Non si arrende Theresa May e tenta l’ultima carta pur di portare a casa una Brexit “sana”. Nella mente della premier britannica sta infatti prendendo piede l’idea del dialogo, provare a scendere ad un compromesso con l’acerrimo rivale, il laburista Jeremy Corbyn, di modo da poter chiedere una breve estensione dell’uscita, evitando così il “no deal”. Dal suo canto l’oppositore del primo ministro britannico si è detto «molto felice» di incontrare Theresa May: «Incontreremo il Primo Ministro. Riconosciamo che ha fatto un passo, io sento la responsabilità di rappresentare le persone che hanno sostenuto il Labour alle ultime elezioni, ma anche coloro che non lo hanno fatto e vogliono comunque sicurezza e delle certezze per il loro futuro. E questa è la base sulla quale la incontreremo e discuteremo». Se sarà rinvio, non sarà però oltre il 22 maggio, di modo che il Regno Unito non partecipi alle prossime elezioni europee: «Avremo bisogno – fa sapere a riguardo la May – di un’ulteriore estensione dell’articolo 50, che sia la più breve possibile e abbia il fine di far passare un deal. Dobbiamo essere chiari su ciò per cui questa estensione serve:assicurare un’uscita tempestiva e ordinata dall’Ue». Da Bruxelles attendono con pazienza e non manca la fiducia, nonostante le ultime vicende nefaste: «Non sappiamo quale sarà il risultato finale della Brexit – le parole del Consiglio europeo, Donald Tusk su Twitter – cerchiamo di essere pazienti». (aggiornamento di Davide Giancristofaro)



BREXIT, MAY APRE AD ACCORDO CON CORBYN

Contrordine compagni, la Brexit cambia ancora: Theresa May parlando in un discorso alla nazione ha chiesto un breve rinvio all’Ue per poter intavolare un accordo con l’opposizione del Labour per poter evitare definitivamente il no-deal. «La miglior soluzione è lasciare la Ue con un deal», spiega la Premier invitando il Labour e il leader Jeremy Corbyn ad un aperto confronto con la maggioranza. La May non ha escluso a priori il no deal ma ha insistito sul fatto che il negoziato con l’Europa sia il miglior modo possibile per il divorzio dalla Comunità europea: per permettere la tempistica di accordo col Labour, la May chiede un breve rinvio entro il 22 maggio in modo che il Regno Unito non partecipi alle prossime imminenti Elezioni Europee. Che sia questa la volta buona per una vicenda che sta toccando, da mesi, i limiti dell’assurdo? (agg. di Niccolò Magnani)



MACRON “UE NON PUÒ ESSERE OSTAGGIO“

Una sorta di resa dei conti quella in scena nella riunione fiume che la Premier May sta tenendo oggi pomeriggio con il gruppo parlamentare dei Tory: va capita quale mossa prendere nelle prossime ore anche se lo scenario del no-deal resta al momento il più probabile. Secondo Juncker, in visita oggi a Roma, il gruppo Ue è unito nel chiedere motivazioni forti e chiare per un eventuale rinvio “lungo” della Brexit «Sono felice che ci sia unità tra i 27 stati membri e auspico continui così fino alla fine del processo. L’altro giorno ho detto che se si paragonava il parlamento britannico a una sfinge egizia, la sfinge sarebbe stata un libro aperto rispetto al Parlamento». Il Premier Conte ha poi aggiunto nel vertice con il Presidente della Commissione Ue «speriamo in un processo ordinato al quale abbiamo lavorato a lungo ma non abbiamo ancora chiarezza sulla posizione del Regno Unito per gestire un processo così complesso, per questo motivo anche qui in Italia ci stiamo preparando alla non auspicata prospettiva del no deal. Per questo abbiamo approvato uno specifico dl, a protezione dei cittadini e delle imprese». Da ultimo, il Presidente francese Emmanuel Macron prova a fare il punto nel vertice odierno con il primo ministro d’Irlanda Leo Varadkar: «L’Unione europea non può rimanere a lungo ostaggio della risoluzione di una crisi politica in Gran Bretagna».



