Continua l’offensiva di Haftar contro al Serraj e il governo di Tripoli. Ieri nel mirino c’era l’aeroporto di Mitiga. L’inviato dell’Onu Ghassan Salamé ha condannato i raid di Haftar, invitandolo a tornare al tavolo del negoziato. Sono questi i pochi elementi certi di una situazione che potrebbe risultare nella realtà diversa da come appare, fa presente al Sussidiario Paolo Quercia, direttore del Cenass ed esperto di politica internazionale. “Ora l’Italia deve aspettare – dice Quercia – con la prospettiva però di passare all’azione appena la situazione si chiarifica”. Haftar? “Non mi stupirei se fosse andato oltre i suoi mezzi”.
Serraj ha reagito e intende dimostrare di essere un argine alle pretese di Haftar. Che però va avanti. Quali sviluppi prevede?
Una guerra civile a bassa intensità ormai in Libia c’è da diversi anni. Non vedo però all’orizzonte lo scoppio di un conflitto generalizzato, quanto piuttosto il rischio di veder naufragare l’opzione di trovare un accordo tra le varie fazioni libiche nel processo di riconciliazione nazionale.
“Ci opponiamo all’offensiva del generale e chiediamo l’arresto immediato delle operazioni contro Tripoli” hanno detto ieri gli Stati Uniti. Intanto sappiamo di un ambasciatore straordinario Usa in Libia. Cosa vuole Washington?
Probabilmente molto poco e prevalentemente in negativo: anti-terrorismo, impedire che la parte orientale della Libia finisca nella sfera di influenza di potenze rivali come Russia o Cina, attenzione a chi mette le mani sul petrolio del Paese, protezione dell’Egitto dall’instabilità.
Una fonte diplomatica francese ha detto al Figaro che la Francia non era a conoscenza delle intenzioni di Haftar e non ha “alcun programma nascosto” sulla Libia. Come commenta queste dichiarazioni?
Che non fosse a conoscenza a livello di intelligence mi apparirebbe molto strano. Che Parigi non sia politicamente il mandante dell’avanzata rapida di Haftar potrebbe anche essere.
Un interrogativo riguarda l’impotenza o gli errori dell’Italia. Siamo stati presi alla sprovvista? Dove abbiamo sbagliato?
È presto per dirlo. Vediamo come va a finire. Onestamente Haftar potrebbe aver commesso un passo falso, mosso dall’ambizione o mal pilotato da chi vuole ad ogni costo impedire una stabilizzazione del Paese.
Il rapporto con gli Usa sembra essersi logorato tra la Conferenza di Palermo e la firma del memorandum con la Cina. Che ne pensa?
Potrebbe essere una spiegazione. Certamente paghiamo il fatto di avere una politica estera ormai inesistente. Ovviamente alle due forze che compongono questo governo la politica estera non interessa troppo. Ma il rattrappimento della Farnesina va ormai avanti da tanti, troppi anni. Un vero peccato, perché abbiamo probabilmente uno dei migliori corpi diplomatici d’Europa. Ma bisogna dargli l’istruzione di tornare a fare una politica estera nazionale ed i mezzi per farla. La crisi del multilateralismo è evidente con quello che sta succedendo in Libia. La latitanza di Ue, Nato, Onu, Ua è davvero impressionante.
C’è il rischio di una grossa ondata migratoria?
Non necessariamente. Le dinamiche delle partenze dei flussi sono altre. Anzi, i trafficanti hanno bisogno di relativa tranquillità affinché i loro traffici producano profitti. Dalla Libia non si parte a causa della guerra ma per un precisa volontà di giungere in Europa. Come dimostrato dal basso numero di libici che sbarcano e dall’alto numero di migranti sub-sahariani. Certo quanto sta accadendo influenzerà le capacità della Guardia costiera libica.
Cosa possiamo o dobbiamo fare adesso?
Probabilmente a questo punto aspettare e guardare come si muovono i principali attori sia interni che internazionali. Con la prospettiva però di passare all’azione appena la situazione si chiarifica. Tutti parlano di una Libia quasi interamente controllata da Haftar, ma il concetto di controllo in Libia è piuttosto vago. In realtà le aree di controllo sono spesso solo nominali e temporanee, con veloci cambi di mano. Non mi stupirei se Haftar fosse andato oltre i suoi mezzi, ossia quelli che gli hanno messo a disposizione i suoi alleati.
(Federico Ferraù)