Le conseguenze della scelta di Theresa May non sono ancora calcolabili, ma di certo l’immediato post-rinvio del voto in Parlamento ha affondato tutte le Borse in Europa (già indebolite dalla crisi Usa-Cina sui dazi commerciali, ndr): la chiusura di Piazza Affari è del -1,77%, ma ad affondare sono tutte le principali piazze Europee davanti al rinvio, l’ennesimo, sull’accordo di “divorzio” tra Ue e Londra. « L’accordo raggiunto con l’Ue sulla Brexit resta il migliore possibile» al di là dei chiarimenti invocati sul tema del backstop: lo ha ripetuto Theresa May ai Comuni, «con me vi garantisco un’uscita negoziata dall’Ue e sfido coloro che sono contrari a proporre un piano alternativo “plausibile”». La premier Tory ha poi sfidato anche chi vuole un referendum bis: «lo dica chiaramente, esso tornerebbe a dividere il Paese». Certo che anche in questo momento il Regno Unito non è che “sprizzi” salute e unità da tutti i pori. Secondo le fonti dell’Ansa e della Bbc, la May si recherà a Bruxelles prima del vertice Ue del prossimo 13 dicembre per poter discutere con gli altri leader europei sulla possibilità di “cambiare” l’intesa sulla Brexit.



PREMIER: “RINVIO IL VOTO, SAREBBE RESPINTO L’ACCORDO”

Alla fine i “rumors” avevano visto giusto: la premier Theresa May ha appena rinviato ufficialmente il voto sulla Brexit di domani in Parlamento, con un discorso alla Camera dei Comuni che ha fatto saltare sulla sedia moltissimi parlamentari dell’opposizione (e diversi anche della sua stessa maggioranza). «Se il voto fosse andato avanti, sarebbe stato bocciato con un ampio margine. Quindi il voto sarà rinviato», ha spiegato la May lasciando non pochi dubbi e problemi per l’immediato futuro del divorzio dalla Ue. L’Irlanda è su tutte le furie, non meno la Scozia: «profonda frustrazione per il fatto che gli interessi di un partito Tory diviso abbiano la priorità sugli interessi del Paese. Il rinvio del voto è un’abdicazione della responsabilità, che porta a un caos ancora maggiore», ha dichiarato la premier scozzese Nicola Sturgeon che ha sentito telefonicamente anche la Primo Ministro del Regno Unito. Leo Varadkar, premier irlandese, ha escluso un nuovo accordo da rinegoziare: «Non è possibile rivedere il backstop».



CAOS SERVITO IN REGNO UNITO

Nonostante abbia colto tutti di sorpresa anche se Bloomberg l’aveva ampiamente anticipata, la decisione di Theresa May di rinviare il voto sull’accordo raggiunto con Bruxelles sulla Brexit ha scatenato l’ennesimo terremoto politico nel Regno Unito ma nell’ottica della premier conservatrice ha una sua logica, soprattutto per evitare che il suo esecutivo casa. Infatti, dopo che la Corte UE ha fatto sapere che il Paese ha tutto il diritto di cancellare unilateralmente la decisione presa in seguito a quello storico referendum, la May si rende protagonista di questa marcia indietro che scatena le ire delle opposizioni, evitando che il Governo potesse andare sotto: lo scenario che si profila ora è che la premier britannica possa chiedere nuove concessioni all’Europa in modo da rendere maggiormente “digeribile” l’accordo stesso in patria e mettere a tacere le numerose voci che parlano di una intesa al ribasso e che penalizzerà pesantemente l’economia inglese nei prossimi anni. Intanto, sul Governo May comincia ad adombrarsi la presenza di un nuovo referendum dopo quanto stabilito dalla Corte di Giustizia dell’Unione anche se dal punto di vista politico cancellare come con una spugna il risultato del 2016 potrebbe avere pesanti ripercussioni e sarebbe una scelta comunque impopolare. (agg. di R. G. Flore)



