L’aborto della fidanzata contro il suo volere: Ryan non ci sta e decide di rappresentare in tribunale i diritti del figlio “mancato”. Ma facciamo un po’ d’ordine: nel 2017 Ryan e la sua fidanzata hanno concepito un bambino. Quando la ragazza della contea di Madison, in Alabama, ha scoperto di essere incinta, però, i due hanno avuto idee diverse su quella gravidanza. Lui l’ha implorata di tenere il bambino: la ragazza non ha voluto saperne e nel febbraio dello stesso anno, all’età gestazionale presunta di 6 settimane, ha deciso di abortire il piccolo. Per farlo si è rivolta presso l’Alabama Women’s Center dove le è stata somministrata una pillola abortiva. Storia finita? No. Perché Ryan ha sì perso l’opportunità di diventare padre ma non per questo ha rinunciato all’idea di rivendicare i suoi diritti. Cos’ha fatto? Ha pensato che quel figlio mancato lo avevano concepito in due: e se è vero che la ragazza aveva il diritto di decidere se diventare madre o meno, lo era pure che anche lui avrebbe voluto avere voce in capitolo. Così ha deciso di citare in giudizio qualcuno: e no, non si tratta della sua fidanzata…



FIDANZATA ABORTISCE CONTRO IL SUO VOLERE: LUI…

Ryan Magers, questo il nome del mancato padre di questa storia, ha rispettato l’unione con la donna che sarebbe potuta diventare la madre del proprio figlio e che ha invece optato per l’aborto. Per questo motivo ha deciso di lasciarla al di fuori da ogni disputa in tribunale: ad essere citate in giudizio sono state le due entità che “fattivamente” gli hanno impedito di diventare genitore. Di chi parliamo? Meglio dire “di cosa”: la clinica abortiva e la casa farmaceutica che ha prodotto la pillola che ha soppresso il feto. Come si legge sul sito del WAYY31 abc, a distanza di due anni dall’accaduto, Ryan ha spiegato:”Sono qui per gli uomini che vogliono davvero avere il loro bambino. Era come se il mio intero mondo fosse crollato. Credo che ogni bambino dal concepimento è un bambino e merita di vivere”. La corte di Madison County ha riconosciuto il feto abortito come una persona con diritti legali che il padre sta quindi giustamente rappresentando e difendendo. La sua causa contro la clinica abortiva e la casa farmaceutica, dunque, continua: è lui a rappresentare il figlio “mancato”, come andrà a finire?

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