Un razzo partito dalla territorio palestinese controllato da Hamas ha colpito all’alba di ieri una zona oltre la capitale Tel Aviv, mai raggiunta in precedenza perché considerata troppo lontana per i razzi palestinesi. Centrata una casa dove sono rimaste ferite sette persone tra cui tre bambini di sei mesi, tre e dodici anni. Hamas ha immediatamente detto essersi trattato di un lancio partito per errore, sta di fatto che è già il secondo in dieci giorni e che inevitabilmente porta ai livelli massimi la tensione con Israele. Secondo Gian Micalessin, da noi intervistato, Hamas non è in grado di controllare i vari gruppi al suo interno e soprattutto ha dimostrato di possedere armi sempre più potenti.
Lei crede nella giustificazione ufficiale, che si sia trattato di un errore? E’ possibile invece che all’interno di Hamas ci siano gruppi che agiscono in modo autonomo?
Sicuramente dentro Hamas ci sono varie componenti. Una più legata agli iraniani che è quello che solitamente si definisce il braccio militare e altre che invece rispondono ancora ai Fratelli musulmani, movimento da cui nacque Hamas. Il problema vero però è l’incapacità di Hamas di controllare tutti questi gruppi che fanno parte della loro galassia. Ci sono anche elementi della jihad islamica, gruppi estremisti vicini all’Isis e al Qaeda che sfuggono al controllo.
Il razzo ha colpito là dove mai prima i missili palestinesi erano stati in grado di arrivare. Cosa significa?
Se uno di questi gruppi ha missili capaci di arrivare a Tel Aviv e oltre, questo è un sostanziale innalzamento della capacità operativa dei razzi che partono dal territorio palestinese. Questo significa per gli israeliani una minaccia più grande anche perché questo missile è sfuggito all’intercettazione del sistema anti-missilistico e comunque non si tratta più di armi in grado di colpire solo al di là del confine della Striscia come fino ad oggi. C’è un sostanziale deterioramento della situazione.
Tutte le forze di opposizione al governo, dall’estrema destra ai laburisti, hanno accusato Netanyahu di aver indebolito Israele, di non saper fronteggiare Hamas. E’ così o è solo propaganda in vista delle ormai prossime elezioni?
Netanyahu, nonostante abbia inviato due battaglioni al confine, ha scelto la via meno pericolosa. Organizzare adesso una repressione poco prima delle elezioni ha i suoi pro e contro. La rappresaglia va bene ma se per caso, e in guerra i casi sono una variabile costante, c’è una perdita di soldati visto che Hamas ha dimostrato di saper reagire, questo mette a rischio la sua vittoria elettorale. Ovvio che l’opposizione voglia una reazione.
Questo lancio potrebbe essere legato in qualche modo alla dichiarazione di Trump che concede la sovranità del Golan a Israele? Una sorta di minaccia?
La dichiarazione di Trump è un enorme regalo a Netanyahu in vista delle elezioni, un premier sotto inchiesta che si vede arrivare dalla Casa Bianca quel riconoscimento di sovranità sempre negato. Per Netanyahu è un regalo non da poco. Ma questo contribuisce anche a innalzare la tensione perché questo riconoscimento è nullo, deve essere l’Onu a decidere in un caso come questo. E’ un riconoscimento importante ma privo di effetti pratici. La realtà è che il quadro di tensione è permanente e costante.
(Paolo Vites)