Un missionario accusato di genocidio per uno sconfinamento accidentale. E’ curioso come in Brasile, dove lo sterminio delle tribù indigene, l’esproprio delle loro terre, la distruzione della foresta amazzonica siano all’ordine del giorno, a essere accusato di genocidio sia il pastore di una chiesa evangelica, in missione nel paese sudamericano. Certamente l’uomo, probabilmente spinto dall’entusiasmo della fede, si è comportato ingenuamente ad avvicinarsi a tribù che vivono ancora nel completo isolamento e di cui non si possono mai sapere le reazioni. Ma che ad accusarlo di genocidio solo per essere entrato in territori considerati riserve dal dipartimento brasiliano per gli affari indigeni è proprio bizzarro.



IL MISSIONARIO ACCUSATO DI GENOCIDIO INGANNATO DAL GPS

Tra l’altro l’uomo, Steve Campbell della Greene Baptist Church nel Maine, Stati Uniti, è entrato in quella zona per errore, guidato dal Gps che evidentemente non funzionava a dovere, mentre si trovava a evangelizzare alcune tribù fuori del territorio degli Hi-Merima, una della dozzina di comunità indigene che vivono in completo isolamento e che non hanno alcun contatto con il mondo cosiddetto civilizzato. L’accusa è grave, perché queste tribù, non avendo mai avuto contatti con gli occidentali, possono essere a rischio di contrarre malattie per loro mortali: “E’ un grave caso di violazione dei diritti e di esposizione al rischio di morte di popolazione indigena isolata”, ha detto il dipartimento brasiliano. Adesso si vedrà quale sorta gli riserverà la giustizia brasiliana.

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