E alla fine le voci vengono confermate: la Premier Theresa May ha detto chiaro e tondo ai suoi deputati Tory «sono pronta a lasciare l’incarico in anticipo pur di assicurare una Brexit ordinata». La premier inglese, secondo quanto parte del suo stesso partito richiedeva, offre le dimissioni come estremo gesto prima di far approvare quello stesso testo già bocciato due volte dal Parlamento di Westminster: le fonti di Sky News al momento non citano l’indicazione di una data precisa per tali dimissioni ma di sicuro la rissosa riunione di gabinetto a Downing Street potrebbe portare a clamorose svolte nelle prossime ore, con il No-deal sempre come spettro sullo sfondo. Sono ben 8 le proposte parlamentari di piano B sulla Brexit alternative all’accordo di Theresa May ammesse dallo speaker John Bercow al voto alla Camera dei Comuni dopo la nuova giornata di “chiasso” a Westminster: «una maggioranza di 17,4 milioni di persone votò a favore dell’uscita dall’Ue. Le proposte di un piano B porterebbero invece solo a un rinvio, a un incertezza e forse a impedire la Brexit», avverte allarmata la Premier May. (agg. di Niccolò Magnani)



PAESI UE PRONTI AL NO DEAL

Dopo i Tory, a schierarsi praticamente in formazione completa contro la Premier May ora sono anche gli alleati di Governo del Dup (nordirlandesi): gli unionisti hanno fatto sapere di preferire un rinvio della Brexit di un anno piuttosto che approvare l’accordo di divorzio concordato dalla Commissione Ue e dalla leader di Downing Street. Il portavoce del Dup Sammy Wilson, in un intervento sul Daily Telegraph, si schiera contro tutti quei brexiters che ora ritengono come un male minore l’accordo May-Juncker: «Se saremo costretti ad una   estensione di un anno almeno potremo dire la nostra sulle questioni  che ci riguardano durante questo periodo». In attesa di capire se quelle “voci” che parlano di dimissioni domani durante la riunione di gabinetto della May, i Paesi Ue continuano a prepararsi qualora dovesse arrivare il tanto spettrale “no deal”: l’Italia in particolare, ha fatto sapere oggi il Ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi, è pronta per approvare il decreto chiamato per l’appunto “Brexit”. «In caso di no deal non dobbiamo dipingere scenari catastrofici, anche se non è una situazione positiva per l’Europa e per l’Italia, che ha un saldo positivo sulla bilancia commerciale con la Gran Bretagna, ma sotto il profilo della tutela dei cittadini abbiamo già predisposto le misure necessarie, come il decreto Brexit», spiega il titolare della Farnesina durante l’audizione alle Commissioni Esteri riunite di Camera e Senato, aggiungendo «Nel decreto Brexit ci sono misure che riguardano i cittadini e i sistemi finanziari. Inoltre lavoriamo con le istituzioni europee che stanno adottando regolamenti e decisioni per gestire questa ipotesi di mancato accordo». (agg. di Niccolò Magnani)



VOCI SU DIMISSIONI MAY

Voci clamorose in arrivo dal Regno Unite danno come assai probabili le imminenti dimissioni della Premier Theresa May: al netto delle tante volte in cui, negli ultimi mesi, voci del genere poi si sono rivelate del tutto infondate, la situazione di totale paralisi della leader Tory potrebbe consigliare qualsiasi tipo di decisione da prendere per evitare il collasso inglese col no-deal. Domani 27 marzo la May ha annunciato la riunione plenaria con il gruppo parlamentare dei Tory e secondo i media inglesi potrebbe essere quella l’occasione per porre (a porte chiuse) la tabella di marcia verso le dimissioni da Presidente del Governo, ottenendo in cambio una via libera al suo stesso piano-negoziato sulla Brexit. Non sono pochi i ministri e i deputati di tutti i partiti a parlare già di discioglimento della Camera dei Comuni ed elezioni anticipate, «considerate come l’unico modo per coalizzare una maggioranza in grado di arrivare effettivamente alla Brexit», riporta l’Huffington Post. Le prossime ore decisive, con il Parlamento comunque nel caos per provare a capire quale sia il migliore “piano B” da improntare per l’immediato futuro: mai come questa volta tale “sentenza” potrà rivelarsi davvero sensata.. (agg. di Niccolò Magnani)



