L’arresto di Julian Assange era oggettivamente la notizia (giornalistica, non sempre coincidente con l’emergenza della realtà quotidiana) del giorno: il fondatore di Wikileaks abbandonato dall’Ecuador, portato via di peso nelle carceri inglesi a Londra e ora in “lite” tra Svezia e Usa su chi vuole la sua estradizione. Ma urge sapere di cosa è accusato per davvero e se dunque ci si trovi davanti ad un’onta “contro la libertà di stampa” o una semplice e corretta operazione di polizia contro un criminale che ha violato (per più volte) la legge. Assange è stato arrestato dalla polizia di Londra su richiesta del Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti: è accusato di aver violato la Computer Fraud and Abuse Act (CFAA), ovvero la prima legge contro hacker e violazioni informatiche approvata addirittura nel 1986 dal Congresso Usa. L’atto però riguarda non tante la diffusione in sé di tali documenti ma il modo con cui sono stati ottenuti il che rende al momento meno “grave” l’accusa nei confronti di Assange di quanto si possa pensare. Ma allora perché gli Stati Uniti chiedono l’estradizione? Non per Wikileaks e non per presunte collaborazioni con la Russia di Putin: bensì è richiesta la sua estradizione per una presunta collaborazione con «l’allora soldato Bradley Manning (oggi Chelsea Manning) nell’hackerare una password per introdursi nei sistemi informatici governativi e sottrarre dei documenti», riporta Il Post.
ASSANGE: TRA UK, USA E… ITALIA
5 anni di carcere per Assange e 35 per Manning sarebbero le condanne da esercitare secondo gli States: il secondo l’aveva cominciata a scontare, poi però “graziato” dal Presidente Obama. Il primo invece ora rischia seriamente, qualora venisse concessa l’estradizione verso Washington. L’avvocata Jesselyn Radack (ex consulente del Dipartimento di Giustizia, ora al Government Accountability Project) ha detto che l’accusa contro Assange si basa sulla CFAA perché sarebbe «probabilmente incostituzionale usare lo Espionage Act contro un editore». Di contro però, il Presidente dell’Ecuador – nel non concedere più l’asilo politico per il fondatore di Wikileaks – ha fatto sapere di aver acconsentito perché rassicurato da Londra che Assange non sarà estradato in paesi che prevedono la pena di morte, proprio come gli Stati Uniti. L’intrigo si allarga, con il leader del Labour Jeremy Corbyn che ha fatto sapere di essere del tutto contrario all’estradizione negli States: dall’Italia intanto la posizione è fermamente in appoggio di Assange, quantomeno per la componente grillina del Governo. Proprio ieri il sottosegretario agli Esteri italiano, Manlio Di Stefano, ha chiesto la liberazione immediata definendo il suo arresto «un’inquietante manifestazione di insofferenza verso chi promuove trasparenza e libertà come WikiLeaks». L’Europa intera discute di Assange, una persona ormai anziana e visibilmente malata: una grande “bolla” mediatica dietro la quale, ancora una volta, si “dispiega” il livello di incontro-scontro tra l’Unione Europea e i due “fuochi” di Russia e Usa.