L’IRA DI CORBYN, “NON ESISTE PIU’ UN GOVERNO”

Non solo Bloomberg, ora ci sarebbe la fonte quasi ufficiale del rinvio: i media Uk tutti sono concordi nel riferire come oggi pomeriggio in Parlamento la Premier May ufficializzerà il rinvio a data da destinarsi della votazione decisiva sulla Brexit. Il caos è servito e ora non c’è più neanche la smentita di Downing Street a servire da “parafulmine” per la premier inglese travolta da opposizioni e maggioranza stessa: l’Unione Europea, dal canto suo, ha già fatto sapere che non è disposto a rinegoziare un altro accordo sul divorzio, mentre la Corte di Giustizia Ue ha ripetuto anche questa mattina che «quando un Paese membro ha notificato al Consiglio europeo la sua intenzione di ritirarsi dall’Unione Europea, quel Paese membro è libero di revocare un modo unilaterale quella notifica». Primissimi commenti dal Labour, che confermano la veridicità dello slittamento ormai certo del voto inglese, arrivano dal leader Corbyn (su tutte le furie): «Non abbiamo più un governo funzionante. Il consiglio dei ministri giudica evidentemente questo accordo così disastroso da scegliere la mossa disperata di un rinvio dell’11/ma ora». Facendo il suo gioco, Corbyn rilancia l’idea alternativa del Labour di «un’intesa che privilegi i posti di lavoro da porre sul tavolo di futuri colloqui con Bruxelles».

BLOOMBERG: “MAY VERSO SLITTAMENTO DEL VOTO IN PARLAMENTO”

Un colpo di scena clamoroso, l’ennesimo di una vicenda, la Brexit, iniziata ormai due anni fa e ancora senza un finale scritto: Theresa May potrebbe cancellare il voto del Parlamento britannico sull’accordo raggiunto dal governo con l’Ue previsto per domani. A dirlo è Bloomberg, secondo cui tra le ipotesi in campo vi sarebbe anche quella di un ritorno a Bruxelles della premier per tentare di rinegoziare una nuova intesa con l’Unione Europea. Maggiore chiarezza sulle prossime mosse del governo potrebbe arrivare comunque da qui a pochi minuti. Per le ore 14:30 italiane è attesa infatti una dichiarazione ufficiale del primo ministro alla Camera dei Comuni intitolata “Uscita dall’Unione Europea”. Sarà probabilmente questa l’occasione per verificare un eventuale slittamento del voto e per commentare la sentenza della Corte di Giustizia Ue che ha stabilito la possibilità del Regno Unito di restare in Europa unilateralmente. (agg. di Dario D’Angelo)

GB PUO’ TORNARE INDIETRO

Il Regno Unito può tornare indietro: è questo il senso della sentenza della Corte di Giustizia Ue sulla Brexit. Un pronunciamento che per tempismo risulta perfetto se si considera che arriva proprio alla vigilia del voto che il Parlamento britannico è chiamato ad esprimere sull’accordo raggiunto dalla premier Theresa May e Bruxelles. Secondo i giudici del Lussemburgo, quando un Paese membro ha notificato al Consiglio europeo la sua intenzione di ritirarsi dall’Unione Europea, come ha fatto il Regno Unito, quel Paese membro è libero di revocare in modo unilaterale quella notifica”. I giudici hanno anche stabilito fino a quando il Regno Unito potrà tornare sui suoi passi, ovvero “fintanto che l’accordo di ritiro concluso tra l’Ue ed i Paesi membri non è entrato in vigore (quindi nel marzo 2019, ndr)” o “nel caso in cui tale accordo non sia stato concluso, finché non sia scaduto il periodo dei due anni dalla data di notifica dell’intenzione di lasciare l’Ue o ogni sua estensione”. La decisione adesso è tutta “politica”: la Camera dei Comuni avrà il coraggio di dire, “abbiamo scherzato”? (agg. di Dario D’Angelo)

