RIO DE JANEIRO — “Conoscerete la verità e la verità vi farà liberi”: comincia così il primo discorso di Jair Bolsonaro come presidente del Brasile. In questo strano Paese, che non ha mai avuto un partito anticlericale e antireligioso, queste parole non hanno attirato le critiche e gli appelli alla laicità che noi europei ci aspetteremmo. “Questo governo sarà un difensore della Costituzione, della democrazia e della libertà”, continua, ma poi rafforza: “Questa è una promessa non di un partito. Non è la parola vana di un uomo. È un giuramento a Dio”.
Nelle sue mille parole usa “libertà” dodici volte e sei volte “democrazia”. Promette una riduzione dello Stato federale e della burocrazia, la distribuzione immediata delle risorse agli stati e ai comuni (“Più Brasile, meno Brasilia”), la riduzione del deficit federale. Si rivolge ai giovani come a coloro che sono più provati dalla crisi economica attuale.
Il “nuovo Lula” sarà chiamato molto presto a dimostrare la sua capacità di realizzare le sue promesse. Troverà un Parlamento fortemente rinnovato, più frammentato ma spostato a destra e molto meno ostile del previsto. Il suo Partito social liberale è passato da uno a 52 deputati. Diventa così il secondo gruppo dopo il Pt, ma la sinistra è divisa e lotta per la leadership dell’opposizione. Rimane il centro, che normalmente si allea al vincitore se il prezzo è giusto. Comunque, al di là delle 30 sigle (un altro record di questa elezione storica), i veri grandi partiti in Brasile sono gli evangelici, gli agrari, gli imprenditori e gli edili. A parte questi ultimi, legati alle opere pubbliche e allo statalismo del Pt, è difficile pensare che gli altri non appoggino il nuovo presidente.
L’economia non va bene ma è stabile, non alle soglie di una recessione come nel 2014. La Borsa è cresciuta del 7% dopo il primo turno e in questi giorni, seguendo i sondaggi, ha già scontato l’elezione di Bolsonaro. Ci si aspetta ora solo un lieve rialzo. Potrebbero, invece, spingerla in alto le notizie su chi entrerà nel nuovo governo. Paulo Guedes, il capo dell’équipe economica, ha già indicato che il primo obiettivo è il controllo dei costi e quindi la riforma della previdenza, che il governo Temer non è riuscito a portare a termine. È una bomba che va disinnescata rapidamente: con un terzo dei pensionati, il Brasile sta spendendo in pensioni quanto Francia e Belgio. Con questi segnali ci si aspettano ministri graditi ai mercati. Se questo, unito alle prospettive di maggiore stabilità, facesse ripartire lo sviluppo, i primi beneficiari sarebbero i 13 milioni attualmente disoccupati.
Nell’area economica le linee e una possibile maggioranza sembrano tracciate. Sono i temi della sicurezza e quelli sociali che potrebbero scatenare le reazioni maggiori: liberalizzazione delle armi, riduzione della maggiore età penale, difesa dell’ambiente. Su questi il presidente Bolsonaro sarà chiamato a controllare il “personaggio Bolsonaro” e a mediare senza perdere la sua immagine di innovatore.
L’osservatrice dell’Unione degli Stati americani ha dichiarato che sono state elezioni “senza violenza o altre difficoltà”. Dopo la proclamazione dei risultati ci sono stati festeggiamenti diffusi, anche nelle favelas di Rio, e praticamente nessun incidente. Siano buoni auspici per i prossimi quattro anni.