Francesco De Remigis, inviato a Parigi de Il Giornale, ha appena pubblicato il primo libro che approfondisce e spiega il fenomeno francese dei gilet gialli (Gilet gialli. Dalla sfida a Macron alla crisi diplomatica con l’Italia. Fino all’incognita delle urne, Società europea di edizioni 2019, scritto con Gaia Cesare). A quattro mesi e una settimana di distanza dalla loro prima manifestazione sfugge all’osservatore comune cosa siano oggi i gilet gialli. Per De Remigis, “è diventato qualcosa d’altro: un movimento orizzontale a cui non basta ricevere sgravi fiscali o premi aziendali per dimenticare anni in cui il potere d’acquisto si è drasticamente ridotto”. Ne abbiamo parlato con lui.



Cosa intende quando dice che il movimento “è diventato qualcosa d’altro”? Ha assunto altre forme?

Qualcosa d’altro nel senso che è partito come movimento trasversale con un riscontro immediato di simpatia. Oggi la metà dei francesi secondo i sondaggi riconosce le istanze di questo movimento, ma chiede uno stop a manifestare ogni sabato ormai da più di quattro mesi.



Questo perché?

Le istanze oggi non sono più legate ai motivi della nascita del movimento, tipo l’aumento del carburante, ma a una serie di politiche a cui il governo aveva promesso uno stop e che invece non ha ancora smentito. Quindi c’è un’evoluzione nei contenuti e nelle contestazioni.

Una evoluzione dunque politica, è così?

Inizialmente c’era la piazza, i blocchi stradali, decine di migliaia di persone che si prendevano ore libere dal lavoro o dalla famiglia per manifestare pacificamente. In tutta la Francia oggi sono emerse alcune figure carismatiche che hanno lanciato anche proposte politiche. Siamo davanti a circa dieci ipotesi di liste in vista delle elezioni europee provenienti da questo movimento, quindi sì, c’è stata una evoluzione anche politica.



Ma che peso può avere?

Ha sicuramente un peso politico che inizialmente non c’era. Oggi Macron nell’ultimo sondaggio è dato al 23%, la Le Pen è al 20,5% e poi il mondo dei gilet gialli che attira il 5% di simpatie politiche. E’ un dato limitato dal punto di vista numerico ma non da quello politico, in quanto attraverso questo 5% si deciderà la vittoria di Macron o della Le Pen. Un 5% ballerino che farà vincere uno o l’altra.

E’ corretto dire che Macron con l’intervento delle forze di polizia è riuscito a enfatizzare le frange violente del movimento?

Sabato scorso sono andato per strada e ho assistito a scene che smentiscono un interventismo della polizia. Prima che le vetrine venissero distrutte e derubate ogni singolo negozio di lusso veniva momentaneamente assaltato dai casseurs e veniva derubato, dopo di che arrivavano i poliziotti che si piazzavano davanti alle boutiques. Era evidente una strategia e un lassismo da parte del governo.

Perché?

Il governo ha dato la responsabilità di questi mancanti interventi al prefetto di Parigi sostituendolo lo stesso giorno con un altro prefetto che invece questo sabato ha dimostrato coome fosse semplice fermare una minoranza violenta. Il sabato precedente i casseurs erano 1500, i poliziotti 5mila. E’ incomprensibile pensare come 5mila poliziotti non potessero fermarli, era evidente una strategia del governo per delegittimare un movimento in gran parte pacifico per fare di tutta l’erba un fascio. Quest’ultimo sabato invece c’è stato qualche incidente ma in misura limitata, mentre qualcosa non ha funzionato a Nizza e in altre città, dove non è stato usato lo stesso piglio di Parigi e dove non ci sono stati danni.

Cambiando argomento, arriva a Parigi dopo essere stato in Italia il presidente cinese. Di cosa parleranno e quali affari la Francia ha già con la Cina?

Certamente Macron ha la necessità politica di accogliere con i guanti bianchi Xi Jinping visto il balzo in avanti del governo italiano con la Cina. Mi preoccupa molto di più l’incontro che Macron avrà con la Merkel sulle questioni commerciali con paesi extra Ue quindi anche con la Cina. Sicuramente Macron è stato preso in contropiede dall’Italia, la Francia non è abituata a questo e anzi spesso va a cercare fette di mercato da fagocitare. In questo caso non sono arrivati prima e cercheranno di rimediare. In cima all’agenda franco-cinese, aerei ed energia. La joint venture tra China general nuclear (Cgn) ed Edf ha già prodotto il primo reattore nucleare di terza generazione costruito in Cina. Poi non dimentichiamo che Macron a gennaio 2018, con imprenditori, manager e consorte, a Pechino fu accolto in pompa magna, anche perché è stato il primo presidente occidentale dopo la rielezione di Xi Jinping e promise di tornarci ogni anno. Non poteva essere altrimenti, vista la cooperazione tra Cina e Airbus, più che trentennale. Oggi sul piatto c’è infatti anche la maxi-commessa di 184 Airbus A320, che vale circa 15 miliardi di euro.

A proposito della Tav invece, a Parigi si dice che è “un problema esclusivamente italiano”.

Questa frase è una semplificazione politica della provocazione che Macron ha lanciato più volte, con l’identica preoccupazione di molte cancellerie europee. Si pensa all’indecisione italiana, ma non sempre si comprende quanto siano differenti le due anime del governo italiano. Se non si comprende questo si fa facilmente una semplificazione che diventa una provocazione anche politica e questo è quello che ha detto Macron. Una semplificazione che diventa una provocazione politica in funzione di una sorta di attacco, una sottolineatura di quanto il governo italiano sia diviso e quindi non affidabile a livello europeo.

(Paolo Vites)