Le recenti elezioni in Baviera e Assia possono essere utili per cercare di capire cosa sta succedendo in Germania e in altri Paesi europei, Italia compresa. In queste elezioni si sono decisi i parlamenti, e quindi i futuri governi, di due dei più importanti stati della Repubblica Federale Tedesca. La Baviera ha quasi 13 milioni di abitanti e l’Assia più di 6 milioni: insieme fanno il 23% della popolazione tedesca. La prima conta per il 18,2% e la seconda per l’8,6%, cioè insieme per il 26,8%, dell’intero Pil nazionale. Dati di tutto rispetto, che non possono non riflettersi sullo scenario nazionale tedesco e, di conseguenza, europeo.



Come noto, le elezioni hanno portato a un pesante calo dei voti per la Csu in Baviera, per la Cdu in Assia e per la Spd in entrambi i Länder, e diversi commentatori tedeschi parlano di débâcle per i partiti di governo, fino a ipotizzare una possibile crisi a Berlino. Un primo esito è stata la rinuncia di Angela Merkel a candidarsi ancora a leader della Cdu nelle elezioni interne di partito, che si terranno all’inizio di dicembre, e a cancelliere nelle prossime elezioni del 2021. Sembrerebbe anche esclusa una sua candidatura a posizioni guida nell’Unione Europea, ma il condizionale è d’obbligo.



Tra i commentatori tedeschi si è comunque aperto il dibattito su come potrebbe configurarsi una Ue senza Merkel alla guida della Germania e sui vantaggi che potrebbe trarne la Francia di Macron. Il prossimo confronto interno alla Cdu per la scelta della nuova guida si presenta determinante per la continuazione del governo di coalizione a Berlino e per l’atteggiamento nei confronti dell’Ue del suo maggior “azionista”. Altrettanta incertezza regna nella Csu, dove il leader Horst Seehofer cerca di difendersi dall’attacco per i deludenti risultati chiamando in causa il governo locale del suo partito. Comunque sia, la contrapposizione di Seehofer alla Merkel a Berlino non ha avuto un risultato positivo, né esito migliore ha avuto il tentativo di contrastare AfD sul suo stesso terreno, per esempio sull’immigrazione.

Per quanto riguarda i socialisti, le ripetute sconfitte possono rimettere in discussione l’accordo di governo con la Cdu, malvisto da una consistente parte dell’Spd. L’attuale Grosse Koalition, da qualcuno ironicamente chiamata Kleine (piccola), è stata determinata solo dalla necessità di evitare nuove elezioni, dopo il fallimento del tentativo “Jamaica”. Con questo nome veniva indicata l’ipotesi di un governo formato da Cdu, Grüne (Verdi) e liberali dell’Fdp, identificati con i colori nero, verde e giallo, quelli della bandiera, appunto, dello Stato caraibico. Le convulsioni interne, con gli scarsi risultati attribuiti da molti elettori al governo, sono ritenute alla base dell’insuccesso dei partiti della coalizione.

Un trend questo che non appare limitato alla Germania, come sottolineato da molti commentatori: i grandi partiti nazionali, identificabili con le tradizionali posizioni di destra, centro, sinistra, sono non da oggi in declino. Ciò ha dato luogo a un incremento di voti per partiti un tempo marginali e, in molti Paesi, a nuovi partiti solitamente definiti “populisti”. In quest’ultima tornata elettorale, i vincitori sono i Verdi e l’AfD che, con l’entrata in quello dell’Assia, è ora presente in tutti i parlamenti dei sedici Länder tedeschi.

Magra consolazione, l’instabilità politica non sembra più essere una prerogativa italiana e perfino la Germania sembra in preda a problematiche politiche non dissimili dalle nostre. In un certo senso, la forzata coabitazione al governo di Csu, Cdu e Spd in funzione anti AfD ricorda l’ipotesi di intesa Pd con Forza Italia per arrestare l’ascesa di M5s, bocciata clamorosamente nelle ultime elezioni italiane. Le elezioni in Baviera e Assia rischiano di mettere a repentaglio l’analogo tentativo a Berlino. I pentastellati sono arrivati al governo, a differenza di AfD, ma l’instabilità della coalizione di Roma trova un inusuale parallelo in quella di Berlino.

Le differenze rimangono tuttavia notevoli. In Germania i due partiti maggiori rimangono perno di una scena politica che comprende ancora una destra, un centro e una sinistra. La novità è che sulla scena vi sono molti più partiti che non in passato: AfD, Csu/Cdu, Fdp, Verdi, Left. In Italia, invece, da anni non si può più parlare di bipartitismo, pur limitato, e al governo vi è una “Grosse Koalition” nata, come quella tedesca, dalla necessità di evitare nuove elezioni e altrettanto litigiosa. La differenza sostanziale è che non si tratta dei due partiti tradizionalmente maggioritari, ma di due parvenu, come rinfacciato costantemente dagli ambienti che contano. Forse questa volta è l’Italia a fare da battistrada.

Ciò che rimane evidente è la generalizzata incapacità dell’establishment di capire quali sono le reali esigenze dei cittadini o, per usare una parola ormai travisata, dei popoli. Tuttavia, come insegna la storia, offrire brioche al popolo quando chiede pane può risultare molto pericoloso.