Nel primo pomeriggio, un jet delle milizie di Haftar è stato abbattuto nella zona di guerra a sud di Tripoli dove da giorni ormai impazza lo scontro serrato tra il Governo nazionale di Al Serraj e l’esercito “sostenuto” dalla Francia di Khalifa Haftar. Mentre ancora non si riescono ad avere i contorni esatti della strage immane in corso d’opera – 121 morti ma in molti sul posto riferiscono di un’autentica strage di bambini – si è concluso in un nulla di fatto (sul fronte della tregua) l’incontro con Al Sisi e Haftar al Cairo. «Il sostegno dell’Egitto agli sforzi della lotta contro il terrorismo e le milizie estremiste per realizzare la sicurezza e la stabilità della Libia», è quanto fuoriesce dal vertice secondo il governo egiziano. L’appoggio di Al Sisi è teso «agli sforzi mirati a porre le basi di uno Stato civile stabile in Libia e ad avviare la ricostruzione»; secondo l’Onu intanto il numero degli sfollati dall’inizio delle ostilità a sud di Tripoli è salito a 16mila, con 2mila che hanno lasciato le proprie case solo nelle ultime 24 ore. Il Governo di accordo nazionale di Tripoli ha fatto invece sapere che il cessate il fuoco verrà rispettato solo quando le forze di Haftar saranno rientrate nelle loro basi ad est del Paese. (agg. di Niccolò Magnani)



LA STRAGE DI BAMBINI

Proseguono gli scontri in Libia, nei pressi di Tripoli, fra l’esercito dei ribelli guidato da Haftar, e i militati del premier Fayez al Sarraj. Una vera e propria guerra civile che avrebbe già causato 121 morti, fra cui diversi bambini, e 561 feriti, per un bilancio che è già quindi pesantissimo. Da più parti sono stati diramati appelli affinché gli scontri cessino, ma al momento la tensione in Libia non sembra vicino all’epilogo, e pare che nell’esercito di al Serraj si starebbero creando alcune divisioni interne, come riferito poco fa dall’agenzia Nova: «una disputa con la Brigata al Sumud, guidata dal misuratino Salah Badi, e con gli estremisti del Consiglio della Shura dei rivoluzionari di Bengasi (Brsc), gruppo armato islamista ostile ad Haftar ed espulso dalla Cirenaica nel 2017». A svelarlo ai colleghi, una fonte interna che ha voluto rimanere anonima e che ha sottolineato l’esistenza di un piano della Brigata al Sumud e delle Brsc di arrestare Sarraj, una volta che gli scontri nella capitale saranno terminati. Sulla vicenda si è espressa anche Myrta Merlino, neo ambasciatrice dell’Unicef, che intervistata dai microfoni del Corriere della Sera ha ammesso: «Come prima cosa andrò a Tripoli, quest’estate, per rendermi conto delle condizioni in cui vivono migliaia di bimbi migranti. E’ casa nostra – dice – io vado in vacanza a Pantelleria, quando mi sveglio davanti a me c’ è l’ Africa». (aggiornamento di Davide Giancristofaro)



LIBIA, GUERRA A TRIPOLI: CENTINAIA DI MORTI

Impazza la guerra in Libia, nei pressi di Tripoli, e come al solito ad averne la peggio sono i civili. Da dieci giorni a questa parte, da quando cioè sono iniziati gli scontri fra le milizie del generale Haftar, e l’esercito del premier al Sarraj, si contano già cento morti, di cui 28 bambini. Sono invece 13.500 gli sfollati, mentre centinaia di libici sarebbero intrappolati nelle zone di guerra, in attesa di essere evacuati non senza difficoltà. Ieri giornata di scontri violenti a 25 km a sud est dalla capitale, nella zona di Suani ben Adem, dove per ore i due eserciti si sono fronteggiati fino a che le truppe del generale ex fedelissimo di Gheddaffi non sono state costrette alla ritirata. Sul campo anche le milizie di Zintan, protagoniste già nel 2011 della cacciata del “colonnello”, ed ora schieratesi a fianco del governo nazionale. «Combattiamo per la nostra terra, per tutti i libici – le parole all’agenzia Ansa del generale Abuseid Shwashli, a fianco di al Sarraj – per questo sino ad oggi siamo ancora rimasti sulla difensiva: anche i soldati di Haftar sono nostri compatrioti. Quelli di Haftar hanno armi più moderne, ma non le sanno usare – ha aggiunto – sono soprattutto reclute, meno del 20% delle loro forze ha esperienza, e combattono per lo stipendio oppure perché sono costretti». Così invece aveva parlato nella giornata di ieri il premier Conte: «C’è un serio rischio, un concreto rischio, di una crisi umanitaria che vogliamo scongiurare. Se ci sarà una crisi umanitaria l’Italia saprà affrontarla». (aggiornamento di Davide Giancristofaro)



LIBIA, BATTAGLIA A SUD I TRIPOLI

Nonostante gli appelli da più parti, a cominciare da quello del presidente del consiglio, Giuseppe Conte, impazza la battaglia in Libia ad una manciata di chilometri da Tripoli. Come riferito poco fa dai colleghi de Corriere della Sera, sono in corso scontri violenti fra le forze del premier Fayez al Sarraj, e i militari ribelli fedeli al generale Khalifa Haftar. Una battaglia che si sta svolgendo precisamente a Suani, una cittadina che dista circa 25 km dalla capitale. A darne notizia sono alcune fonti locali che parlano anche di cinque civili uccisi da ieri, fra cui una donna incinta, con l’aggiunta di cinque case distrutte. Haftar sta attaccando l’esercito di al Sarraj con artiglieria, razzi, e con l’aggiunta di un raid aereo, ma le milizie governative stanno opponendo una forte resistenza. Il paese è sull’orlo di una guerra civile, e si tema una migrazione di massa, anche perché da pochi giorni a questa parte, da quando cioè sono iniziati gli scontri fra le due opposte fazioni, sono già più di 13.500 gli sfollati, come riferisco dall’Ufficio delle Nazioni Unite per gli Affari umanitari (Ocha).

LIBIA, VIOLENTI SCONTRI A SUD DI TRIPOLI

Quattro mila le persone che hanno lasciato la propria casa solamente nelle ultime ore 24 ore, e c’è il rischio che tale numero cresca a dismisura nel giro di breve tempo se gli scontri dovessero farsi ancora più violenti. Sembra inoltre che 4.500 persone hanno chiesto l’evacuazione, visto che si trovano in aree poco sicure, ma solamente 600 avrebbero trovato aiuto. Vi sarebbero in particolare centinaia di civili intrappolati nella zona di Ain Zara, a circa 15 chilometri di distanza da Tripoli, che negli scorsi giorni è stata teatro di duri scontri fra i due eserciti rivali. Secondo l’Onu i morti sarebbero già più di 100 dall’inizio della guerra, di cui 28 bambini, con l’aggiunta di più di 500 feriti. «Gli ospedali in Libia sono al collasso – le parole di Foad Aodi presidente dell’Associazione medici stranieri in Italia – e sono triplicate le richieste di operare in Italia i bimbi feriti».