LA SETTIMANA DECISIVA

E’ la settimana decisiva per la Brexit e per il primo ministro britannico Theresa May. Dopo l’appello rivolto ai Tory, in cui ha sottolineato che in caso di no-deal ci sarebbe una situazione di grave incertezza, arriva un’importante novità dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea: una sentenza storica, in cui si afferma che «il Regno Unito è libero di revocare unilateralmente la notifica della sua intenzione di ritirarsi dall’Unione Europea». Un aggiornamento rilevante che potrebbe avere un forte impatto sul voto alla Camera dei Comuni sull’accordo tra il governo e l’Ue, come evidenzia Agi: «o il mio accordo o elezioni anticipate, con l’arrivo di Corbyn a Downing Street e niente Brexit», aveva commentato ieri la May ai microfoni del Mail on Sunday. I media inglesi, inoltre, stanno già ipotizzando la successione, citando i ministri dissidenti. (Aggiornamento di Massimo Balsamo)

APPELLO MAY AI TORY

Mancano due giorni all’attesissima resa dei conti nel Parlamento britannico: dopo mesi di trattative e colpi di scena cosa decideranno a Westminster sulla Brexit? Verrà approvato l’accordo figlio dell’intesa fra Theresa May e l’Ue oppure tutto verrà messo in gioco? Dal canto suo la premier ha messo parecchia responsabilità sulle spalle dei  deputati chiamati a decidere se l’intesa con Bruxelles sarà approvabile – decretando la fine sostanziale dei rapporti in linea definitiva con l’Unione Europea – o da bocciare in toto, rendendo così “reale” quella minaccia del no-deal che da mesi aleggia sulla testa della n.1 di Downing Street. «Se l’accordo sulla Brexit con l’Ue venisse bocciato dal Parlamento inglese, la Gran Bretagna si troverebbe in acque inesplorate», ha detto oggi la premier May in una intervista al “Mail on Sunday” in vista del decisivo voto ai Comuni martedì prossimo. Attenzione, non solo “Brexit” nel piano di allarme suonato dalla leader Tory: «O il mio accordo o la prospettiva di elezioni anticipate, con il possibile arrivo a Downing Street del leader laburista Jeremy Corbyn» (e ovviamente niente Brexit, ndr). Insomma il messaggio è abbastanza chiaro e come dicevano anche gli unionisti irlandesi del Dup settimana scorsa, sembra quasi che la May voglia tenere in “ostaggio” i suoi stessi parlamentari. (con la collaborazione di Dario D’Angelo)

A DUE GIORNI DAL VOTO DECISIVO SULLA BREXIT

«Un no significherebbe una grave incertezza per la nazione con un rischio molto reale che non via sia la Brexit», ha poi continuato la premier May negli ultimatum lanciati, via stampa, ai colleghi conservatori e forse anche ad altre parti delle opposizioni non allineate sul piano-Labour. «Abbiamo un leader dell’opposizione che non pensa a nulla se non a tentare di indurre un’elezione generale, a prescindere dal costo per il Paese. Che Jeremy Corbyn metta le mani sul potere è un rischio che non possiamo permetterci», sottolinea duramente una Premier che sembra sempre più tirata per la giacchetta dai suoi stessi critici, che ne chiedono maggior fermezza contro le opposizioni e contro soprattutto Bruxelles. Su questo secondo punto però gli hard-brexiters sono tutt’altro che inclini a dare credito ancora alla May se non avvenisse un cambio di passo (una richiesta di modifica al piano di divorzio con l’Ue, scrive il Sunday Times questa mattina) rapidamente nelle prossime settimane. Il no-deal si avvicina sempre più e con esso anche l’ipotesi, per ora mai accettata dal Governo, di un secondo referendum Brexit assai voluto dalla maggiorparte della popolazione inglese in questi mesi di tribolate trattative sull’asse Londra-Bruxelles.