BARNIER, “L’UNICO ACCORDO RESTA IL NOSTRO”

Secondo il negoziatore dell’Unione Europea in questi tre anni di accordi e trattative con la Gran Bretagna sul fronte Brexit, Michel Barnier, lo scenario che si appresta ad arrivare è poco meno di un incubo: il Cabinet Secretary del governo britannico May, Mark Sedwill, in una lettera ha illustrato tutte le varie conseguenze nefaste che il no deal rischia di portarsi dietro qualora non fosse trovato in extremis un accordo a Westminster per votare il piano May. «Scenario da incubo per il no-deal della Brexit», minima il Segretario, seguito a ruota questa mattina dallo stesso Barnier «Una Brexit senza accordo non è mai stato il nostro scenario preferito. Ma i 27 ora sono pronti. Diventa ogni giorno più probabile. Essere preparati ad uno scenario di ‘no deal’ non significa che non ci saranno disagi. Non andrà tutto liscio. Ci saranno problemi. Essere pronti – aggiunge il negoziatore all’Europarlamennto – significa che tutti i problemi previsti dovrebbero essere gestibili per l’Ue». Si lavora per provare a trovare modi operativi che evitino di attaccare il mercato unico ma è chiaro che una Brexit fallita si porta dietro conseguenze negative un po’ per tutti. «Nuovo referendum, elezioni anticipate o la necessità per Westminster di studiare di nuovo nel dettaglio la Dichiarazione politica», sono le tre strade indicate da Barnier come “consiglio” al Governo britannico, o meglio al Parlamento visto che ormai lo scettro delle decisioni non lo ha più in mano la May da diverso tempo. «Se il Regno Unito vuole ancora lasciare l’Ue in modo ordinato, l’accordo di divorzio è e resta l’unico modo», ha concluso Barnier lanciando una sorta di ultimatum a Londra. (agg. di Niccolò Magnani)

NO DEAL SEMPRE PIÙ VICINO

Quello di Theresa May no. Ma i piani alternativi alla Brexit neanche. Questo, in estrema sintesi, quanto emerso dagli “indicative votes” che il Parlamento britannico ha bocciato nella giornata di ieri. Un bilancio che getta ancora più incertezza, se possibile, sul destino di un Regno Unito che non ha ancora deciso quale futuro intraprendere. Quattro le proposte alternative al disegno della premier May affossate a Westminster: quella che prevede la permanenza dell’Uk nell’unione doganale, la permanenza nel mercato unico in stile Norvegia, un secondo referendum su un qualsiasi piano approvato dal Parlamento e un ulteriore rinvio della Brexit per scongiurare il No Deal. L’ipotesi di un mancato accordo, però, adesso si fa strada in maniera quasi inesorabile: come riportato da La Repubblica, sarebbero decine i parlamentari tentati dal tagliare definitivamente il cordone con Bruxelles, piuttosto che andare a votare di nuovo alle elezioni Europee.

BREXIT, BOCCIATI TUTTI I PIANI ALTERNATIVI

Chi tira un sospiro di sollievo vista la mancata approvazione degli “indicative votes” è Theresa May. Per quanto le votazioni non fossero vincolanti, per la premier sarebbe stato di fatto impossibile ignorare la presenza di un Parlamento d’accordo su una soluzione alternativa alla sua. Il primo ministro britannico può invece ancora sperare di imporre la propria intesa, per quanto ci sia un manipolo di irriducibili, tra alleati unionisti nordirlandesi e una ventina di ribelli conservatori, che sul punto non cambieranno mai idea a meno di un miracolo e rappresentano un ostacolo di fatto insormontabile sul cammino della May. Oggi la premier affronterà un consiglio dei ministri fiume: cinque ore anziché le canoniche 2 o tre. La scadenza del 12 aprile, entro cui il Regno Unito dovrà decidere cosa fare, si avvicina: il piano della May, secondo quanto riferito dal ministro per la Brexit, Steve Barclay, dovrebbe tornare alla carica proprio in questi giorni. Mercoledì prossimo potrebbe toccare nuovamente agli “indicative votes”. Le alternative sono sempre meno: l’Ue è disposta a concedere un ulteriore rinvio solo in caso di nuove elezioni o secondo referendum, e il temuto No Deal sembra sempre più vicino…