Quello che si è respirato nel corso del Seminario Antimafia organizzato la scorsa settimana a Buenos Aires da vari Ministeri argentini, il deputato di Cambiemos Fernando Iglesias e la nostra Direzione Nazionale Antimafia avrebbe fatto molto piacere a Falcone, Borsellino, Rocco Chinnici, Antonino Saetta e le tante altre vittime di mafia che hanno costellato la storia italiana. In quella che in molti definiscono una città italiana (dove ancora si respirano tradizioni che nel nostro Paese sono andate perdute) si è svolto un evento importantissimo, che ha racchiuso non solo la conferma di una collaborazione tra due Paesi nella lotta contro mafia e corruzione, ma anche la speranza, alimentata dall’entusiasmo e la passione che i vari relatori hanno profuso e comunicato nei loro interventi, che il futuro possa essere migliore nella soluzione di questo fenomeno.
Certo, il cammino sarà lungo e difficile, ma vedere senatori e deputati argentini e soprattutto tanti giovani seguire con estrema attenzione i nostri rappresentanti in quella che la Vice Procuratrice Nazionale Elisabetta Pugliese ha definito un’eccellenza italiana, la lotta antimafia, ha trasmesso un’emozione e, come ripeto, una speranza.
Le stragi di via D’Amelio e di Capaci hanno segnato la vita di molti italiani, sottoscritto compreso: in quei momenti tragici per tutti avevamo capito che questo Stato dentro lo Stato aveva bisogno di una risposta in grado di salvare quella Repubblica tanto faticosamente costruita dopo la tragedia di una guerra. Come sempre capita quando in Italia si raggiunge un limite, cosa sottolineata nel suo intervento dal Senatore (ed ex capo della DNA) Aldo Grasso, la reazione c’è stata. Alla legge denominata Rognoni-La Torre (del 1982, 10 anni prima delle stragi) che non solo definiva finalmente il reato di associazione di tipo mafioso, fino a quel momento non contemplato nella legislazione italiana, ma istituiva il sequestro dei beni delle cosche, sono seguiti altri provvedimenti (come la legge sui pentiti) che hanno fatto scuola nel mondo intero. Ma il fenomeno mafioso è divenuto globale: basti pensare alla penetrazione della ‘ndrangheta in Sudamerica e i traffici internazionali di droga ed esseri umani che investono ormai vaste zone del pianeta.
Proprio sui traffici di droga il procuratore Dr. Michele del Prete ha sottolineato gli sforzi che vengono fatti per debellare un fenomeno che ha nel Sudamerica il principale produttore: ma non solo. In controtendenza sta avendo sempre più importanza un Paese europeo. L’Olanda difatti è il centro mondiale di produzione ed esportazione della quantità industriale di droghe chimiche che ormai sono diventate un must non solo nell’ambito terroristico e militare, nel quale hanno cominciato a diffondersi. Ormai da anni, dapprima in Europa e ora a livello globale, queste sostanze micidiali, non fabbricabili in altri Paesi a causa dei diritti di proprietà dei componenti principali (che sono presenti in misura infima in medicinali) sono diventate un must non solo nei rave parties, ma anche nelle discoteche e nelle feste private. Vuoi per il loro costo bassissimo o per gli effetti spesso letali, ormai hanno penetrato anche il Sudamerica e Argentina e Brasile in particolare. Anche se, almeno per ora, questo settore “merceologico” non attira l’interesse delle cosche, la lotta è difficile pure perché la collaborazione delle forze dell’ordine olandesi incontra difficoltà dovute alla loro burocrazia (!).
La ministra della Sicurezza argentina, Patricia Bullrich, ha illustrato i successi ottenuti nella lotta contro il narcotraffico, che da anni ha penetrato il Paese e purtroppo goduto di complicità politiche notevoli, tanto da inserirsi profondamente controllando non solo le frontiere (che da pochi anni sono tornate a essere vigilate), ma anche soprattutto le “Villas Miserias”, i quartieri poveri principalmente di Buenos Aires ma estese in tutto il Paese. In queste bidonville non solo si trovano laboratori adibiti alla produzione (addirittura la Villa 1-11-14 ne aveva 10 controllati dai cartelli peruviani e distrutti recentemente dalle forze dell’ordine), ma i nomi dei narcos sono sinonimo di autorità (e ammirazione) pure nei bambini.
La cooperazione internazionale, come ha spiegato la Dott.ssa Pugliese ha raggiunto ormai vertici di eccellenza che permettono non solo legislazioni comuni, ma anche una collaborazione fattiva tra le forze dell’ordine. Con l’Argentina e l’America Latina in generale è stato siglato proprio a Buenos Aires lo scorso anno uno storico accordo, denominato “El Pacto”, tra polizie Ue e quelle di 18 Paesi del Continente. Cooperazione che è stata spiegata sia dal Dott. Cesare Sirignano che dal Giudice della Corte Penale Internazionale Dr. Rosario Aitala, oltre che dall’ex ministro della Sicurezza brasiliano Raul Jungmann.
Come i lettori del Sussidiario ormai sanno, in Argentina è in corso un’operazione di Mani Pulite locale, denominata “Cuadernopolis” che, come l’italiana, mira a condannare i protagonisti del più gigantesco caso di corruzione, il cui valore è stimato dall’Università di Buenos Aires, in circa 30 miliardi di dollari, sviluppatosi durante il precedente Governo kirchnerista nei suoi 13 anni di potere. Per cui hanno destato particolare interesse le relazioni del responsabile della DNA, Federico Cafiero De Rao e di Pietro Grasso sull’argomento.
Alla fine del seminario, che si è protratto per tre intensissimi giorni, è stato elaborato un documento che impegna i rappresentanti delle due nazioni non solo a replicare l’incontro appena concluso ogni anno, ma anche a rafforzare la cooperazione, la lotta e la trasparenza tra istituzioni e società civile.
All’inizio dell’articolo sottolineavo la grande presenza di giovani. A questo proposito il vice Procuratore Nazionale Antonino Di Matteo, che da 25 anni vive sotto scorta e con eccezionali misure di sicurezza per le sue indagini, ci ha dichiarato che: “Deve partire, proprio dai giovani, una rivoluzione culturale, non violenta, che cambi quella mentalità troppo diffusa per cui si pensa che in fondo con i sistemi mafiosi si possa convivere, quella mentalità della rassegnazione e del non voler occuparsi di questi problemi. Io come anche tanti colleghi, quando ne ho la possibilità e il tempo, vado nelle scuole, nelle università e incontro tanti giovani che, quando vedono e capiscono che un esponente delle istituzioni crede in quello che fa, si entusiasmano e ritrovano fiducia. Anche in questi giorni abbiamo visto tanti giovani argentini e uruguaiani che sono venuti ad ascoltare i vari interventi del seminario: è stato molto bello perché è proprio partendo dall’entusiasmo, dalla loro voglia di conoscere e di approfondire, che quella rivoluzione culturale si potrà un giorno verificare”.