Dall’allarme terrorismo, Haftar è passato alla minaccia vera e propria, quella che tutti sospettavano: “Ci fermeremo solo dopo aver conquistato Tripoli”, come ha detto nelle ultime ore. In realtà per lui le cose non stanno andando esattamente come previsto, come ci ha detto Mauro Indelicato, inviato de Il Giornale, in quanto stanotte oltre cento dei suoi soldati sono stati catturati dalle forze unite di Tripoli e Misurata: “Il vero movente di Haftar è politico, non militare, lo dimostrano gli scontri che ci sono stati fino a oggi più simili a scaramucce che a battaglie”. Haftar in sostanza vuole presentarsi alla Conferenza nazionale del 14 aprile come l’uomo più forte della Libia. Ma rischia di ottenere l’effetto boomerang.



Haftar sta spaventando tutti con il suo attacco inaspettato e con le sue minacce a Serraj. Siamo in procinto dello scontro finale per il dominio della Libia o che altro?

In realtà l’obiettivo di Haftar è più politico che militare. Lo si intuisce dall’intensità limitata degli scontri e ad affermarlo sono fonti egiziane che lo hanno dichiarato a diversi canali televisivi. Secondo queste fonti Haftar vuole mettere sotto pressione Serraj in un momento in cui ci si prepara alla Conferenza nazionale che comincia il 14 aprile. Vuole proporsi come l’unico in grado di riequilibrare la Libia, dunque la sua è un’azione di forza ma con finalità politiche.



Questa sua mossa non rischia invece di essere controproducente per lui? Farlo apparire cioè come un guerrafondaio?

Potrebbe esserci questo rischio. Prima o poi Haftar riuscirà comunque a prendere Tripoli e la Libia, il problema è capire come, se con un passaggio politico o militare. La forzatura di questi giorni può essere un elemento in più, ma le cose potrebbero avere un effetto boomerang anche perché le forze straniere non lo coprirebbero più in caso di sconfitta. Rischia di passare come colui che ha rotto gli equilibri costruiti faticosamente dopo la conferenza di Palermo e non come elemento pacificatore.



Ha parlato di forze straniere che lo coprono: intende la Francia, la Russia e l’Egitto?

Esattamente. Non solo la Russia, ma anche gli altri suoi sponsor quantomeno sapevano, è chiaro che nessuno è esente da responsabilità. Haftar poi non si muove senza il consenso dei suoi vari sponsor. Adesso l’obiettivo di tutti questi paesi è di evitare nuovi scontri e richiamarlo alla calma. Però dietro di lui si nascondono sia la Russia che la Francia, e anche l’Italia stessa che per i contatti stabiliti in questi ultimi mesi sapeva sicuramente qualcosa di quello che voleva fare.

Questo è inquietante…

C’è una notizia che è passata del tutto inosservata. Il 23 marzo scorso gran parte delle ambasciate occidentali a Tripoli avevano diramato l’allarme, in particolare sia quella americana che quella tedesca avevano intimato ai loro cittadini presenti di lasciare la capitale. Questo è il segno che le cancellerie occidentali sapevano che qualcosa stava per succedere.

Che ruolo gioca in questo contesto Misurata, città-stato che si pone come terzo incomodo nella lotta per il potere in Libia?

Misurata è la città-stato più potente della Tripolitania, dispone di circa 200 milizie che sono le stesse che hanno sconfitto l’Isis e che a Sirte catturarono Gheddafi. Il peso politico e militare è molto forte. Senza Misurata è difficile controllare Tripoli.

Haftar sperava in una sollevazione popolare sia a Tripoli che a Misurata, sembra invece che abbia ottenuto l’effetto opposto, è così?

Haftar ha cercato di fare breccia nell’ala più moderata del governo di Misurata, per indebolire la città stessa. Ma al momento a prevalere sono le frange vicine ai Fratelli musulmani che sono nemici acerrimi di Haftar. Ecco allora che Misurata sta facendo fronte comune con Tripoli. Haftar non riesce a spezzare le alleanze fra le varie milizie della città. Il suo obiettivo è infatti isolarla, spera in un’insurrezione o quantomeno in un appoggio popolare dei cittadini di Tripoli e delle città vicine; in questo modo le milizie di Misurata resterebbero isolate, ma pare che non stia ottenendo quello che desiderava.

(Paolo Vites)