Con una mossa a sorpresa, in realtà preparata da settimane, il generale Haftar sta muovendo il suo esercito verso Tripoli. Nella notte è stata conquistata la città di Ghanian che è una delle porte di accesso all’area di Tripoli, si sono registrati combattimenti di poco conto, con forse una sola vittima, ma a Tripoli è scattato l’allarme. Secondo il generale Marco Bertolini da noi intervistato, “quello che sta succedendo era da prevedere, inevitabilmente Haftar, che dispone dell’organizzazione militare più forte, prima o poi avrebbe fatto questa mossa”. Che però, spiega, “non significa andare a combattere a Tripoli ma creare una situazione di instabilità tale da far cadere Serraj da solo”. Bertolini, già comandante della Folgore, è stato capo di stato maggiore del Comando Isaf in Afghanistan ed ha guidato operazioni speciali in Libano, Somalia, Bosnia, Macedonia e Kosovo.



Il generale Haftar si sta muovendo verso Tripoli affermando di volerla liberare dai terroristi: “Non vogliamo Tripoli per potere o soldi, ma per la salvezza e il prestigio di uno Stato forte”. Le sembra credibile?

Diciamo che tutti cercano di giustificare le loro azioni con motivazioni elevate, dire “vado a combattere i terroristi” significa che nessuno può dire niente contro di lui.

Invece?

La realtà è che Haftar sta esercitando la forza militare di cui in Libia ha l’esclusiva. Serraj ha un po’ di forza grazie alle milizie di Misurata. Ma i misuratini non sono suoi amici, per quanto non siano amici neanche di Haftar. E’ in una posizione delicata perché la sua struttura militare è composita: ci sono le unità tripoline e quelle misuratine che non gli sono per nulla fedeli, tanto è vero che i disordini dei mesi scorsi a Tripoli furono sollevati proprio da costoro.

Ci si poteva aspettare questa mossa di Haftar?

Stupisce la tempistica di quest’azione, però è chiaro che era nella logica di quello che Haftar ha sempre fatto, se pensiamo che si è preso il Fezzan, territorio sotto l’egida di Serraj, e che controlla anche l’area dei pozzi dell’Eni. Che il passo successivo di quest’avanzata a sud fosse seguito da un tentativo se non di mangiarsi la Tripolitania e Tripoli, di conquistare altro territorio era logico. Probabilmente non siamo stati in grado di capire che la situazione si evolvesse in questo modo ma doveva accadere.

Pensa che Haftar voglia davvero attaccare Tripoli?

Per quanto Haftar sia militarmente forte non credo che un’operazione militare su larga scala contro Tripoli sia attuabile. Quello che è probabile è che le frizioni che ci sono già state a Tripoli in passato, adesso aumentino. Probabilmente è questa la scommessa dello stesso Haftar. Nel momento in cui sentono la sua pressione, i dissidi interni potrebbero aumentare, inducendo alcune parti a presentarsi al nuovo padrone come suoi amici.

Quindi si tratta di agitare le acque perché la situazione imploda da sola?

Sì, più che a un’azione militare contro Tripoli, è probabile che Haftar voglia far cadere Serraj per linee interne, con una specie di colpo di Stato che lo faccia fuori.

Potrebbe aver stretto accordi segreti con Misurata in questo senso?

Può essere. Ma prendere una città come Tripoli è un’impresa notevole. Ci sono voluti anni per riuscire a prendere il controllo di Bengasi. Non credo che Haftar voglia impelagarsi di nuovo in questo modo, lui conta sul fatto che le forze che difendono Serraj lo mollino.

L’Europa come reagirà? E l’Italia, che ha sempre sostenuto Serraj?

C’è una nazione europea che sicuramente sta con Haftar ed è la Francia. Lo sosterrà sicuramente. L’Italia non ha la forza per opporsi, abbiamo un’ambasciata a Tripoli ma ci vuole la forza militare e diplomatica che noi non abbiamo. E non credo che l’Europa stessa possa fare più di tanto.

Una Libia in mano ad Haftar che Libia sarebbe?

Sarebbe una Libia più francese e meno italiana. Anche un po’ russa, perché Haftar ha rapporti ottimi con Putin. Bisogna vedere che rapporti riusciremo a creare con lui, essere realisti e meno ideologici di quanto siamo oggi. Non si tratta di scegliere il buono contro il cattivo, ma di scegliere chi è più conveniente per noi. Sicuramente per lealismo con l’Onu siamo stati con Serraj, ma altrettanto sicuramente dovevamo pensare ad Haftar in altro modo. Adesso siamo in ritardo.

(Paolo Vites)