Ed ecco che Maduro, prima attraverso l’illegittimo Tribunale nazionale di giustizia che impone la sua decisione all’altrettanto illegittima Assemblea costituente, avanza di un altro passo verso quella che, secondo lui, è l’anticamera che precederebbe l’arresto del Presidente ad interim del Venezuela Juan Guaidó. Togliendogli l’immunità parlamentare è lecito pensare che sia questione di giorni, se non di ore.



La mossa, gravissima, potrebbe rivelarsi il boomerang finale di un dittatore che si sente sempre più solo (pardon, con il suo gruppo di accoliti) e ormai reagisce al di fuori di ogni logica. Perché già a livello internazionale si prospettano reazioni che, come ha detto il Presidente Brasiliano Bolsonaro, saranno al limite o il massimo di una logica pacifista. Il quadro del Paese ha ormai superato il dramma per trasformarsi in una tragedia nella quale la crisi energetica (che ormai appare cronica) ha acceso la miccia che, per reazione, ha provocato i provvedimenti appena illustrati.



Il Partito Voluntad Popular, al quale Guaidó appartiene, ha spiegato come un suo eventuale arresto provocherebbe non solo reazioni internazionali, ma potrebbe costituire il collante che ancora manca per mettere a nudo la posizione delle Forze Armate (i dati danno l’80% dei militari ormai sul punto di allearsi con il Presidente legittimo, per questo Maduro sta rafforzando i Colectivos, truppe irregolari formate in gran parte da ex detenuti), oltre che smuovere una popolazione che vedrebbe nell’arresto del proprio leader non solo la repressione, ma anche la perdita della speranza di poter avere uno straccio di futuro normale dato che la vita è ormai arrivata a livelli infernali.



Quello che si vuole sono elezioni libere e immediate per poter dare inizio non solo all’Emergenza nazionale degli aiuti, ma anche definire il futuro di uno dei Paesi più ricchi del mondo. Di certo Maduro può contare sull’aiuto della Russia di Putin che, ricordiamolo, aveva anche appoggiato un altro Presidente-dittatore: quello della Siria, Assad, e pure lì con l’aiuto cinese, sempre molto diplomatico, come in questo caso. Lì però ufficialmente si parlava di evitare che Assad, una volta caduto, venisse rimpiazzato da una Repubblica islamica estremista. Qui la situazione è un’altra e sicuramente, come da varie dichiarazioni di Guaidó e del suo entourage, il dialogo rimarrebbe aperto pure con le due potenze che stanno appoggiando Maduro.

Per questo la decisione attuale, se dovesse trasformarsi in un arresto bell’e buono a causa della perdita dell’immunità, automaticamente metterebbe Maduro e il suo circolo di potere nel rischio di trovarsi in una situazione dai contorni imprevedibili per il suo futuro. Quello che è certo ormai è che la tattica attendista che da anni si è instaurata nell’attuale potere venezuelano rischia di diventare pericolosissima. Se si rompesse, con l’arresto di Guaidò, e si scatenasse la protesta massiva (che ormai sembra assolutamente fattibile), il suo futuro arriverebbe a un capolinea con risvolti giudiziari gravissimi.

Nel frattempo il cantante venezuelano, vera stella a livello mondiale, José Luis “Puma” Rodriguez si è “candidato” per la Presidenza: la notizia, che ha fatto il giro del mondo, manca però di un piccolo particolare. Il Puma, difatti, è oggi a tutti gli effetti un cittadino Usa. Sul fronte invece italiano emerge un particolare agghiacciante e già a suo tempo anticipato dal Sussidiario: a Trieste è apparso un mercantile carico di Coban, il prezioso materiale usato in tecnologie elettroniche, di cui il Venezuela è il principale produttore al mondo. A questo punto vien da chiedersi se l’Italia, dopo aver finalmente messo fine al dilemma su come schierarsi nella questione venezuelana, abbia sottobanco fatto marcia indietro.