“La rivalità non esisteva neanche prima di Palermo”, ha detto l’ambasciatore francese a Roma, Christian Masset parlando a un Forum dell’Ansa “la conferenza di Palermo è stata la dimostrazione che non c’è rivalità tra Italia e Francia: La Francia è stata al fianco dell’Italia condividendo l’obiettivo della stabilità che serve al popolo libico e lavorando insieme”. Ci sarebbe più di qualcosa da obiettare, ma, come ci ha detto in questa conversazione il generale Marco Bertolini, “un diplomatico è un diplomatico e non ci si può aspettare da lui la verità”. Che invece Macron abbia deciso un cambio di linea?



Che cosa ne pensa delle parole dell’ambasciatore francese?

Neanche prima della conferenza di Palermo un ambasciatore avrebbe detto il contrario, è una dichiarazione da ambasciatore cioè diplomatica. Credo sia presto per immaginare che ci possa essere un cambio da parte di Macron. I fatti sono quello che conta.

E sarebbe?

Fino a oggi Macron ha avuto una posizione non conflittuale ma certamente non in linea con noi. E’ anche vero che a Palermo la Francia ha partecipato con una presenza di peso a differenza di tanti altri paesi, ma soprattutto lo ha fatto per l’interesse sulla Libia che per la Francia rimane importante.

Da Palermo cosa è uscito di concreto?

Credo che il bilancio, come hanno sottolineato in molti, è il bicchiere mezzo pieno e mezzo vuoto. L’Italia ha fatto vedere che è determinata a tutelare i suoi interessi, ha alzato un po’ la voce, in un’area che per noi è strategica. E’ però vero che non si è giunti alla firma di alcun documento comune, con Haftar che è rimasto fuori della porta, però è venuto. Può essere un passo importante. Si vedrà se il nostro governo confermerà il suo interesse nell’aria e una volontà di incidere anche in futuro. Il fatto che ci fossero Haftar, le delegazioni da Tripoli e altri paesi potrà portare qualche risultato.

L’ambasciatore francese ha sottolineato come il piano dell’Onu stia cominciando a dare dei risultati, muovendosi dal basso, incontrando tribù e esponenti della società civile, è così?

Sicuramente. Noi ci siamo abituati a parlare dell’uomo forte della Cirenaica, Haftar e di quello di Tripoli, Sarraj. Ma non c’è dubbio che non sono solo loro gli interlocutori. Misurata ad esempio, che è alleata di Sarraj ma ha una sua strategia non sempre allineata con lui. Bisogna tener conto delle tribù che ci sono nel sud, che aprono e chiudono la porta ai migranti. Bisogna tener conto di Saim al-Islam Gheddafi, protetto da Haftar e che pare stia tornando in auge come possibile interlocutore nel futuro. Tanti gli attori, bisogna parlare con tutti. Ogni passo che porta a trattare è sicuramente positivo.

Che ne pensa dell’assalto dei soldati libici alla nave Ong Nivin che con la forza hanno fatto sbarcare e rinchiuso un’ottantina di migranti? Qualcuno ha detto che dietro a questa operazione c’è Salvini…

La Libia nonostante i problemi che ha cerca di esercitare la propria sovranità: la guerra alla Libia risale al 2011, sette anni dopo che si cerchi in qualche maniera nonostante la divisione a esercitare il controllo sulle acque territoriali mi sembra positivo, mentre accusare Salvini sul caso Nivin mi sembra un po’ eccessivo.