Prosegue il caos politico in Venezuela, dove il governo capitanato dal dittatore Nicolas Maduro, attuale presidente del paese, ha revocato il ruolo di numero uno dell’assemblea nazionale a Juan Guaidò, autoproclamatosi presidente poche settimane fa. La destituzione sarebbe giunta dopo che sarebbero state riscontrate anomalie nello stile di vita dello stesso leader dell’opposizione. «La dichiarazione dei redditi del deputato Guaidó è stata presa in esame – le parole del contralor Elvis Amoroso in conferenza stampa, numero uno della Contraloría General de la República, un organo molto simile alla Corte dei conti italiana – e sono emerse incongruenze con il suo reddito di parlamentare. Le spese eccessive, il suo stile di vita non corrispondono a quelli di un deputato della Repubblica». Pronta la replica del diretto interessato, che ha definito la vicenda una “farsa”, e che si dice pronto a continuare la sua battaglia: «Non vi farete confondere – ha detto il leader dell’opposizione in occasione di un comizio a Caracas – il popolo venezuelano non si farà confondere da qualche falsa accusa per i miei viaggi. Sì ho viaggiato e sì, sono stato ricevuto da capi di Stato di altre nazioni diversamente da Maduro. E non solo io, anche la first lady, come chi ha incontrato il presidente degli Stati Uniti, il vicepresidente e prima di lui il presidente del Cile, Piñera». (aggiornamento di Davide Giancristofaro)
VENEZUELA, EUROPARLAMENTO VS MADURO
L’Europarlamento ha votato oggi a Strasburgo in merito alla complessa e delicata situazione politica presente da mesi ormai in Venezuela, con la popolazione sostanzialmente divisa tra chi resta fedele al potere di Nicolas Maduro e chi invece da tempo chiede nuove elezioni e la fine delle repressioni per uscire dalla crisi umanitaria, sociale ed economica in cui Caracas versa da tempo. «Libere, trasparenti e credibili elezioni presidenziali in Venezuela, fine della repressione, conferma del riconoscimento di Juan Guaidò e l’invito agli Stati membri del’Ue che non l’hanno ancora riconosciuto a farlo con urgenza»: sono questi i contenuti votati dal Parlamento Europeo nella seconda risoluzione del 2019 sul caso Venezuela, con 310 sì, 120 contrari e 152 astenuti. Nel testo inoltre si chiedono anche maggiori risorse dall’Ue per assistere la popolazione venezuelana vessata da anni di carestie e incuranza frutto della politica chavista, oltre a ulteriori sanzioni Ue contro il «regime illegale di Nicolas Maduro». I deputati Ue ribadiscono «il riconoscimento di Juan Guaidó come legittimo presidente ad interim del Venezuela ed esprimono pieno sostegno alla sua tabella di marcia, che consiste nel porre fine all’usurpazione, istituire un governo nazionale di transizione e indire elezioni presidenziali anticipate», riporta l’Ansa. Curioso il caso italiano che conferma la dicotomia all’interno dello stesso Governo: la Lega ha votato sì mentre il M5s si è espresso in favore del presidente Maduro. FI e Forza Italia hanno votato con il gruppo di Salvini mentre il Pd si è astenuto come quasi tutto il gruppo dei Social Democratici.
RUSSIA AVVISA USA “NOSTRI SOLDATI RESTANO A CARACAS”
Mentre l’Europa si “divide” sulla guerra civile venezuelana, la giornata di oggi ha visto il confermarsi dei “timori” espressi dagli americani solo qualche giorno fa. L’invio di aerei russi a Caracas in difesa di Maduro giusto martedì scorso vede oggi la conferma del Cremlino che con un comunicato congiunto a Nicolas Maduro spiegano la collaborazione militare e la presenza dei soldati russi in Venezuela. Il governo russo ha sottolineato come l’arrivo dei militari non sia legato all’intervento militare nello scontro tra Maduro e Guaidó (sostenuto da Trump, ndr) ma che fa parte di una complessa collaborazione tecnico-militare avviata diversi anni fa. In realtà, quanto spiegato come timore poche settimane fa dal Presidente dell’Assemblea Nazionale ora sembra concretizzarsi: Putin intende lanciare un messaggio alla Casa Bianca, un po’ come fatto con la Siria prima della caduta dell’Isis, impedendo un intervento militare armato degli Stati Uniti per il rovesciamento del regime e creando un “deterrente” sul territorio per chiunque voglia scatenare un change regime nei prossimi mesi. Al momento non si hanno ancora invece notizie sicure sul presunto arrivo di mercenari russi in Venezuela, di cui aveva parlato un’inchiesta di Reuters tra gennaio e febbraio.