Il presidente del Libano, il generale Michel Aoun, è intervenuto ripetutamente nei giorni scorsi sul grave problema dei rifugiati siriani nel suo Paese e sulla necessità di un loro rientro in Siria. Aoun ha fatto presente che il Libano, con una popolazione di circa 6 milioni, ospita 1,5 milioni di rifugiati siriani, ai quali si aggiunge mezzo milione di palestinesi. Una situazione diventata insostenibile e che non ha finora trovato soluzione per i palestinesi, ma può averla per i siriani con il rientro nel loro Paese. Finora solo una minima parte è ritornata e le ragioni vengono attribuite al timore che molti hanno per possibili ritorsioni al loro rientro in patria.
Far dipendere il rientro dei rifugiati dalla definitiva soluzione della crisi siriana rischia, secondo il presidente libanese, di protrarre l’attuale situazione all’infinito. Aoun considera già ora possibile un ritorno massiccio dei profughi, come dimostra il fatto la minoranza già rientrata vive in condizioni di sicurezza, ma questa affermazione pone in rilievo il conflitto all’interno dei partiti libanesi. Mentre il partito cristiano fondato da Aoun e gli Hezbollah sciiti sostengono una normalizzazione dei rapporti con il governo siriano di Assad, che faciliterebbe il rientro, altri partiti si oppongono a una normalizzazione con il governo siriano e temono rappresaglie sui profughi. E’ questa la posizione del partito sunnita del premier Saad Hariri, delle Forze Libanesi, l’altro partito cristiano, e del Partito Socialista Progressista, a maggioranza drusa. E’ inoltre da tener presente che in Libano è ancora pesante il ricordo dell’occupazione siriana a seguito della guerra civile libanese e terminata solo nel 2005.
Ieri, da Mosca dove è in visita ufficiale, Aoun ha ribadito la gravità della situazione e ha sottolineato come l’Europa sia la maggiore interessata a una fattiva soluzione, perché i rifugiati saranno costretti “a cercare altre alternative e i Paesi europei saranno la loro prima destinazione”. La Nna, agenzia di stampa libanese, riporta anche la risposta del presidente della Duma, il Parlamento russo, Viacheslav Volodin, che ha assicurato l’interesse della Russia al problema e proposto una riunione a Beirut con la partecipazione di Libano, Russia, Stati europei, Turchia, Iran e Siria. A meno di un errore, si può notare l’assenza degli Stati Uniti e comunque i russi si propongono ancora una volta come solutori dei complessi problemi del Medio Oriente. Va da sé che un punto di incontro tra Libano e Russia è stata la comune condanna della attribuzione del Golan a Israele fatta da Donald Trump, da cui ha preso le distanze anche l’Onu, che si ritiene l’unico legittimato a prendere una decisione sulla materia.
L’Europa e in particolare l’Unione Europea vede così aggravarsi il problema già grave dei migranti e profughi; in questo caso, la soluzione dovrebbe vedere in prima fila la Francia, come recentemente richiamato dallo stesso Aoun, in quanto ex potenza coloniale. Macron ha infatti esercitato un ruolo principale nella gravissima crisi istituzionale determinata dalle dimissioni del premier Hariri nel novembre 2017, dimissioni date irritualmente quando si trovava in Arabia Saudita. Vedremo se sarà altrettanto interventista nella delicata questione dei rifugiati.