Palden Gyatso, monaco tibetano considerato il paladino del Tibet, è morto all’età di 85 anni. A darne notizia, come riporta l’agenzia di stampa Ansa, è stato il quotidiano tibetano online TibetSun. Il nome di Gyatso era noto soprattutto per la sua lunga detenzione nelle prigioni cinesi dove aveva trascorso ben 33 anni fra campi di rieducazione e prigione tradizionale. Instancabile poi la sua battaglia costante in nome della libertà del suo popolo. Il monaco tibetano è venuto a mancare mentre era ricoverato in un ospedale di McLeod Ganj, quartiere di Dharamsala, la città indiana del Dalai Lama. Qui risiede anche l’amministrazione centrale tibetana in esilio. Le sue condizioni negli ultimi tempi erano peggiorate sempre di più al punto da destare molta preoccupazione. Dopo la sua liberazione dal carcere in Cina, Gyatso viveva in un monastero di Kirti. La sua liberazione era avvenuta grazie ad una campagna internazionale lanciata da Amnesty. Fino ai suoi ultimi giorni di vita, aveva continuato la sua personale lotta per la libertà del popolo tibetano e in generale del Tibet dalla Cina.



PALDEN GYATSO, LA SUA BATTAGLIA PER LA LIBERTÀ DEL TIBET

Palden Gyatso ha trascorso ben 33 anni di disumana prigionia e tortura, trascorsi nelle carceri in Cina per non aver mai voluto rinnegare il Dalai Lama. Il monaco tibetano era diventato araldo della libertà del suo popolo. Lo stesso aveva raccontato quanto vissuto in un libro autobiografico in Italia con il titolo di “Il fuoco sotto la neve”, poi divenuto un film nel 2008. Le sue condizioni di salute negli ultimi mesi avevano destato grande apprensione soprattutto dopo la sua volontà di non essere più sottoposto ad altri interventi medici invasivi. “Ho 85 anni, ho vissuto una vita lunga e piena di benedizioni”, aveva commentato, come riportava AsiaNews.it. a chi lo andava a trovare nel monastero che lo aveva accolto, Gyatso era solito ripetere negli ultimi tempi: “Sono felice di aver vissuto una vita lunga e piena di benedizioni. Persino il carcere è stato una benedizione, perché ho visto tanti amici morire davanti a me mentre io sono sopravvissuto. Sono sopravvissuto a torture e carestie”. Il suo primo arresto avvenne nel 1959 dopo l’occupazione del Tibet dalla Cina con l’accusa di aver protestato contro l’occupazione del suo Paese. In cella ci rimase per 33 lunghi anni, tra prigioni tradizionali e campi di lavoro dove subì numerose torture.

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