La Via della Seta – il progetto-piano di investimenti globali in infrastrutture lanciato dal premier cinese Xi Jinping nel 2013 – irrompe nei rapporti internazionali dell’Italia con l’Unione Europea e gli Stati Uniti, già piuttosto “delicati” per le ben note vicende Economia e migranti. Dopo il possibile avvicinamento del Governo Conte alla firma di un memorandum d’intesa con la Cina – emerso negli scorsi giorni ma non ancora avvenuto in via ufficiale – Pechino prova a replicare alle contestazioni sorte nelle ultime ore da Usa e Bruxelles rispetto alle “pressioni” che il Governo italiano avrebbe subito nel procedere ad accordi sulla Via della Seta. «Storicamente, l’Italia è stata una fermata della Via della seta. Diamo il benvenuto all’Italia e ad altri Paesi europei che prendono parte attiva alla Belt and Road Initiative. L’Italia è un Paese indipendente e confidiamo possiate attenervi alla decisione presa da voi in modo indipendente»: un doppio messaggio lanciato dal Ministro degli Esteri Wang Yi sia a Trump che alla stessa Italia, affinché non si faccia “influenzare” dallo scetticismo e minacce presunte per vie commerciali.



CRITICHE DA USA E UE

Fu il precedente governo ad avviare la trattativa con la Cina: nel maggio 2017 Paolo Gentiloni partecipò al primo Belt & Road Forum, unico capo di governo del G7. Con l’esecutivo Lega-M5s però il negoziato ha improvvisamente accelerato e ora Usa e Ue temono che anche altri Paesi possano prendere sempre più “influenza commerciale” dalla Cina: secondo Di Maio l’adesione alla Via della Seta potrebbe ampliare i rapporti con Pechino, attrarre diversi investimenti in Italia e rilanciare l’export dopo che Germania e Francia ci hanno superato negli ultimi anni. «Siamo scettici sul fatto che l’appoggio del governo italiano possa portare a benefici economici duraturi al popolo italiano, e potrebbe finire per danneggiare la reputazione globale dell’Italia nel lungo periodo», spiega il portavoce del Consiglio di Sicurezza Nazionale degli Usa Garrett Marquis (fonte Agi) ma anche Bruxelles non è stata a guardare, «Tutti gli Stati membri, individualmente e nell’ambito dei quadri di cooperazione subregionali come il formato 16+1, hanno la responsabilità di garantire la coerenza con le norme e le politiche del diritto dell’Ue e di rispettare l’unità dell’Unione Europea nell’attuazione delle politiche Ue» rilancia un portavoce della Commissione Ue.

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