Il 30 novembre a Buenos Aires inizierà la riunione plenaria del G20, con la presenza dei capi di Stato dei maggiori Paesi del pianeta. Sebbene questi incontri alla fine si riducano a gigantesche operazioni mediatiche, sul modello di quelle della Wto, che nella sua ultima riunione, nella stessa capitale argentina due anni fa, partorì un nulla di fatto nonostante le mediatiche premesse, i riflettori del mondo saranno puntati su una nazione, l’Argentina, per la quale il summit serviva come porta d’entrata al mondo, ma rischia invece di rappresentare l’inizio dell’ultima fase di una debacle largamente annunciata.
Quando Macri nel 2015 assunse il potere in molti, compreso il sottoscritto, pensavano che finalmente in un Paese che versa da più di 40 anni in una crisi continua si potesse iniziare l’instaurazione di una Repubblica con uno Stato di diritto, cosa fino a quel momento citata solo nei passaporti. Invece nulla di tutto questo è accaduto: sebbene il peronismo, che da sempre ha mal digerito il concetto di democrazia, sia ormai arrivato a una frantumazione che sarebbe storica se non fosse perché già avvenuta e terminata nel ricompattarsi attorno al caudillo di turno, Macri ha solo tentato blandamente di portare il Paese sulla retta via senza mai avere il polso della situazione, facendo credere che la disastrosa situazione ereditata da 13 anni di kirchnerismo (l’ennesimo caudillismo peronista) dei Governi di Nestor e Cristina Kirchner, che hanno lasciato le casse dello Stato vuote (altro classico peronista) con fenomeni di corruzione arrivati alla storica cifra di 35 miliardi di dollari senza minimamente modernizzare il Paese, potesse essere risolta con la bacchetta magica di una pioggia di investimenti stranieri promessa fin dai primi giorni del suo mandato.
Soldi ovviamente mai arrivati per due semplicissime ragioni: in primis perché la mancanza di infrastrutture frena qualsiasi investimento e in secondo luogo perché è metafisico pensare di spendere capitali per costruire imprese in una nazione dove il potere sindacale è assoluto, in gran parte corrotto (i segretari dei sindacati sono tra gli uomini più ricchi del Paese) e politicamente legato al peronismo e quindi, come già storicamente successo, in grado di bloccare l’Argentina in qualsiasi momento.
Soldi quindi non ne sono arrivati ed è continuata la speculazione finanziaria sul cambio del dollaro (vera industria ormai più argentina del tango) che, spesso politicamente manovrata, agisce come amplificatore degli starnuti finanziari mondiali, provocando impennate della valuta americana (come a maggio e agosto scorsi) a causa della fragilità di un Paese indebitato ed eternamente “emergente” e quindi di un’inflazione che ormai ha eroso il potere dei salari come non accadeva da tempo, guarda caso negli ultimi anni del tentativo del primo Presidente post dittatura, il radicale Alfonsin, di instaurare una Repubblica di fatto.
L’avanzata delle indagini sulla corruzione (la famosa Mani Pulite argentina battezzata “Cuadernopolis”), i processi che continuano a coinvolgere il Governo precedente, la minaccia del carcere che incombe ormai non solo sull’ex Presidente Cristina Kirchner (salvata finora da un Senato che di onorabile ha ben poco e ha confermato la sua immunità parlamentare) la sua famiglia e il suo entourage, ma anche su dirigenti sindacali storici, hanno finito per ricompattare un fronte che sembrava irrimediabilmente sconfitto e che proprio a causa dell’incapacità del Governo macrista di comunicare la tremenda situazione ereditata e il coraggio di procedere verso un reale cambiamento rischia di portare il Paese al caos per l’ennesima volta.
Come se non bastassero già gli allerta britannici sulla possibilità di attentati nel corso del G20, già si sono verificati episodi che per ora si sono limitati al tentativo di far esplodere una bomba nel Cimitero storico della Recoleta di Buenos Aires e quello di un ordigno che stava per essere lanciato contro la casa del giudice Bonadio, che conduce le indagini sulla corruzione. Ambedue i fatti sono stati rivendicati da organizzazioni anarchiche, ma che si inseriscono in un contesto che potrebbe portare a episodi ben più gravi, che sicuramente avrebbero una grande risonanza internazionale proprio a causa di quel G20 che per il Governo Macri doveva rappresentare la vetrina di un’Argentina proiettata verso il futuro e che invece rischia di mostrare al mondo un Paese rimasto pietrificato agli anni Settanta.