceo cristiano di orientamento protestante).

In serata il quotidiano Algemeen Dagblad ha riportato testimonianze dirette di vicini e conoscenti di Tanis, dipingendolo come un tossicodipendente dedito allo spaccio, oltre che come una persona con gravi problemi relazionali e mentali. Un quadro che allontanerebbe progressivamente l’ipotesi terrorismo.

Per la giornata di oggi in tutte le scuole e i palazzi pubblici le bandiere saranno a mezz’asta. Il dolore e la tristezza rimarranno a lungo, la paura probabilmente no. Anche se quando si parla di integrazione i problemi sono ovunque, e la stessa Olanda ha le sue zone grigie e i suoi Molenbeek, l’aria che si respira è sicuramente più serena. I tempi di Theo van Gogh sembrano lontani: sono più vicine e attuali le parole del sindaco di Rotterdam Ahmed Aboutaleb, musulmano, che dopo il massacro della redazione di Charlie Hebdo nel 2015 in un celebre discorso televisivo si espresse senza mezzi termini nei confronti dei predicatori di odio. Questa è ancora oggi l’Olanda; un paese che in questi giorni si raccoglierà intorno alle vittime di questa follia, ma che rimane un modello di integrazione e convivenza per il resto dell’Europa.