Non mi piacciono i simboli. Preferisco i segni. E anche in questo caso sono diffidente. Le cose che accadono hanno certo un significato (anche l’incendio di Notre-Dame), ma quando è la stupidità degli uomini a provocarle, fatico a pensare che siano a tal punto nobilitate da diventare messaggeri di chicchessia che sta fuori dalla storia. Tuttavia quando sono proprio i razionalisti doc a metterti su un piatto d’argento le loro povere e improvvisate interpretazioni di fatti più grandi delle loro testoline, beh, allora, fai fatica a stare zitto.
Che l’incendio di Notre-Dame sia un fatto tragico, non serve sottolinearlo. Siamo riusciti ad abbattere in un giorno quel che i nostri avi hanno costruito e conservato per otto secoli. E per chi conserva qualche reminiscenza storica, s’accorge che non sono stati otto secoli banali. Soltanto nel Novecento possiamo contare due guerre mondiali. Niente. Notre-Dame ha resistito.
Eppure, ecco lo stupido di turno che pontifica: ci rendiamo conto sempre più della fragilità dei nostri monumenti storici. Dio mio, quant’è ipermoderna una tale affermazione. Fa venire la pelle d’oca. Da una parte si vedono le fiamme che lambiscono maestose e impertinenti il depositum di cultura e di fede di generazioni e generazioni di uomini e donne, che non avevano i telefonini e nemmeno l’auto elettrica, non avevano fogli di excel e gps per sapere dove si è, e dall’altra un pover’uomo che balbetta e dà la colpa ai monumenti.
No, non sono i monumenti ad esser fragili, sono le nostre menti.
I laicissimi, soprattutto se à la page, sono i primi a stracciarsi le vesti. Parole come patrimonio comune, je suis Notre Dame, siamo tutti parigini, insomma stronzate già sentite decine di volte, abbondano perché lo sport preferito di questi inetti è appropriarsi della storia, quando fa comodo. Eppure sono gli stessi che hanno gridato allo scandalo quando, proprio a partire da Notre-Dame e dai grandi centri della ricostruzione culturale di un’Europa devastata, timidamente s’era proposto di introdurre nella Costituzione europea il radicamento in una comune cultura cristiana. Apriti cielo. Un’Europa confessionale, non sia mai!
Si parlava del valore simbolico di questo dramma… Queste belle intelligenze hanno davvero osato tanto: la caduta della guglia, che ha ferito ogni uomo di buon senso e di buona volontà, al massimo arriva dietro l’angolo, all’Eliseo. Sì, non si può non vedere un segno nefasto per la presidenza di Macron. E quanto inciderà questo dramma sulla prossima tornata elettorale?
Siamo davvero al massimo dell’interpretazione dei segni dei tempi. Insomma, anche i laicissimi hanno un’anima, vivaddio.
Ma è una giornalista francese a dare il meglio di sé nell’appropriazione indebita di una storia oggi troppo comoda: Notre-Dame non è cosa cattolica, “no, non riesco a pensare una cosa così”, ribadisce… “per loro è già stata trovata un’altra chiesa con almeno duemila posti dove possono celebrare la loro Pasqua…”
Di fronte a tanta intelligenza, mi piacerebbe pensare che dietro le sconvolgenti immagini che mi hanno tenuto incollato al televisore per ore, ci potesse essere un disegno divino, un vero segno dei tempi, che Qualcuno ci stia dicendo che siamo giunti al limite, che tutte le nostre presunzioni, sicurezze, la nostra vita da slide, le nostre certezze conservate su una chiavetta, la nostra epica da selfie, possono essere spazzate via da un soffio, da uno starnuto.
Ma a sentire questi esperti, chino il capo e mi convinco: troppo stupidi siamo per poter comprendere qualcosa che superi una manciata di caratteri, che non sia una faccina sorridente o lacrimosa. Figuriamoci: Dio non sprecherebbe tanto fuoco con noi per farsi intendere.
Sì, sono proprio fragili i nostri monumenti.