La Brexit alla fine si è rivelata un vero e proprio boomerang per la Gran Bretagna e la sua premier, Theresa May. Probabilmente nessuno avrebbe immaginato il caos che si è verificato nell’ultimo anno, da quando cioè Londra ha iniziato seriamente a contrattare con l’Unione Europea l’uscita. Il Regno Unito pensava di sfilarsi in maniera indolore dagli stati membri, ma così non è stato e così non sarà: chi vuole andarsene deve rispettare precise regole. Probabilmente se la Gran Bretagna non avesse avuto il Nord Irlanda a quest’ora sarebbe già uno stato extra Ue, ma come si suol dire, con i “se” e con i “ma” si fa poca strada. Fatto sta che la situazione attuale dalle parti di Westminster è la seguente: Theresa May vuole una proroga ma non oltre il 30 giugno, convinta che in questo lasso di tempo possa trovare un accordo soddisfacente con Corbyn e i suoi laburisti. Ma da Bruxelles spingono verso la proroga di un anno, al 31 marzo 2020. Il motivo è semplice: così facendo si terranno quasi sicuramente nuove elezioni in Gran Bretagna e forse anche un nuovo referendum sulla Brexit. Da qui a 12 mesi sia la May che la Brexit potrebbero essere solo dei (brutti) ricordi… (aggiornamento di Davide Giancristofaro)



BREXIT: MAY HA CHIESTO PROROGA AL 30 GIUGNO

Theresa May ha chiesto il rinvio della Brexit al 30 giugno, l’Unione Europea ha rilanciato «almeno un anno»: importanti aggiornamenti sull’uscita della Gran Bretagna dall’Ue, con la risposta dei leader europei attesa per il vertice in programma mercoledì. Repubblica riporta che sono in corso i colloqui bipartisan tra May e il leader dei laburisti Jeremy Corbyn: l’obiettivo è quello di uscire dallo stallo, in programma una lettera pubblica firmata dalla premier destinata al numero uno dell’opposizione. Il testo dovrebbe contenere le linee guida per un’eventuale intesa e non è da escludere la presenza di un possibile secondo referendum confermativo su qualsiasi accordo Brexit che verrà approvato dal Parlamento. Ricordiamo che anche i laburisti devono fare i conti con le fronde interne: c’è chi vuole ad ogni costo un secondo referendum e chi unicamente in caso di no deal. (Aggiornamento di Massimo Balsamo)



BREXIT, MAY CHIEDE RINVIO AL 30 GIUGNO

La Brexit è quasi meglio di una soap opera: ogni giorno una novità, un colpo di scena, ma la puntata alla puntata dopo si riparte sempre da capo, con i nastri di partenza praticamente intatti al giorno precedente. Se ieri è stata la giornata della legge anti no-deal votata (per un solo voto di scarto) dal Parlamento contro il volere del Governo Tory, oggi è il botta-risposta tra la Premier Theresa May e il Presidente del Consiglio Europeo Donald Tusk: apre la leader Tory che chiede all’Unione Europea un rinvio della Brexit fino al 30 giugno, perseguendo in una sorta di “cocciutaggine politica” quanto già sostenuto prima dell’ultima bocciatura a Westminster del suo negoziato con l’Ue. «Rinvio al 30 giugno per evitare un’uscita in scenario di no deal il 12 aprile», è il messaggio lanciato da Downing Street con indirizzo Bruxelles: la replica però di Donald Tusk è spiazzante e vede una proposta diametralmente opposta. «Per la Brexit siamo pronti ad un rinvio flessibile di 12 mesi», riporta la Bbc: lo scenario dell’Ue è quantomeno più chiaro, concedere tempo per permettere al Regno Unito di lasciare l’Unione qualora il Parlamento sarà pronto di ratificare l’accordo già siglato. Con un’altra maggioranza magari, con nuove elezioni e con tempistiche più “ampie” per evitare il no deal: da Tusk questa è la proposta che i leader europei potranno votare settimana prossima nel vertice straordinario convocato da Juncker e Tusk.



IL RILANCIO DI TUSK: È ANCORA CAOS BREXIT

Il rilancio dell’Ue coglie di sorpresa le forze parlamentari inglesi che ancora non hanno rilasciato commenti in merito ad una proposta di Brexit rinviata ancora di 12 mesi: la ‘flextension’, cioè una estensione dell’articolo 50 per 12 mesi ma flessibile, non era mai stata considerata come un’opzione possibile ed anche per questo la May ha richiesto con forza – dopo nuovi contatti con Jeremy Corbyn del Labour – il rinvio solo al prossimo 30 giugno. Secondo una fonte di Sky News, per la proposta di Tusk la data “ultima” per l’uscita di Londra sarebbe il 31 marzo del 2020. I rispettivi “team” diplomatici di Tory e Labour si sono incontrati ieri circa quattro ore e mezza per «discussioni tecniche dettagliate» ed è atteso che i colloqui proseguano anche oggi. Dall’Irlanda la cancelliera tedesca Angela Merkel torna a toccare il tema Brexit spiegando come speri in una uscita ordinata di Londra dall’Ue, «Quando c’è la volontà si riesce. Spero abbia successo il dialogo May-Corbyn». Per il negoziatore Ue della Brexit, Michel Barnier (in visita in Svezia, ndr) «accogliamo con favore il dialogo transpartitico nel Regno Unito. È tempo di decidere». Già, più che altro per evitare la prossima puntata della “soap opera” in salsa inglese..