SI DIMETTONO 3 SOTTOSEGRETARI

Nuovo capitolo nel confusionario affare Brexit in Gran Bretagna. Il parlamento ha preso in mano la vicenda, “esonerando” di fatto la Premier May. Toccherà ora alla Camera dei Comuni decidere come proseguire in questa fase delicata dell’uscita dall’Unione Europea. Una mossa che ha fatto già cadere le prime teste, leggasi Richard Harrington, sottosegretario alle Attività Produttive, Alistair Bury, sottosegretario agli Esteri, e Steve Brine, sottosegretario alla Sanità. La loro decisione arriva dopo che gli stessi hanno deciso di votare in favore di un emendamento che affida appunto al parlamento maggiori poteri in tema di Brexit. Ma la Premier non molla: «C’è un lavoro da fare – le parole ai Comuni a una deputata indipendentista scozzese dell’Snp – e intendo continuare a svolgerlo». Difficile capire cosa succederà nei prossimi giorni, ma la cosa pressoché certa è che la revoca dell’articolo 50, o un nuovo referendum, come desiderato da milioni di britannici, non sembrerebbero essere due ipotesi prese in considerazione: sarà Brexit ad ogni costo. (aggiornamento di Davide Giancristofaro)

BREXIT, IL PARLAMENTO SALE IN CATTEDRA: MAY ESAUTORATA

Quante volte avete sentito parlare di settimana cruciale per la Brexit? Ebbene, questa potrebbe esserlo un po’ più delle altre: il Parlamento inglese ieri sera ha infatti votato a favore di un emendamento osteggiato dal Governo che consente loro di decidere quali saranno i passi successivi per la Brexit. Theresa May è stata di fatto esautorata con la collaborazione di alcuni membri del suo stesso partito, i Tories: l’emendamento, che propone una serie di “voti indicativi” che hanno lo scopo di verificare se una delle possibili opzioni alternative all’accordo concordato tra Londra e Bruxelles abbia il sostegno della maggioranza dei parlamentari, è stato approvato con 329 voti a favore e 302 contrari. Come riferito da Il Sole 24 Ore, domani i deputati voteranno sull’ipotesi di revocare l’articolo 50 e annullare Brexit, se procedere con un secondo referendum, se restare nell’unione doganale e nel mercato unico o se optare per l’Efta. L’ipotesi di no deal è stata già bocciata.

BREXIT, PARLAMENTO SFILA IL CONTROLLO ALLA MAY

Theresa May almeno per il momento non sembra intenzionata a rassegnare le dimissioni ma quella che ha subito è stata quasi una sorta di ammutinamento. L’inquilina di Downing Street, infatti, si era espressa contro l’emendamento proposto dall’ex ministro conservatore Oliver Letwin assieme alla laburista Yvette Cooper, che si presume apra la strada ad una soft Brexit:”Confesso di essere scettica su queste procedure che potrebbero ribaltare l’equilibrio delle nostre istituzioni democratiche”. Trenta deputati Tories hanno deciso di fare orecchie da mercante rispetto alle indicazioni di una leader sempre più debole, e tre sottosegretari hanno dato le dimissioni per poter votare a favore dell’emendamento, secondo coscienza e non seguendo i dettami di partito. May in ogni caso ha detto che anche nel caso venga trovata una maggioranza parlamentare alternativa al suo accordo si opporrà ad ogni tentativo di restare nell’unione doganale o di indire un secondo referendum.