È pensabile che per la maggior parte delle persone il cachemire sia solo un pregiato tessuto, ambito da molti, come lo è il Kashmir, la regione indiana da cui originano le capre che ci danno quel tessuto. Qui, purtroppo, la guerra non è commerciale ma reale e la regione, contesa da lungo tempo da India e Pakistan, rappresenta un pericoloso focolaio per tutta l’area. I due contendenti sono entrambi potenze nucleari, con circa 300 testate a testa.
La costituzione dei due Stati risale all’agosto del 1947, con il riconoscimento dell’indipendenza della penisola indiana da parte della Gran Bretagna e con la separazione secondo l’appartenenza religiosa della popolazione: la Repubblica dell’India, a maggioranza indù, il Pakistan a maggioranza musulmana. La divisione non fu indolore e causò circa un milione di morti, con 15 milioni di indù, musulmani e sikh che si spostarono dalle aree di origine ai nuovi Stati, per timore di discriminazioni religiose. Nell’ottobre dello stesso anno, India e Pakistan si affrontarono in una guerra per il controllo del Kashmir, governato da un principe indù, ma a maggioranza musulmana. L’intervento dell’Onu portò a una tregua e alla divisione in due parti del Kashmir, che è rimasto tale anche dopo una nuova guerra nel 1965. Non è stato mai tenuto, invece, il referendum concordato per stabilire il destino della regione, compresa una sua eventuale indipendenza.
Per completare il quadro, una piccola parte del Kashmir è occupato dalla Cina, dopo uno scontro armato nel 1962 con l’India, mentre Pakistan e India si sono affrontati di nuovo in guerra nel 1971, per il sostegno dato dall’India alla secessione del Pakistan orientale, divenuto poi Bangla Desh. Con questi retroscena, si capisce perché non si sia finora giunti a una soluzione per il Kashmir, anzi tutti questi anni sono stati contrassegnati da continui scontri e attentati, in Kashmir e nei due Stati limitrofi.
Anche adesso la situazione è molto tesa: accanto ai “normali” scambi di proiettili attraverso la linea di demarcazione, a febbraio c’è stato il sanguinoso attacco di un militante islamico in India, con 40 militari uccisi, seguito da uno scontro tra aerei indiani e pakistani. Se il primo attentato è stato il più grave degli ultimi anni, lo scontro aereo ha portato i due Paesi vicini a una nuova guerra. Un aereo indiano è stato abbattuto e il pilota catturato, poi riconsegnato pochi giorni dopo all’India in quello che è stato considerato un tentativo pakistano di abbassare i toni della contesa.
In effetti, in questo momento sembrerebbe essere il governo di Narendra Modi il più combattivo, in coerenza con la sua impronta fortemente induista e ostile non solo ai musulmani, ma a qualsiasi confessione diversa da quella induista. Negli ultimi tempi sono diventati sempre più frequenti gli attacchi a persone e istituzioni cristiane. Si guarda, perciò, con molta attenzione alle elezioni generali che si terranno in India dall’11 aprile al 19 maggio, coinvolgendo 900 milioni di elettori su una popolazione di 1,3 miliardi. Il Bjp, il partito di Modi, ha attualmente la maggioranza assoluta, ma è diffuso il malcontento per la sua gestione, incluso l’allontanamento dal carattere laico e multireligioso del Paese. Ciò dà qualche speranza al principale partito di opposizione, il Partito del Congresso, guidato da Rahul Gandhi, nipote di Jawaharlal Nehru, primo ministro dal 1947 al 1964.
Come riporta AsiaNews, in vista delle elezioni ci sono stati diversi incontri tra i rappresentanti delle varie religioni. La delegazione cristiana ha chiesto da un lato il rispetto delle minoranze e dall’altro interventi che consentano di garantire a tutti “lavoro, casa, educazione e cibo”.
Il risultato delle elezioni è non facile da prevedere, ma si può pensare che un governo del partito di Nehru potrebbe finalmente avviare un processo quantomeno di attenuazione dei contrasti con il Pakistan, allontanando lo spettro di una nuova guerra. Finora, la Cina sembra essere l’unica ad aver tratto qualche vantaggio dalla situazione, avviando rapporti abbastanza stretti con il Pakistan e, in minor misura, con l’India, con cui esistono spinose questioni di confini. Tuttavia, anche le relazioni con il Pakistan si sono rivelate meno facili del previsto ed è sorprendente che di ciò non traggano vantaggio gli Stati Uniti, tanto più in un momento come questo in cui le relazioni con Pechino sono particolarmente tese.