In un comunicato stampa diffuso il 7 dicembre, il portavoce del dipartimento di Stato Usa, Robert Palladino, ha affermato che “il regime di Assad e la Russia hanno falsamente accusato l’opposizione e i gruppi estremisti di aver condotto un attacco con cloro nel nord-ovest di Aleppo”.
L’amministrazione americana sostiene che per giustificare le successive rappresaglie contro i ribelli, le truppe governative siriane avrebbero usato “gas lacrimogeno”. Washington “prevede” che il governo siriano “fabbricherà campioni e contaminerà il sito prima di un’indagine appropriata”.
Tali affermazioni destano più di qualche perplessità. In primo luogo si nota subito il ritardo temporale del comunicato rispetto alla data dell’attacco chimico, il 24 novembre. In secondo luogo, la preoccupazione per la contaminazione delle prove confligge con la richiesta russo-siriana per l’invio di una squadra di investigatori dell’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (Opcw) in Siria, avvenuta immediatamente dopo l’incidente ma non accolta per timori circa la mancanza di sicurezza in loco.
Ma vediamo di ripercorrere insieme ciò che è accaduto. Dopo settimane di quotidiani attacchi con munizionamento convenzionale — compiuti dai ribelli in violazione della tregua — il 24 novembre i quartieri residenziali densamente popolati del quartiere di Zahra, di via Nilo e di Al-Shahba nella città di Aleppo, sono stati attaccati da razzi di mortaio contenenti un aggressivo chimico. A seguito di quest’aggressione 107 civili sono stati ricoverati in due ospedali di Aleppo. La televisione siriana Sana ha diffuso video circostanziati sull’accaduto.
Il gas è stato riconosciuto per il caratteristico odore e con i primi civili che sono affluiti in ospedale, l’aggressivo chimico utilizzato nell’attacco è stato definitivamente identificato come gas clorino. Gli esperti russi specializzati in guerra nucleare, batteriologica e chimica (Nbc) presenti ad Aleppo hanno dichiarato di possedere “prove inconfutabili” circa l’accaduto e la responsabilità dei terroristi.
E’ utile ricordare che non è la prima volta che gli estremisti islamici effettuano attacchi con agenti chimici in Aleppo. Di questi, gli ultimi attacchi sono avvenuti nel 2016, durante gli scontri con il gruppo terroristico “Army of Conquest”, il quale ha usato gas clorino contro le truppe governative. E’ da notare che anche in quell’occasione l’episodio fu giudicato “inattendibile” dalle forze della coalizione. Viceversa, sono stati giudicati sempre attendibili e attribuiti alle forze governative quegli attacchi chimici (che hanno colpito sempre e solo civili) avvenuti proprio quando gli Usa hanno minacciato serie conseguenze se l’esercito siriano avesse usato armi chimiche.
Questi episodi hanno avuto sempre un’altra prerogativa; sono sempre avvenuti quando l’esercito siriano era in posizione di vantaggio sul terreno o si era nell’imminenza di importanti negoziati internazionali: ciò equivale a dire che sono stati buoni solo a portare nocumento alle forze siriane e quantomeno non “remunerativi” sia strategicamente che politicamente.
Quindi mi pare condivisibile che alla luce di queste evidenze bisognerebbe avere la dignità di tacere, almeno prima di una indagine rigorosa.
Infatti, ciò che ha spinto l’amministrazione statunitense a prendere posizione non sembrano le prove della “pistola fumante” (che dice di avere ma non mostra), quanto invece una mera valutazione politica. Accusare Assad per l’uso di armi chimiche costituisce il principale passe-partout per poter giustificare la propria aggressività e frenare la liberazione di tutto il territorio siriano, altrimenti imminente. Per questo, l’episodio del 24 novembre è percepito come contrario agli interessi Usa in Siria.
Di conseguenza, il fatto che tutti i titoli dei giornali siano stati unanimi nell’individuare le forze jihadiste come responsabili dell’attacco del 24 novembre, sono stati considerati eccessivi e lesivi per Washington che ci ha voluto mettere in qualche modo riparo. E’stato così fatto ricorso al metodo della “negazione plausibile”, che significa accusare l’altra parte anche in assenza di prove.
Poi, se vogliamo andare a vedere la ragione per cui tutte le principali testate mondiali si sono espresse all’unanimità contro le milizie anti-Assad, è semplice: ciò è avvenuto perché il Sohr — ovvero all’Osservatorio siriano per i diritti umani, legato ai ribelli moderati cui tutti i media fanno riferimento — ha imputato l’attacco alle formazioni jihadiste che gravitano ancora nella periferia di Aleppo.
D’altra parte non è difficile individuare più di qualche reticenza in chi genericamente chiama ancora “ribelli” gli autori dell’attacco chimico, quando i bollettini di guerra riportano quotidianamente decine di vittime civili come esito degli attacchi dei militanti del gruppo Hay’at Tahrir al-Sham. E’ singolare che a questo gruppo, nonostante le tante efferatezze compiute, sia ancora data licenza da parte della coalizione internazionale di continuare ad amministrare un “quasi-stato” in Siria (prov. Idlib), e che lo si continui ancora a considerare come “opposizione al regime siriano”.
Insomma anche in questo caso è stato applicato il metodo dei due pesi e delle due misure: la Casa Bianca — a differenza dello scetticismo mostrato oggi — quando avvenne l’attacco chimico in aprile 2017 a Khan Sheikhoun, in provincia di Idlib, non ebbe remore ad incolpare l’esercito siriano: l’attacco di rappresaglia fu lanciato immediatamente e i missili tomahawk subito piovvero sulla base militare siriana di Shayrat (Homs).
In quell’occasione l’amministrazione americana trasse le proprie conclusioni ritenendo sufficienti i video diffusi da al Qaeda su Youtube e sui social media. E’ degno di nota che allora l’investigatore capo dell’Opcw Jerry Smith esortò alla cautela e questo avvenne anche pubblicamente, in un’intervista all’emittente televisiva britannica Chanel4. Ma la sua posizione fu inascoltata e plausibilmente “silenziata”, mentre a tutt’oggi la stessa missione Opcw non ha mai messo piede sul luogo del presunto attacco chimico.
Piacerebbe che prima o poi, invece delle sentenze dei potenti infarcite di “negazioni plausibili” e delle squadre di tecnici Opcw tirati per la giacca da tutte le parti, fosse semplicemente lasciata la libertà alla gente comune di esprimere il proprio parere su ciò che le succede effettivamente. Questo difficilmente accadrà: in questa guerra fatta essenzialmente contro il popolo siriano, quest’ultimo in definitiva è l’unico a cui non si vuol dar parola.