Da decenni le grandi aziende produttrici di anti concezionali, sponsorizzate dai paesi occidentali e anche dall’Onu, “riversano” nei paesi africani quantità enormi di preservativi, considerati l’unico mezzo per arginare malattie come l’Hiv, ma soprattutto la crescita della popolazione, riducendo i nati. Paesi poveri, per i quali le uniche politiche adottate dall’occidente sono quelle relative alla natività, cioè la riduzione della popolazione. Invece di investire in piani sanitari ed economici, si sceglie questa scorciatoia a cui, quando qualche paese si oppone, si risponde minacciando di tagliare i pochi aiuti economici. E’ successo così, riporta il sito LifeSiteNews, nel Malawi, uno degli stati più poveri dell’Africa, che un 25enne padre di una bambina di quasi due anni, quando la moglie è rimasta incinta di un secondo figlio, sia stato preso di mira dal bullismo degli abitanti del villaggio.
LA COLPA DELLE AGENZIE INTERNAZIONALI
Ridicolizzato e umiliato perché in attesa di un secondo figlio, il 25enne ha finito per impiccarsi, togliendosi la vita perché non resisteva più all’isolamento e alle prese in giro. Il caso in questione è emblematico della pressione esercitata su molti paesi dell’Africa sub-sahariana per abbassare i tassi di natalità e frenare la crescita della popolazione, cosa che viene presentata come principale ostacolo allo sviluppo. Ogni metodo è usato per convincere gli africani che la loro povertà è legata ai tanti figli che sono soliti avere. Si dà la colpa per la mancanza di istruzione delle donne, le morti infantili, la mancanza di cibo e la miseria generale alle gravidanze precoci e alle numerose nascite. Invece di offrire migliori servizi sanitari, in particolare per le donne incinte, e una educazione che aiuti le ragazze troppo giovani a evitare gravidanze precoci, le agenzie internazionali e le Ong usano le proprie reti e i governi locali per promuovere l’educazione sessuale tramite l’uso di moderni metodi contraccettivi come unica soluzione.