Nelle ultime ore si è temuto il peggio in Marocco quando un uomo ha tentato di avvicinarsi al cordone di sicurezza del corteo in cui passavano il Re Mohammed VI del Marocco e proprio Papa Francesco, agitando in mano quella che sembrava una busta. L’uomo sospetto ha provato a inserirsi tra le vetture del convoglio è stato bloccato da agenti della sicurezza ma non è riuscito a raggiungere il re, il quale pare dalle immagini manco se ne fosse accorto: l’arrivo alla Hassan Tower ha vissuto dunque momenti di panico per quello che poteva tranquillamente concludersi con un attentato ma che invece è stato solo un’azione isolata di un folle. Il Papa oggi ha ricordato che comunque la missione dei cristiani anche in terra a maggioranza musulmana non è quella dello scontro o dell’elitarismo ma del semplice incontro: «Le vie della missione non passano attraverso il proselitismo, che porta sempre a un vicolo cieco, ma attraverso il nostro modo di essere con Gesù e con gli altri. Quindi il problema non è essere poco numerosi, ma essere insignificanti, diventare un sale che non ha più il sapore del Vangelo, o una luce che non illumina più niente». (agg. di Niccolò Magnani)



“CRISTIANESIMO NON È PROSELITISMO”

Nella sua seconda e ultima giornata a Rabat, Papa Francesco ha voluto incontrare i cristiani presenti nel territorio e il clero del Marocco ricordando loro subito di non essere assolati «dal pensiero di poter essere significativi solo se siamo la massa e se occupiamo tutti gli spazi». Papa Bergoglio fa sua la metafora del lievito per spiegare ai religiosi presenti il messaggio di Cristo: «Voi sapete bene che la vita si gioca con la capacità che abbiamo di ‘lievitare’ lì dove ci troviamo e con chi ci troviamo. Anche se questo può non portare apparentemente benefici tangibili o immediati (cfr Esort. ap. Evangelii gaudium, 210). Perché essere cristiano non è aderire a una dottrina, né a un tempio, né a un gruppo etnico. Essere cristiano è un incontro, un incontro con Gesù Cristo. Siamo cristiani perché siamo stati amati e incontrati e non frutti di proselitismo». Il Pontefice ricorda poi quanto scritto da San Paolo VI nell’Enciclica “Ecclesiam Suam”, ovvero che La Chiesa deve venire a dialogo col mondo in cui si trova a vivere. Affermare che la Chiesa deve entrare in dialogo, osserva ancora Francesco, «non dipende da una moda, tanto meno da una strategia per aumentare il numero dei suoi membri. Deve invece entrare in dialogo per fedeltà al suo Signore e Maestro». Un dialogo cui ogni cristiano anche in Marocco è invitato a realizzare «alla maniera di Gesù, mite e umile di cuore con un amore fervente e disinteressato, senza calcoli e senza limiti, nel rispetto della libertà delle persone». (agg. di Niccolò Magnani)



“GERUSALEMME DA PRESERVARE”

Si concluderà oggi la visita di due giorni di Papa Francesco in Marocco. Ieri il Pontefice ha incontrato a Rabat, la capitale, Re Mohammed VI, un vis-a-vis significativo con cui ha affrontato la questione dei migranti, d’attualità come non mai. Il Santo Padre ha voluto mandare un messaggio forte e chiaro, come sottolineano i colleghi de La Stampa, respingendo con assoluta fermezza le espulsioni di massa, che «non devono essere accettate – spiega Bergoglio – perché non permettono una corretta gestione dei casi particolari». Un monito che il Papa pronuncia di fronte ad una sessantina di migranti provenienti dall’Africa sub-sahariana, ospiti della Caritas di Rabat, scelti in rappresentanza dei 100mila profughi che vivono oggi in Marocco. «Voi affrontate una ferita grave, che grida al cielo – le parole a loro rivolte – non vogliamo che l’indifferenza e il silenzio siano la nostra parola». Francesco, prosegue La Stampa, invita ad «impegno comune» per non lasciare «nuovi spazi ai “mercanti di carne umana”, affrontando i flussi irregolari con giustizia, solidarietà e misericordia». Inoltre, i «percorsi di regolarizzazione straordinari», soprattutto nei casi di famiglie e minori «devono essere incoraggiati e semplificati». Quindi Papa Francesco chiude così il suo intervento: «Barriere e respingimenti non sono soluzioni». (aggiornamento di Davide Giancristofaro)



PAPA FRANCESCO IN MAROCCO

Un viaggio dall’alto valore simbolico quello che vede protagonista Papa Francesco in Marocco per una visita apostolica di due giorni. In terra islamica il Santo Padre e il Re Mohammed VI hanno siglato però un documento di estrema importanza dal punto di vista politico avente come oggetto Gerusalemme. Recentemente riconosciuta dagli Usa di Donald Trump capitale dello stato d’Israele in maniera unilaterale, il pontefice e il sovrano marocchino hanno voluto ribadire e tutelare lo status della Città santa internazionalmente riconosciuto. Come riportato da Il Messaggero, Francesco e Re Mohammed hanno firmato un documento che recita:”Noi riteniamo importante preservare la Città santa di Gerusalemme / Al Qods Acharif come patrimonio comune dell’umanità e soprattutto per i fedeli delle tre religioni monoteiste, come luogo di incontro e simbolo di coesistenza pacifica, in cui si coltivano il rispetto reciproco e il dialogo. A tale scopo devono essere conservati e promossi il carattere specifico multi-religioso, la dimensione spirituale e la peculiare identità culturale. Auspichiamo, di conseguenza, che nella Città santa siano garantiti la piena libertà di accesso ai fedeli delle tre religioni monoteiste e il diritto di ciascuna di esercitarvi il proprio culto”.

PAPA FRANCESCO IN MAROCCO

Dal punto di vista prettamente religioso la visita di Papa Francesco in Marocco è volta a rinforzare sempre di più i legami tra credi differenti. Lo ha ribadito il Pontefice descrivendo il viaggio come “un’opportunità per promuovere il dialogo interreligioso e la conoscenza reciproca tra i fedeli delle nostre due religioni, mentre facciamo memoria – ottocento anni dopo – dello storico incontro tra San Francesco d’Assisi e il Sultano al-Malik al-Kamil”. Francesco ha aggiunto: “Quell’evento profetico dimostra che il coraggio dell’incontro e della mano tesa sono una via di pace e di armonia per l’umanità, là dove l’estremismo e l’odio sono fattori di divisione e di distruzione”. Il Successore di Pietro ha chiarito come la sfida sia quella della costruzione di “un mondo più solidale” e rispettoso delle diversità:”Questa è una sfida che tutti siamo chiamati a raccogliere, soprattutto in questo tempo in cui si rischia di fare delle differenze e del misconoscimento reciproco dei motivi di rivalità e disgregazione”.